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Trump: il mostro senza cuore che deporta bambine malate di cancro
Mentre si riempie la bocca di slogan sulla “grandezza dell’America”, Trump tradisce i suoi stessi cittadini: deporta bambine di 2, 4 e 7 anni, calpesta la legge, spezza famiglie e condanna una malata terminale senza cure. Un atto di disumanità che resterà come marchio d’infamia sulla sua presidenza.
Non è più politica. È crudeltà sistematica. È sadismo mascherato da ordine. Donald Trump, tornato alla Casa Bianca come un ruggito di rabbia repressa, ha dimostrato ancora una volta che il potere, nelle sue mani, è solo uno strumento di umiliazione, controllo e vendetta. A pagare il prezzo del suo fanatismo anti-immigrati, stavolta, non sono stati solo adulti in cerca di futuro, ma tre bambine. Cittadine americane a tutti gli effetti. Due, quattro e sette anni. Una di loro, quella di quattro, sta lottando contro un cancro al quarto stadio.
Sono state strappate dai padri, cittadini statunitensi regolari, e deportate di nascosto in Honduras insieme alle loro madri, che si erano presentate volontariamente a un controllo previsto dalla legge. Non stavano fuggendo. Non stavano violando alcuna regola. Erano lì, come previsto, nel contesto di un programma che consente di restare sul territorio mentre si completa l’iter burocratico. Ma nell’America trumpiana, l’unico dettaglio che conta è il cognome. Il colore della pelle. La fragilità sociale. Così le donne sono state fermate, isolate, trasferite senza alcuna possibilità di contatto con i familiari. Nessuna telefonata. Nessun avvocato. Nessuna spiegazione. Solo il silenzio brutale di un sistema deciso a cancellare la compassione.
Trump ha avuto persino la sfacciataggine di lasciare intendere che le madri avessero scelto di portare con sé le bambine. Come se una madre potesse davvero decidere, in pochi minuti, di sradicare la vita di una figlia da un Paese dove è nata, dove vive il padre, dove ha diritto alla cittadinanza. Come se potesse farlo senza parlare con nessuno, senza sapere cosa accadrà, senza una medicina, senza nemmeno poter dire addio.
La piccola malata è stata caricata su un aereo senza farmaci, senza la possibilità di contattare il medico che la segue, senza alcuna tutela. È stata deportata come se fosse un oggetto, non una bambina americana gravemente malata. E con lei anche le altre due, le cui vite sono state strappate via in nome di un’ideologia che ha smesso da tempo di rispettare le leggi, la Costituzione e la più elementare dignità umana.
Questa non è l’America della giustizia. Non è l’America dei diritti civili. È l’America di Trump, dove anche una bambina con il passaporto USA può essere espulsa se ha la madre sbagliata. Dove nessuno avvisa il padre. Dove nessuno si ferma a chiedere: ma siamo ancora umani?
In questo orrore istituzionale, ogni singolo gesto è stato compiuto con la consapevolezza che le vittime non avrebbero avuto voce. Ma una voce ce l’hanno. E oggi racconta che tre bambine sono state deportate senza diritto, senza pietà, senza futuro. Racconta che un presidente, ossessionato dal controllo e dal disprezzo per chi è diverso, ha scritto l’ennesima pagina infame della sua presidenza. E che nessun muro potrà mai nascondere lo schifo morale che lascia dietro di sé.