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Selvaggia Lucarelli: «Nel sito che “spoglia” le donne con l’intelligenza artificiale ci sono anche io».
«Trattandosi di immagini create con l’intelligenza artificiale non mi sono sentita violata, ma il problema è culturale e politico», spiega Lucarelli. Il sito, con oltre sette milioni di utenti, ospita foto deepfake di attrici, conduttrici e influencer italiane.
Si chiama SocialMediaGirls e ospita oltre sette milioni di utenti in tutto il mondo. Al suo interno, migliaia di immagini pornografiche false: volti di donne reali applicati a corpi creati con l’intelligenza artificiale. Tra le vittime ci sono Chiara Ferragni, Maria De Filippi, Elodie, Diletta Leotta, Anna Tatangelo, Arisa, Francesca Fagnani, Michelle Hunziker, Andrea Delogu, Cristina D’Avena, Veronica Gentili, e molte altre. Cinquantasei in tutto, secondo l’inchiesta condotta da Selvaggia Lucarelli insieme a Serena Mazzini.
“Anche io tra le vittime”
«Mi sono registrata al forum dopo diverse segnalazioni» racconta la Lucarelli. «Il dominio è blindato, nascosto da più livelli di anonimizzazione che rimandano a una società russa. È uno schema tipico dei siti del dark web».
La giornalista, che figura anch’essa tra le donne “replicate” digitalmente, spiega di non essersi sentita personalmente violata: «Trattandosi di immagini generate con l’Ai, non sono troppo turbata. Ma non è questo il punto: il problema è l’esistenza stessa di piattaforme che costruiscono corpi senza consenso».
Un’industria dell’abuso digitale
Dietro l’apparenza di un forum per adulti si nasconde una vera macchina commerciale. Ogni thread apre finestre pubblicitarie su siti pornografici, e ogni clic diventa profitto. Alcune sezioni permettono di creare chatbot sessuali, altre di generare immagini personalizzate su richiesta, persino con volti forniti dagli utenti.
Il sito offre persino un’app che consente di “denudare” chiunque in pochi secondi: basta caricare una foto, scegliere parametri fisici e pagare in criptovalute per mantenere l’anonimato.
Il nuovo volto del revenge porn
Molte immagini vengono poi diffuse su Telegram o usate per pratiche di sextortion, il ricatto sessuale online. In altri casi, i deepfake vengono uniti a filmati reali provenienti da telecamere di sorveglianza o dispositivi hackerati. «Quello che ho visto – scrive la Lucarelli – è un gigantesco laboratorio di sfruttamento dove la pornografia non è più solo prodotta, ma estratta e riciclata».
Un futuro distopico già presente, in cui non serve più posare per essere esposti. Basta esistere.
