Spettacolo
Mara Venier tra dolori privati, amori irregolari e un provino dimenticato: da Arbore al test di Brass che lei rifiutò
Nel racconto della “signora della domenica” tornano il figlio perduto con Arbore, gli amori che hanno segnato un’epoca e l’episodio con Tinto Brass e sua moglie, quando le chiesero di mostrare il seno e lei rispose con un rifiuto nett
Mara Venier torna a parlare del passato con la schiettezza di sempre, quella che ha trasformato la sua vita in un romanzo pubblico senza mai perdere autenticità. Venezia è il punto di partenza: «Papà faceva il fruttivendolo, lo chiamavano el Toto de Rialto. Sono nata a Cannaregio», ricorda. Una famiglia semplice, poi il trasferimento a Mestre quando il padre trova lavoro in ferrovia. Un’infanzia che oggi appare lontana, ma che resta il fondamento di tutto.
Il provino con Brass e quel no che cambiò il destino
La conduttrice racconta un episodio che pochi conoscevano: il provino con Tinto Brass. «C’erano lui e la moglie, Tinta, cioè Carla Cipriani. Fu lei che a un certo punto mi disse: “Facci vedere le tette”. Io risposi: “Manco per sogno”». Una frase che chiude subito la scena e che oggi suona come un manifesto della sua autonomia. Nessun rimpianto, nessuna esitazione: un no limpido, in un ambiente che raramente accetta risposte simili.
Calà, Arbore e il gioco complicato dell’amore
Nella vita privata di Mara ci sono stati momenti luminosi e ferite profonde. Con Jerry Calà, dice, si rideva molto. «Era ironico e infedele. Se ne andava e tornava. Mi tradiva e poi si ripresentava come se niente fosse». Un amore “storico”, fatto di leggerezza e caos, in cui lei finiva spesso per perdonare. «Io ero per lui una mamma che lo perdonava sempre».
Diverso, molto più intimo, il rapporto con Renzo Arbore. «Solo di Renzo era geloso», racconta. Una gelosia nata da una “storiella” precedente, che la stessa Venier usava per far impazzire Calà: «Facevo telefonare a casa nostra da un amico che sapeva imitare la voce di Renzo. Jerry andava a rispondere e lo vedevo diventare verde». Con Arbore, però, il sentimento fu molto più profondo, fino al dolore mai risolto del figlio perduto, una ferita che lei ha ricordato più volte come uno dei momenti più duri della sua vita.
Tra ricordi dolci e colpi bassi della vita
Mara non edulcora nulla. Racconta amori imperfetti, scelte di pancia, momenti che l’hanno spezzata e ricomposta. Nel suo modo di narrare c’è una maturità che non ha bisogno di retorica. Le risate con Calà, l’intesa con Arbore, il provino finito male, le gelosie, le cadute: tutto torna senza filtro, in un autoritratto che lei stessa sembra osservare da spettatrice, con un misto di ironia e consapevolezza.
