Sic transit gloria mundi

Signorini contro Corona, Corona contro Signorini: la resa dei conti tra ex complici di uno star system che finge di scandalizzarsi

Lo scontro tra Alfonso Signorini e Fabrizio Corona non è uno scandalo morale, ma un regolamento di conti tra due figure cresciute nello stesso sistema televisivo. Un meccanismo noto da decenni, che trasforma il potere in intrattenimento, gli abusi in gossip e l’indignazione in spettacolo, mentre il vero problema resta intatto.

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    Chiariamo subito un punto, senza ipocrisie né prudenza lessicale: Alfonso Signorini non è il problema. È il sintomo. È la faccia pettinata, rassicurante, televisivamente educata di un meccanismo che da anni scambia il vuoto per spettacolo e il potere per talento. Se oggi è sotto accusa, non è perché abbia inventato qualcosa, ma perché ha incarnato alla perfezione ciò che questo sistema richiede: obbedienza alle dinamiche, cinismo mascherato da ironia, gestione del desiderio altrui come merce di scambio.

    E poi c’è Fabrizio Corona. Che improvvisamente scopre di essere il depositario della verità. L’uomo che oggi si atteggia a giustiziere morale è lo stesso che per anni ha campato, prosperato e si è arricchito esattamente grazie a quel mondo che ora finge di voler smascherare. Non è un pentito. È un escluso. E la differenza è enorme.

    Il punto non è che Corona parli. Il punto è che reciti la parte di chi “non sapeva”, quando invece sapeva benissimo. Anzi, partecipava. Frequentava. Usava. Guadagnava. Oggi si presenta come se fosse appena entrato in scena, come se non avesse passato una vita a giocare allo stesso tavolo di Signorini, con le stesse regole non scritte, gli stessi silenzi, le stesse ambiguità.

    Questo non è uno scandalo. È una resa dei conti. È una guerra tra ex alleati che si conoscono troppo bene. Gente che ha condiviso favori, coperture, opportunità e ipocrisie, e che ora si accoltella a colpi di podcast, interviste e minacce legali. La parola “sistema” viene agitata come una clava, ma non è una scoperta: è la casa in cui hanno abitato entrambi per anni.

    La televisione, intanto, osserva compiaciuta. Perché mentre Signorini viene dipinto come il volto del male e Corona come il profeta tardivo, il meccanismo resta intatto. Funziona. Produce ascolti, clip, meme, schieramenti da stadio. Trasforma accuse gravissime in intrattenimento e le lotte di potere in format. E il pubblico fa esattamente ciò che gli viene richiesto: si divide, si indigna, difende il proprio idolo, urla “vergogna” senza mai spostare lo sguardo dal tendone.

    Nel frattempo, questioni enormi vengono schiacciate sotto il peso del circo. Perché al di là di Signorini e Corona, entrambi milionari e perfettamente integrati nel sistema che fingono di combattersi, esiste un tema molto più scomodo: gli abusi di potere all’interno dello star system, soprattutto quando il potere passa dal desiderio, dalla promessa, dalla possibilità di “farcela”. Un tema che altrove ha prodotto movimenti come il #MeToo, e che qui viene ridotto a gossip, meme e tifo organizzato.

    Quando Corona pronuncia frasi come «se non andavi a letto con lui, non andavi in televisione», non sta rivelando un segreto arcano. Sta dicendo qualcosa che scrittori, giornalisti e autori raccontano da almeno sessant’anni. Da Truman Capote a Bret Easton Ellis, passando per Aldo Busi e il suo brutale ma onesto “obolo del sofà”. Davvero qualcuno crede che lo star system funzioni per merito puro? Davvero esistono ancora gli ingenui divorati da dinamiche che “non conoscevano”?

    La verità è più scomoda: questo sistema è marcio, sì, ma è noto. È accettato. È frequentato. E spesso, finché conviene, è persino difeso da chi oggi grida allo scandalo. Non esistono solo carnefici e vittime immacolate. Esistono zone grigie, compromessi, scelte consapevoli. E raccontarla diversamente serve solo a salvare le coscienze, non a cambiare le cose.

    Alla fine, non esplode nessuna verità. Non cade nessun impero. Cambiano i ruoli: chi era dentro ora accusa, chi era al comando ora si difende. Ma il tendone resta in piedi. E chi urla più forte non è il più puro: è semplicemente quello che non ha più nulla da perdere.

    Il resto è rumore. E la televisione, come sempre, ringrazia.

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