Musica

Ditonellapiaga: “Non sono sparita. Fuggo dal successo, è un meccanismo tossico che ti divora”

Margherita Carducci, in arte Ditonellapiaga, dopo Chimica e la Targa Tenco si è fermata per ritrovarsi. Ora pubblica due brani vintage e rivela: “Non rincorro più classifiche né radio. Voglio solo sentirmi libera”

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    “Non sono sparita. Sono solo fuggita da un meccanismo che stava diventando tossico”.
    Ditonellapiaga, al secolo Margherita Carducci, classe 1997, è una che le parole le pesa. E anche quando veste l’ironia di un nome d’arte provocatorio — come le ha fatto notare pure Morgan, in uno dei suoi soliti sproloqui — sa bene che dietro ogni scelta c’è qualcosa da raccontare. Ma oggi, nel raccontarsi, non cerca più la rima giusta o la copertina perfetta. Cerca una cosa molto più difficile: la sincerità.

    La cantautrice romana è tornata sulla scena musicale con due brani dance in chiave vintage, “Cerco un uomo”, cover di Sandra Mondaini, e “Forma d’amore”, pezzo di Marcella Bella. Canzoni che odorano di vinile e balera, di teatralità e libertà espressiva, in controtendenza con l’algida omologazione da algoritmo delle nuove hit. Ma non è nostalgia, né revival. È una scelta artistica precisa: “Mi sono trovata a fare scouting sulle figure femminili della musica italiana. Da Mia Martini a Ornella Vanoni, passando per Patty Pravo: c’erano cose che valeva la pena riscoprire”.

    Anche la collaborazione con Donatella Rettore, che nel 2022 l’ha portata sul palco di Sanremo con Chimica, non fu casuale. Una miccia esplosa inaspettatamente, che però l’ha fatta sentire fuori posto. “Con ‘Chimica’ sono stata sbattuta in un mondo che non era il mio. Ero ingenua, incosciente. Non avevo tempo per farmi domande”. Oggi, quelle domande se le è fatte tutte. E le risposte non sono quelle che ci si aspetta da un’artista giovane, lanciata, pop.

    L’ambizione, se è eccessiva, ti frega. Ti porta a inseguire qualcosa che non ti soddisferà mai. Ora voglio solo concentrarmi su ciò che mi piace fare. Non credo che questi nuovi singoli finiranno in classifica, ma non mi interessa: li ho incisi per essere presente per chi mi segue”.

    Il successo può uccidere la creatività, dice. E Ditonellapiaga ha deciso di reagire con ironia. I suoi concerti li definisce “Pride alternativi”, e il suo stile — un mix di dance, sensualità e teatralità — diventa travestimento, maschera consapevole. “È come a Carnevale: puoi essere Zorro per una sera. Io uso la dance per dire cose che non aderiscono perfettamente alla mia persona. È un modo per mettersi in scena ma con uno strato di distanza”. Una forma d’arte, più che una performance musicale.

    La sua formazione al Dams ha avuto un peso importante in questo approccio. “Il mio primo disco era molto vicino all’esperienza teatrale. Anche il prossimo, in uscita forse a dicembre, si riavvicinerà a quel mondo”. Non c’è voglia di rientrare nei radar, ma di riprendersi il controllo della propria narrazione. “Non voglio essere un personaggio predefinito. Scrivendo canzoni posso decidere io cosa essere”.

    Eppure, il rischio è sempre quello: scomparire dai riflettori mentre la giostra della musica gira impietosa. Lei lo sa, lo ha vissuto. Ma oggi ha imparato a convivere con quel silenzio. “A settembre ho avuto un momento difficile, non sapevo più cosa fare della mia vita. Ma è stato utile. Mettersi in discussione è importante”.

    Nel frattempo, coltiva altri sogni. “Mi piacerebbe fare radio. E anche recitare: un ruolo adatto a me sarebbe divertente”. Con la voce, o con il corpo, Ditonellapiaga non smette mai di raccontare. Anche quando gioca con le metafore più esplicite, come quando parlava di “vagina liberale”. Oggi però, spiega, “quella era una rivendicazione metaforica sulla libertà sessuale. Ora cerco un linguaggio più ironico e ambiguo. Le grandi artiste italiane lo facevano con eleganza. E io cerco di imparare da loro”.

    Forse non finirà in radio. Forse non salirà di nuovo su un palco di Sanremo. Ma in un panorama sempre più standardizzato, una voce come la sua — fuori dal coro e consapevole — è più necessaria che mai.

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