Cronaca Nera

Paola e Stefania Cappa, la verità in bilico sul delitto di Garlasco e i misteri che nessuno indaga

Dalla bicicletta nera alla fossa comune di silenzi e incongruenze: Paola e Stefania Cappa, cugine di Chiara Poggi, restano al centro di un intrigo che da diciotto anni non smette di alimentare sospetti e teorie. In questa storia di segreti e omissioni, sono loro a portare con sé la chiave mancante.

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    C’è una bicicletta da donna nera, con portaborse color fucsia, parcheggiata davanti alla villetta di via Pascoli a Garlasco. C’è una famiglia, i Cappa, che in quella casa aveva accesso e confidenza, unica insieme alla vittima e alla sua famiglia. C’è un tentativo di suicidio, due giorni prima del delitto, e una violenza mai approfondita subita in tenera età. Ombre, sospetti e misteri, che gravitano attorno a Paola e Stefania Cappa e a un delitto – quello di Chiara Poggi – che, a distanza di quasi due decenni, ancora non trova un punto fermo.

    13 agosto 2007

    Siamo a Garlasco, provincia di Pavia. È il 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi viene ritrovata morta nella cantina di casa sua. Alberto Stasi, fidanzato della vittima, verrà poi condannato in via definitiva per omicidio. Ma la vicenda processuale ha lasciato buchi neri e interrogativi mai risolti, tra cui quelli che riguardano proprio le gemelle Cappa.

    Il suicidio tentato

    Paola, la più fragile, aveva tentato il suicidio l’11 agosto, due giorni prima del delitto. Un gesto disperato e carico di significati che nessun investigatore ha mai approfondito. Paola, sempre lei, ha parlato di un uomo con la camicia bianca, “non il fidanzato”, che avrebbe ucciso Chiara, secondo una misteriosa sensitiva.

    Stefania ha incastrato Stasi?

    Stefania, la più spavalda, invece ha partecipato a un colloquio con Alberto Stasi registrato in caserma dai carabinieri. Con una frase sconcertante: “Ma alle 9 e mezza?”, orario del delitto che verrà confermato solo anni dopo. Come faceva a saperlo? Nessuno gliel’ha mai chiesto.

    I Cappa avevano le chiavi di casa

    I Cappa, unica famiglia insieme ai Poggi a detenere le chiavi e l’allarme di casa, non hanno mai dato un racconto davvero lineare di quella mattina. Ermanno, lo zio potente e influente in paese, parla di orari che non coincidono. Maria Rosa, la moglie, viene vista in giro in auto prima di quanto dichiara. E Stefania e Paola restano nell’ombra, tra mezze verità e reticenze.

    In questo quadro ambiguo, c’è la bicicletta. Quella bici da donna, la “Raleigh” con le borse laterali fucsia, era lì, immortalata nella memoria delle vicine. Mai fotografata. Mai sequestrata. Mai confrontata con la bici che porterà poi alla condanna di Alberto Stasi. Un dettaglio sfuggito o forse ignorato.

    E poi c’è la Croce Garlaschese, dove Paola e Stefania facevano volontariato. Proprio lì un muratore denuncia la sparizione di una mazzetta da un chilo, un attrezzo potenzialmente letale. Era il 20 agosto, appena una settimana dopo l’omicidio. Coincidenze? Forse. Ma la Procura di Pavia ha deciso di riaprire quel cassetto.

    Il cerchio dei sospetti e delle chiacchiere di paese si stringe attorno alle gemelle. Paola, con i suoi messaggi vocali a un amico in cui confessa di essere stata “usata” per incastrare Stasi. Stefania, che a quattro giorni dal delitto si muove tra le voci e i misteri di Garlasco, alla ricerca di verità. Un microcosmo di silenzi e di bugie, dove l’unica certezza resta la morte di Chiara Poggi.

    Oggi, i nuovi approfondimenti della Procura puntano a colmare quei vuoti investigativi lasciati negli anni. Paola e Stefania sono lì, in bilico tra la memoria e il sospetto, testimoni di un mondo dove la verità è sempre stata un passo più in là.

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