Cronaca
Netanyahu scatena l’inferno su Teheran: dopo Gaza, la nuova guerra di Bibi
L’operazione “Rising Lion” colpisce la capitale iraniana e i vertici pasdaran, ma il sospetto è che Netanyahu cerchi solo di salvare sé stesso, trascinando il Medio Oriente in una guerra senza ritorno
Non pago del sangue versato a Gaza, Benjamin Netanyahu ha deciso che era tempo di un nuovo fronte. E l’ha trovato nel cuore dell’Iran, in piena notte, quando i jet israeliani hanno scaricato tonnellate di bombe su Teheran, mirando ai vertici della Repubblica Islamica e ai siti nucleari. Il risultato? Morti eccellenti, una capitale in fiamme, e l’ennesima scintilla accesa sopra una polveriera già pronta a esplodere.
L’operazione “Rising Lion” è stata rivendicata da Netanyahu in diretta video, con l’enfasi di un messia in uniforme: «Abbiamo colpito il cuore del programma nucleare iraniano». In realtà, ha colpito — ancora una volta — il cuore di qualunque prospettiva diplomatica, incurante del fatto che Trump in persona gli aveva chiesto prudenza. Già, proprio Trump, che prudente non è mai stato.
Ma il premier israeliano ha fretta. Troppa. Le inchieste per corruzione, le proteste di piazza, la crisi interna che lo logora: tutto sembra convergere verso la stessa, pericolosissima equazione. Quando la politica traballa, si scatena la guerra. Non importa chi muore, non importa il prezzo. Purché Netanyahu resti in piedi.
Secondo i media iraniani, tra le vittime ci sarebbero Hassam Salami, comandante dei Pasdaran, lo scienziato Tehranchi e l’ex direttore dell’energia atomica Abbasi. Ma è l’intero sistema iraniano a finire nel mirino. Natanz, simbolo dell’arricchimento nucleare, è stato colpito. A Shahid Mahalati, quartiere militare di Teheran, un palazzo è stato sventrato. Nessun preavviso, nessuna alleanza: Israele ha agito da solo, convinta di avere le spalle coperte da un mondo troppo stanco o troppo complice.
A Tel Aviv è scattato lo stato d’emergenza. Le scuole chiuse, i cieli blindati, la popolazione nei rifugi. Netanyahu dice di voler prevenire un attacco. Ma è lui ad averlo innescato. E ora il Medio Oriente rischia il caos.
Washington prende le distanze, ma l’evacuazione delle ambasciate americane alla vigilia del raid racconta un’altra storia. Una guerra così non si improvvisa, né si fa all’insaputa. Intanto, i negoziati con l’Iran saltano prima ancora di iniziare. Il messaggio è chiaro: Israele non vuole più parlare. Vuole solo combattere. E Netanyahu, circondato dai fantasmi del potere che scricchiola, ha scelto di restare aggrappato al comando usando la guerra come scudo.
Che a pagare siano i civili — a Gaza, a Teheran o a Tel Aviv — sembra un dettaglio. Uno di quelli che la storia, purtroppo, ricorda sempre troppo tardi.