Cinema
Sharon Stone: «Weinstein mi toccò il sedere, lo scagliai via. Io e mia sorella abusate da mio nonno, mia madre mi diceva cose terribili»
Sharon Stone, 66 anni, non si risparmia: «Non sono una che può prendersi. Dopo Basic Instinct ero considerata una barzelletta, con Casinò ho toccato l’apice e poi più nulla. A quei tempi, se eri donna e ti succedeva qualcosa, eri finita». Parole dure anche contro Weinstein: «Mi ha molestata e strattonata più volte».
Sharon Stone non ha mai avuto paura di usare la verità come arma. E nell’intervista al Guardian lo conferma ancora una volta: brutale, spiazzante, scomoda. L’attrice di Basic Instinct, 66 anni, ha attraversato Hollywood come un uragano e adesso, con l’ironia tagliente di chi ha visto troppo, mette in fila i suoi fantasmi: le violenze in famiglia, le molestie subite da Harvey Weinstein, il marchio infamante di un film diventato cult ma anche boomerang, l’ictus che l’ha quasi uccisa.
Il racconto parte da una ferita recente: la morte della madre Dot. «Se ne è andata qualche mese fa, ma ho avuto bisogno di tempo per parlarne. Dovevo sbollire le sensazioni furiose con cui reagisco sempre alla morte», confessa. Poi, con una risata amara, rievoca gli ultimi giorni di vita della donna: «Negli ultimi giorni mi avrà detto “Ti prendo a calci nella f…” probabilmente quaranta volte. Delirava. E quando l’ultima cosa che tua madre ti dice prima di morire è: “Parli troppo, mi fai venire voglia di suicidarmi”, e tutta la stanza ride, pensi solo che abbia esagerato ancora una volta. Ma lei era così: non riusciva a trovare tenerezza e pace dentro di sé».
Stone conosce bene la violenza domestica. Nel 2021, con il memoir Il bello di vivere due volte, ha raccontato l’incubo vissuto da bambina: «Io e mia sorella siamo state abusate da mio nonno materno, un molestatore violento e pedofilo. Mia madre stessa è stata picchiata da lui dall’età di cinque anni fino a quando, a nove, fu mandata a fare la domestica». Le cicatrici di quella famiglia si sono trascinate per generazioni: «Le sorelle di mia madre erano cinque. Solo lei è sopravvissuta oltre i cinquant’anni. Le altre hanno avuto vite spezzate o malattie mentali dovute agli abusi».
La Stone non si tira indietro quando le viene chiesto se anche lei sia stata molestata direttamente. «Sì. E quando l’ho scritto, molti mi hanno accusata di raccontare storie non mie. Ma non era così: non ho mai fatto nomi che non fossero di persone che hanno fatto del bene. Raccontavo la mia storia, punto».
Dalla famiglia agli abusi nel sistema Hollywood. Sharon Stone non ha mai nascosto lo scontro con Harvey Weinstein: «Mi ha toccato il sedere, l’ho scagliato dall’altra parte della stanza. Non sono una di quelle che può prendersi. Non sono quella che stupri o molesti, né quella a cui chiedi un massaggio. Sono quella che ti dice di toglierti di torno. Ma sono anche quella che lui ha strattonato e schiaffeggiato più volte, cercando di imporsi». L’attrice ricorda un episodio durante un evento benefico: «Cercò di portarmi via il microfono, di farmi chiudere un affare con un suo amico. Mi ribellai: “Sei un truffatore, Harvey, toglimi quelle cazzo di mani di dosso”. Non provò a stuprarmi, ma usò violenza fisica».
Poi c’è la pietra miliare della sua carriera: Basic Instinct. Il thriller del 1992 la trasformò in icona globale, ma anche in bersaglio. «Per un lungo periodo ero considerata una barzelletta. Quella scena delle gambe accavallate mi ha segnata. Mi dissero che non si sarebbe visto nulla, invece usarono tutto. Pensai di far causa, ma alla fine lasciai la scena perché era fedele al personaggio». L’eco del film fu devastante: «Recitai in Casinò di Scorsese, ottenni una nomination all’Oscar, e poi basta. Nessuna proposta. A volte penso sia colpa della mia eccessiva bravura».
Stone lo racconta con un filo di orgoglio, ma anche con amarezza. «Quando ricevi una nomination e il più grande attore vivente – Robert De Niro – no, si crea uno squilibrio che il sistema non tollera. Dopo Casinò per me si è chiuso tutto».
Come se non bastasse, nel 2001 arrivò l’ictus: «Sanguinamenti cerebrali per nove giorni. Mi diedero l’1% di possibilità di sopravvivenza. Dovetti imparare di nuovo a camminare, parlare, leggere. Ma a quei tempi, come donna, se ti succedeva qualcosa, eri finita. Non ti perdonavano la malattia. Era come se avessi fatto qualcosa di sbagliato».
Per anni le offerte di lavoro si ridussero a comparsate di poco conto. «Mi proponevano solo ruoli umilianti. A un certo punto decisi che non avrei più lavorato. O meglio: che non avrei accettato ruoli che non mi piacessero. Il che equivaleva a non lavorare».
Eppure Sharon Stone non si è mai piegata. «Ho perso tanto, ma non ho perso me stessa. Non mi sono mai lasciata comprare, non mi sono mai lasciata zittire». Oggi, tra nuovi film e serie, si gode una seconda vita artistica, con la stessa fierezza di sempre. «Dopo tutto quello che ho passato – dice – anche un bicchiere vuoto può avere un lato positivo: può sempre essere riempito».