Salute

Sindrome compartimentale: quando un dolore diventa un’emergenza

La sindrome compartimentale è una condizione in cui la pressione all’interno dei muscoli aumenta oltre i limiti fisiologici, compromettendo circolazione e funzionalità dei tessuti. Dalle cause ai sintomi, fino ai trattamenti: ecco cosa sapere per intervenire rapidamente e in sicurezza.

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    Un problema di pressione che può mettere a rischio i muscoli

    La sindrome compartimentale è una condizione clinica caratterizzata da un aumento anomalo della pressione all’interno dei compartimenti muscolari — zone delimitate da fasce rigide che non si espandono. Quando la pressione interna supera quella dei vasi sanguigni, il sangue fatica a raggiungere i tessuti, che rischiano danni anche irreversibili.

    Gli specialisti distinguono due forme principali:

    • acuta, considerata un’emergenza medica, spesso conseguenza di traumi o fratture;
    • cronica da sforzo, più comune negli sportivi, che si manifesta gradualmente durante allenamenti intensi.

    Le cause più frequenti

    La forma acuta si osserva in situazioni come:

    • fratture, soprattutto a tibia e avambraccio;
    • contusioni importanti;
    • ustioni estese;
    • utilizzo di bendaggi o gessi troppo stretti;
    • sanguinamenti interni dovuti a traumi o a farmaci anticoagulanti.

    La forma cronica colpisce invece soprattutto chi pratica sport ripetitivi — corridori, ciclisti, militari — dove il continuo aumento del volume muscolare durante lo sforzo genera una pressione eccessiva all’interno della fascia.

    Come riconoscerla: i sintomi che non vanno ignorati

    Il segnale principale è il dolore intenso e sproporzionato rispetto al tipo di trauma o di sforzo. È un dolore che non migliora con gli antidolorifici e che aumenta quando si cerca di muovere il muscolo interessato.

    Altri sintomi tipici includono:

    • gonfiore marcato e aumento della tensione del muscolo;
    • formicolii o perdita di sensibilità;
    • debolezza muscolare;
    • pallore e freddo dell’area colpita;
    • nelle forme avanzate, assenza di polso periferico (segno grave).

    La forma cronica si presenta in modo più graduale: dolore, rigidità e bruciore compaiono durante l’attività fisica e scompaiono dopo alcuni minuti di riposo.

    Diagnosi e trattamenti: quando serve la chirurgia

    Per la forma acuta, la diagnosi è spesso clinica e può essere confermata tramite misurazione invasiva della pressione intracompartimentale. Il trattamento è una vera corsa contro il tempo: l’unica terapia risolutiva è la fasciotomia, un intervento chirurgico che libera il muscolo dalla pressione e ripristina il flusso sanguigno. Se si interviene nelle prime ore, la maggior parte delle persone recupera pienamente; ritardi possono portare a necrosi muscolare e complicanze permanenti.

    La forma cronica, invece, viene gestita con un approccio conservativo quando possibile:

    • modifica del tipo e dell’intensità dell’allenamento;
    • stretching regolare;
    • fisioterapia mirata;
    • scarpe o supporti ortopedici adeguati.

    Se i sintomi persistono nonostante i cambiamenti nelle abitudini sportive, anche in questo caso può essere indicata una fasciotomia, sebbene in forma programmata e non d’urgenza.

    Prevenzione: ascoltare il corpo è la prima regola

    Ridurre il rischio di sindrome compartimentale significa prestare attenzione ai segnali del corpo, evitare eccessi negli allenamenti e assicurarsi che bendaggi, tutori o gessi non siano mai troppo stretti. Per chi pratica sport intensivi, programmare un incremento graduale dei carichi riduce notevolmente il rischio di sviluppare la forma cronica.

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