Cucina
Grigliatori seriali: storie vere di uomini e barbecue al limite della legalità
C’è il carbonizzatore compulsivo, il talebano delle marinature, l’hipster del carbone bio e il filosofo della griglia. L’estate li scatena tutti: armati di carne, birra e superiorità morale. Viaggio semiserio tra i fanatici del barbecue da giardino.
Non è una semplice grigliata. È una guerra di ego, fumo e salsicce. In ogni quartiere, condominio o casa vacanze, appena arriva l’estate, si risveglia l’istinto tribale del grigliatore seriale. E no, non parliamo solo di cucina: parliamo di maschi alfa in bermuda e sandali che si trasformano in sciamani del barbecue.
Il più pericoloso è il carbonizzatore compulsivo: quello che ti promette “cottura perfetta” e poi serve pollo che potresti usare per incidere la pietra. Quando gli fai notare che il wurstel ha preso fuoco, risponde “Così è più saporito”.
Poi c’è il maniaco delle marinature, che inizia a preparare tutto due settimane prima, usa sette tipi di spezie sconosciute e ti vieta di toccare la carne perché “non si gira prima dei quattro minuti e trentadue secondi per lato”. Se osi chiedere il ketchup, ti guarda come se avessi bestemmiato in latino.
Il più snob? Il bio-grigliatore esteta, che compra solo carbone attivato da quercia del Madagascar, usa griglie in acciaio chirurgico e serve tofu affumicato su ardesia. Sostiene che la carne sia una violenza ma ti punta comunque la pinza contro se non apprezzi il suo burger di ceci e miso.
Infine c’è lui, il filosofo della griglia: griglia poco, parla tanto. Ti racconta la storia del barbecue dalle caverne a oggi, ti spiega la simbologia del fumo e poi ti serve un’arista cruda, perché “è il simbolo dell’incompletezza dell’uomo moderno”.
E intanto le mogli, le fidanzate, i figli e i poveri invitati mangiano patatine e pregano che almeno l’anguria sia commestibile. Perché il vero rito del barbecue non è mangiare bene: è vedere un uomo (o una donna, ma più raramente) sentirsi onnipotente davanti a una griglia rovente e a una birra calda.