Cinema

Claudio Amendola tra verità, bugie e vita vera: niente social, confessioni in tv e il ritorno al cinema accanto a Pandolfi e Gerini

In sala dal 6 novembre, “Fuori la verità” vede Amendola padre in un reality che svela segreti e fragilità. Dal ricordo dei Cesaroni alla vita lontano dai social, passando per l’uso di cocaina ammesso a “Belve”: «Non parlo di Francesca Neri, sono affari miei e suoi».

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    Claudio Amendola torna sul grande schermo con Fuori la verità, film di Davide Minnella in uscita il 6 novembre con PiperFilm. Interpreta un padre che partecipa con la famiglia a un reality dove esplodono segreti e bugie. «Ho letto il copione d’un fiato: moderno, pieno di roba, sulla famiglia, la televisione, i rapporti, la verità e le bugie», racconta. «E se ti offrono un film con Claudia Pandolfi e Claudia Gerini non dici di no». Un progetto che lo riporta al cinema dopo anni di forte presenza televisiva: «Il cinema mi deve incuriosire. È successo con Noi e la Giulia, Suburra e questo».

    Verità, bugie e vita vissuta

    Nel film si parla di segreti. Amendola non nasconde di conoscerli bene: «Sono stato un gran bugiardo, da ragazzino mi sono portato appresso menzogne per lustri. Quasi sempre bianche, qualcuna grigia». Ricorda episodi da commedia nera: lo stereo rubato dodici volte e una messinscena con vetri rotti per coprire la sua distrazione, perfino un muro di chiesa picconato per recuperare strumenti musicali. «Alcune bugie reggono da quarant’anni», ammette con ironia.

    Lontano dai social, “vera” visibilità in tv

    Amendola ribadisce la scelta di non avere profili social. «Non ho i social ma se mi racconto in tv mi apprezzano, come quando sono andato a Belve. Ho fatto un outing importante, da allora vanno tutti lì a raccontare i fatti loro». A proposito della fine della storia con Francesca Neri, mette un punto: «Mi avete mai sentito parlare di Francesca Neri da quando ci siamo separati? No. Sono affari miei e suoi».

    I Cesaroni, la Roma e i progetti paralleli

    Guardando alla serie che lo ha reso simbolo della romanità contemporanea, dice: «La famiglia dei Cesaroni era molto simile alla mia». E sui ristoranti che gestisce chiarisce: «Un piano B, non si sa mai. Lasciare qualcosa ai figli non è male e i diritti SIAE non bastano». Poi un sogno dichiarato: «Nessuno potrà dirmi che la Roma non vincerà mai lo scudetto».

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