Libri
Emilio Salgari, il genio sfruttato che inventò Sandokan: la vera storia dello scrittore visionario che ha cambiato l’immaginario italiano
Capostipite dell’avventura italiana, anticipatore della fantascienza e schiacciato da contratti-capestro, Salgari trasformò mappe, enciclopedie e tigri allo zoo in universi epici. La sua vita, segnata da genialità e sofferenza, resta una delle più affascinanti e tragiche della nostra letteratura
La nuova febbre da Sandokan riporta al centro il nome di Emilio Salgari, lo scrittore che più di ogni altro ha nutrito l’immaginario italiano con avventure, mari in tempesta e giungle brulicanti. Ma la sua vera storia è lontana anni luce dal mito romantico dello scrittore-navigatore. Salgari era un viaggiatore immobile: costruiva mondi perfetti senza lasciare Torino, tra biblioteche, mappe nautiche, diari di bordo e un’ossessione quasi fisica per il dettaglio.
Nato a Verona nel 1862, non solcò mai gli oceani che avrebbe poi raccontato con stupefacente realismo. Studiava le tigri allo zoo per descrivere le “tigri di Mompracem”, passava ore al Museo di Scienze Naturali, si nutriva di enciclopedie e atlanti. La sua immaginazione era così potente che, quando un giornalista lo definì “mozzo”, lo sfidò a duello: vinse, ferì l’avversario e finì in cella per qualche giorno. Un gesto d’altri tempi che racconta la sua furiosa fierezza.
La sua produzione fu titanica: oltre ottanta romanzi e più di cento racconti. Salgari anticipò persino la fantascienza con Le meraviglie del Duemila (1907), dove immaginò televisori, guerra aerea e una società talmente rapida da mandare i protagonisti in manicomio. Una visione sorprendente per un uomo che non aveva mai lasciato l’Italia.
Ma dietro il mito c’era lo sfruttamento. Gli editori gli imponevano ritmi disumani: tre pagine al giorno, tutti i giorni, per anni. Nel frattempo doveva mantenere la famiglia e curare la moglie malata. Scriveva immerso nel fumo di decine di sigarette e litri di Marsala. Era l’autore più letto d’Italia, ma viveva in una miseria feroce mentre gli editori si arricchivano.
I suoi capolavori – Le Tigri di Mompracem, Il Corsaro Nero, Jolanda, Cartagine in fiamme – non sono solo romanzi d’avventura: sono pietre miliari della narrativa popolare, capaci di ispirare cinema, fumetti, serie tv e generazioni di lettori.
Il finale della sua vita, tragico e quasi rituale, è noto: il 25 aprile 1911 Salgari si tolse la vita nei boschi di Torino, lasciando lettere incendiarie agli editori, accusati di averlo ridotto alla rovina. «Vi saluto spezzando la penna», scrisse. Quella penna, però, non si è mai spezzata davvero. Oggi Salgari continua a vivere in ogni avventura che amiamo, in ogni eroe romantico che sfida il destino, in ogni pagina che chiede di essere letta per fuggire altrove.
