Politica

Se i 16enni potessero votare? Non cambierebbe niente (ma FdI, PD e M5S direbbero grazie)

In Gran Bretagna l’età per votare è stata abbassata a 16 anni. In Italia si parla da anni di una possibile riforma simile, ma secondo la sondaggista Alessandra Ghisleri non cambierebbe nulla: “A beneficiarne sarebbero i partiti che già hanno radicamento: Fratelli d’Italia, M5S, PD. Niente rivoluzioni, solo continuità”. Ma servirebbe una scuola più attrezzata per formarli davvero.

Published

on

    In Inghilterra si cambia musica: alle prossime elezioni, anche i sedicenni potranno votare. È un’apertura storica, annunciata dal neo-premier Starmer. E qui da noi? Si può sognare una mossa analoga? Tecnicamente sì, ma con una premessa chiara: “Bisognerebbe modificare l’articolo 48 della Costituzione”, dice Alessandra Ghisleri. “E prima ancora, sperimentare. Valutare. E riformare l’educazione civica, oggi praticamente inesistente”.

    Numeri alla mano, in Italia si tratterebbe di circa 1,6 milioni di nuovi potenziali elettori, una fascia anagrafica che oggi vive immersa nei social, tra TikTok, YouTube e Instagram. Proprio lì dove — secondo Ghisleri — si gioca la vera battaglia del consenso: “I ragazzi si informano online. Ma sono anche esposti all’influenza di artisti, cantanti e creator. Capire chi ascoltano e perché diventa decisivo”.

    Chi ci guadagnerebbe? Nessuna sorpresa: “Le forze politiche che già funzionano. FdI, M5S, PD, Lega, Avs e alcuni centristi. Non esisterebbe una frattura generazionale netta, semmai un rafforzamento dell’esistente”. Altro che voto di protesta o boom dei movimenti “green”: gli adolescenti finirebbero col premiare ciò che già conoscono — o che vedono più spesso in rete.

    Ma i sedicenni sono pronti? Ghisleri è netta: “Lo sono per studiare, per lavorare, possono esserlo anche per votare. Ma bisogna aiutarli. Dargli gli strumenti per comprendere cosa significa esercitare un diritto democratico”. E poi, basta con la retorica dei giovani “manipolabili”: “Anche gli adulti lo sono. Cambiano solo i linguaggi”.

    La vera sfida? “Prepararli, non usarli”. E dare un senso al loro ingresso nella politica, senza trasformarlo in marketing elettorale.

      Ultime notizie

      Exit mobile version