Animali

Quando lanciare la palla non basta più: i cani “dipendenti da gioco” esistono davvero

Studio su oltre 100 cani mostra che alcuni sviluppano un attaccamento patologico a giocattoli o palline, ignorando cibo e contatti sociali. Cosa significa per chi ha un cane e come intervenire per non sbagliare.

Published

on

    Un gesto ormai familiare per tantissimi proprietari: lanciare una palla, vederla rincorsa con gioia e ricevere in cambio un coraggioso riporto. È una scena che definisce l’amicizia tra cane e padrone. Ma secondo una ricerca pubblicata di recente, in alcuni casi quell’entusiasmo può trasformarsi in qualcosa di molto diverso: un attaccamento esasperato al gioco, addirittura paragonabile a una forma di dipendenza.

    Lo studio, condotto da ricercatori della Vetmeduni Vienna e dell’Università di Berna, e pubblicato su Scientific Reports, ha coinvolto 105 cani — di varie razze, età e sesso — considerati fortemente motivati al gioco.

    Cosa hanno scoperto i ricercatori

    Attraverso una serie di prove — chiamata “Addictive-like Behaviour Test” (AB-Test) — gli scienziati hanno osservato come i cani reagivano quando il loro giocattolo preferito veniva reso inaccessibile (posto su uno scaffale, dentro una scatola, tolto momentaneamente). Risultato: 33 su 105 hanno mostrato comportamenti riconducibili a una “dipendenza da gioco”, con caratteristiche simili a quelle delle dipendenze comportamentali negli esseri umani.

    Tra questi segnali:

    • ossessione per il giocattolo: fissazione sull’oggetto anche se indisponibile;
    • ignorare altri stimoli: cibo, coccole o distrazioni non intervenivano come alternative;
    • tentativi persistenti di recupero: abbai, piagnucolii, agitazione, anche a fronte della privazione;
    • difficoltà a calmarsi dopo la rimozione del giocattolo, con ansia o agitazione protratta.

    Non si tratta però di una condanna universale: molti cani amano giocare senza sviluppare queste tendenze “compulsive”. Secondo gli autori, la casistica indica che solo una minoranza — ma significativa — può essere definita “a rischio”.

    Le razze più rappresentate nel gruppo con comportamenti “addict-like” sono state quelle selezionate per lavoro, resistenza e “drive” elevato: pastori (soprattutto) e terrier.

    Da dove nasce il fenomeno

    Secondo i ricercatori, alla base ci sarebbe una combinazione di fattori genetici e ambientali. Alcune razze — per istinto selezionato nei secoli — sono predisposte a un forte impulso a inseguire, catturare e riportare: caratteristiche utili per la caccia, la guardia o il lavoro agricolo. In una famiglia moderna, senza pecore da rincorrere né prede da stanare, quella spinta può concentrarsi su una palla o un giocattolo, trasformando un’attività sana in un’ossessione.

    Inoltre, la natura stessa del gioco per il cane — attivazione, rincorsa, stimolo motorio — può innescare una reazione neurochimica che stimola un circolo di ricerca continua di piacere, simile al meccanismo delle dipendenze comportamentali.

    Quando “gioco” diventa un problema

    Non tutti i cani che adorano giocare hanno un disturbo, ma chi lo sviluppa rischia conseguenze concrete:

    • stress cronico, agitazione, incapacità di rilassarsi;
    • trascurare bisogni fondamentali come cibo, riposo o interazione sociale;
    • difficoltà nell’obbedienza e nell’apprendimento, perché la fissazione sul giocattolo prevale su ogni cosa;
    • potenziale aumento di comportamenti distruttivi se l’oggetto è inaccessibile.

    Gli esperti avvertono: è sbagliato demonizzare il gioco, ma è importante riconoscere quando il gioco non è più un piacere, ma una compulsione.

    Cosa può fare un proprietario responsabile

    La buona notizia è che il comportamento può essere gestito o mitigato. Alcuni consigli pratici suggeriti dagli stessi autori dello studio:

    • alternare il gioco con altri tipi di attività: passeggiate, esercizi di obbedienza, giochi di ricerca o masticazione;
    • evitare di usare la palla in modo esclusivo come “ricompensa” continua: giochi cooperativi e variegati aiutano a diversificare gli stimoli.
    • stabilire un rituale chiaro di “inizio–fine gioco”: quando il giocattolo torna in borsa o in armadio, il cane capisce che è terminato.
    • in caso di stress, ansia o difficoltà evidenti (rifiuto del cibo, agitazione, distruttività), consultare un educatore cinofilo o un comportamentalista: potrebbe essere necessario un percorso personalizzato.

    Una scoperta che apre interrogativi

    Lo studio rappresenta il primo passo verso la comprensione scientifica di un fenomeno lungo tempo solo aneddotico. I ricercatori sottolineano però che non è ancora corretto parlare di “dipendenza patologica” nel senso clinico del termine. Serve ulteriore lavoro per capire quanto questi comportamenti incidano a lungo termine sul benessere psicofisico dei cani, e per verificare se certe razze o condizioni particolari siano più vulnerabili.

    Ciononostante, la scoperta offre nuovi strumenti e consapevolezza ai proprietari: un invito a guardare con attenzione non solo al comportamento felice e affettuoso del cane, ma anche ai suoi momenti di fissazione, stress o ansia. Perché l’amore per il proprio compagno a quattro zampe significa anche saper riconoscere quando un gioco non è più sano.

      Ultime notizie

      Exit mobile version