Personaggi
Achille Costacurta: “Ho provato a togliermi la vita, ma oggi sono rinato. Le droghe sono il demonio”
Dopo anni segnati da droghe, risse e sofferenze, Achille Costacurta torna a parlare. In un’intervista racconta la detenzione, il tentato suicidio e la nuova vita lontano da Milano, oggi ritrovata tra le strade di Mondello. “Aiutare gli altri mi fa sentire le farfalle nello stomaco”.
Un anno fa era al centro della cronaca per aver pubblicato foto con marijuana e banconote sui social, accompagnate da insulti alla madre. Oggi Achille Costacurta, figlio di Martina Colombari e dell’ex calciatore Billy Costacurta, racconta una storia diversa. Una rinascita dopo un passato segnato da dipendenze, detenzione e dolore. E lo fa con sincerità, ripercorrendo il momento più buio: “Ho provato a togliermi la vita con sette boccette di metadone. L’equivalente di 40 grammi di eroina. Nessuno sa spiegarsi come io sia ancora vivo”.
Aveva solo 17 anni quando, rinchiuso in un centro penale minorile a Parma, ha toccato il fondo. Era lì da un anno e sette mesi, dopo essere stato trovato con due coltelli nell’armadietto a scuola. “Non volevo fare del male a nessuno. Ero solo un ragazzino pieno di paranoie”. La vita dentro era durissima, racconta: “Se saltavi la colazione ti toglievano una sigaretta. Una volta un agente mi ha spezzato la sigaretta in faccia. Gli ho sputato, e mi hanno preso a schiaffi in una stanza. Ero solo un ragazzino”.
Poi c’erano le droghe. “Per otto mesi ho fatto uso di mescalina, un allucinogeno messicano. Quando sei sotto ti senti Dio. Pensavo di aiutare il mondo. Regalavo le collane d’oro ai barboni, portavo i ragazzi che fumavano crack a casa a farsi una doccia. Ma in realtà mi stavo distruggendo. Le droghe sono il demonio. E il demonio ti prende e ti porta via”.
Oggi, però, qualcosa è cambiato. Achille ha lasciato Milano, città che definisce “troppo carica di ansia”, e si è trasferito a Mondello, in Sicilia. “Qui la gente non giudica. Ti tende la mano, ti accoglie”. Un cambiamento radicale che lo ha aiutato a ricostruire il rapporto con i genitori e, soprattutto, con sé stesso. “Mi sento rinato. Non tocco più droghe e sto bene”.
Il sogno ora è quello di aiutare gli altri. Lo dice con una frase che non lascia dubbi: “Vorrei aprire un centro per ragazzi con sindrome di Down. Aiutare gli altri mi fa sentire le farfalle nello stomaco”.
Una storia difficile, ma anche una lezione di forza. E forse, stavolta, Achille ha davvero trovato la sua strada.