Storie vere

“Madre Prosecco” e le suore in fuga, tra accuse, ribellioni e bollicine: la vera storia ignorata dai media

In un’epoca dominata dai casi di cronaca nera e dal sensazionalismo televisivo, una storia straordinaria e per nulla cruenta è passata quasi inosservata: quella di Madre Aline Pereira Ghammachi e di undici suore ribelli del monastero di San Giacomo di Veglia, in provincia di Treviso. Accusate, isolate e infine fuggite, queste religiose hanno dato vita a una vicenda che intreccia spiritualità, bollicine venete, scontri di potere e desiderio di verità. Una narrazione dimenticata, ma più attuale che mai.

Published

on

    Mentre i riflettori mediatici sono puntati su nuovi gialli da prima serata, come il “Garlasco bis” o le performance mediatiche di avvocati e criminologi, pochi si sono chiesti che fine abbia fatto Madre Aline, ribattezzata affettuosamente “Madre Prosecco”. La badessa, giovane e intraprendente, è stata protagonista insieme a undici consorelle di una fuga silenziosa ma clamorosa, scaturita da tensioni interne al monastero e presunte persecuzioni ecclesiastiche.

    Dalla clausura alla ribellione

    Economista di formazione e originaria del Brasile, Madre Aline aveva trasformato il monastero in un simbolo di rinascita, producendo cosmetici naturali, tisane e soprattutto prosecco di qualità, tanto da attirare persino l’attenzione del presidente veneto Luca Zaia. Ma il suo spirito imprenditoriale e la sua visione moderna non erano ben viste da tutti. Nel 2023, un commissariamento imposto dal Vaticano ha scatenato un’escalation di accuse e malumori culminata nella clamorosa fuga.

    Il commissariamento e l’arrivo di Madre Driscoll

    A guidare l’intervento della Santa Sede è stata Madre Driscoll, 81 anni, richiamata dall’Indonesia con l’intento di riportare “l’ordine” nel monastero. Con lei, una psicologa e una suora dall’abbazia di Cortona. Il nuovo assetto ha però innescato tensioni, culminate in una vera e propria rivoluzione interna: secondo Aline, le suore sarebbero state isolate, vessate psicologicamente e perfino punite con reclusioni arbitrarie. Il clima si è fatto insostenibile.

    Accuse e controaccuse: cosa è successo davvero?

    Aline sostiene di essere stata allontanata per aver denunciato pratiche scorrette e per essersi opposta all’influenza di alcune figure “in odore di ciarlataneria”. Le accuse a suo carico? Autoritarismo, violazione della clausura, atteggiamenti manipolatori. Denunce che, a detta della badessa, derivano da lettere anonime e vendette personali, tra cui quella di una suora sorpresa a guardare materiale pornografico. Le versioni, ovviamente, divergono. Ma intanto, la verità continua a sfuggire.

    Una storia che parla anche di potere ecclesiastico

    Il caso di San Giacomo di Veglia porta alla luce le dinamiche opache di una Chiesa spesso impermeabile al dissenso interno. “Silere non possum”, testata cattolica indipendente, ha pubblicato una lunga intervista a Madre Aline in cui si denuncia il ricorso sistematico a presunti abusi per silenziare le voci scomode. In gioco, più che le regole monastiche, sembrano esserci ruoli, influenze e visibilità.

    Il presente delle suore fuggitive

    Oggi le religiose, tra cui Madre Aline, vivono in una casa a San Vendemiano, sostenute da benefattori e fedeli. Il ritorno in convento appare improbabile, eppure la battaglia legale e spirituale continua. La badessa ha presentato ricorso alla Segnatura Apostolica, determinata a far emergere la verità.

    Perché questa storia non va dimenticata

    In un’epoca in cui il dolore, il sangue e la morbosità monopolizzano l’informazione, storie come quella di Madre Prosecco rischiano di perdersi. Eppure parlano di libertà, di identità, di coraggio e perfino di fede. Meriterebbero un’attenzione diversa, non morbosa ma consapevole, per dare voce a chi ha scelto di non subire in silenzio.

      Ultime notizie

      Exit mobile version