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Barbara Berlusconi e il peso di un cognome: tra piercing, San Siro e la villa da 25 milioni

Barbara Berlusconi si confessa: “Il cognome è un fardello, ma anche un orgoglio”. La sfida del nuovo stadio, la tenacia da manager e la tenuta di Macherio pagata a rate

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    Barbara Berlusconi compirà quarant’anni quest’anno, eppure la luce riflessa del cognome che porta la accompagna come un’aureola a intermittenza. Figlia di Silvio, imprenditore, premier e icona pop (a modo suo), Barbara parla oggi con la consapevolezza di chi ha imparato a convivere con quel nome, anche quando brucia. “È stato un peso, ma più di tutto una responsabilità”, ammette. Un marchio che la segue ovunque: dalle aule di consiglio del Milan ai salotti più esclusivi della Scala, dove siede oggi come consigliera.

    Ma la sua vera palestra, racconta, è stata la famiglia. Non facile stare accanto a Silvio: “Era un mondo complesso, e chi gli stava vicino doveva entrarci per forza”. Con un legame profondo eppure punteggiato da piccole ribellioni. Come quel piercing alla lingua che la figlia ha sfoggiato con aria da adolescente in rivolta: “Si arrabbiò. Ma l’ho fatto lo stesso”. Piccole sfide domestiche, tra un consiglio d’amministrazione e l’altro.

    La politica? “Non fa per me”, taglia corto Barbara. Nessuna nostalgia per i palchi e i talk show, nessuna voglia di raccogliere la pesante eredità in quel campo minato. “Sono orientata su altro”, dice, come a dire che la tentazione di sedere sulle poltrone del potere proprio non l’ha mai sfiorata. E se in tanti la spingerebbero in Parlamento, lei declina con eleganza, preferendo il mondo dell’arte (ha una galleria a Milano) e la vita da madre di cinque figli.

    Del padre conserva un’immagine dolce e generosa: “Era un uomo pieno di entusiasmo e ottimismo. Vedeva possibilità dove gli altri vedevano limiti e finiva per convincere anche te che quei limiti non esistevano”. Così l’ha visto sempre, anche nel calcio. Perché Silvio il Milan non lo considerava un semplice club, ma una filosofia. “Ha lasciato un’eredità emotiva, il Milan del cuore”, dice Barbara. Lei, nel 2011, è entrata nel cda rossonero. E poi da vicepresidente e ad, ha portato avanti la bandiera di famiglia. Oggi, invece, il suo sguardo è rivolto a un progetto che la appassiona da sempre: lo stadio al Portello.

    Un’idea che aveva lanciato dieci anni fa e che ancora oggi la vede in prima linea, a difendere la necessità di un impianto moderno: “San Siro è fatiscente. Serviva uno stadio nuovo già vent’anni fa. Non riesco a capire perché il Comune abbia sempre messo i bastoni tra le ruote”. Il suo no alla ristrutturazione è secco: “Antieconomico”. E dietro queste parole si intuisce la stessa determinazione del padre: la capacità di sognare in grande, anche quando tutti ti danno dell’incosciente.

    Nel frattempo, la vita privata è segnata da una decisione concreta: la villa di Macherio, la tenuta di famiglia, l’ha comprata a rate dopo la morte del Cavaliere. Un piccolo dettaglio che dice molto: “Vale tra i 24 e i 25 milioni”, dicono i beninformati. Un acquisto a colpi di bonifici, senza clamore, come a voler ribadire che Barbara è figlia di un impero, ma con i piedi ben piantati per terra.

    Così si racconta oggi Barbara Berlusconi: la manager, la madre, la donna che conosce il peso di quel cognome e la sfida di tenerlo vivo – ma anche la libertà di farne, finalmente, ciò che vuole. Senza politica, senza fronzoli, e con la voglia ostinata di costruire qualcosa che sia davvero suo.

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