Televisione
Francesco Gabbani debutta a X Factor: «Temo di dire no ai ragazzi, ma i rifiuti aiutano a crescere»
«Sono contento di vivere questa nuova avventura. Ho paura di ferire i ragazzi, ma i no fanno bene. Un artista è unico quando non copia nessuno. All’Arena di Verona festeggerò dieci anni di carriera, sarà magico».
«È tutta una nuova avventura da vivere. Sono contento di fare il giudice, mi stimola l’idea di intraprendere un’esperienza diversa. Ho solo un timore: dover dire dei no. È faticoso, soprattutto nella parte delle audition, quando c’è la scrematura degli artisti».
«Loro arrivano con tutti i loro sogni e, dal loro punto di vista, si giocano il tutto per tutto. Sento molto questa responsabilità, so che mi farà male».
«Ho metabolizzato questa sofferenza pensando al mio percorso. I no ricevuti lì per lì mi hanno ferito, ma poi mi hanno fatto un gran bene. Nella costruzione di una vita artistica, per trovare la propria strada, sono più importanti i no dei sì».
«I rifiuti ti fanno rendere conto di quanto tieni a quello che fai. Dopo i no è più difficile andare avanti e dunque capisci se hai la determinazione e la motivazione per proseguire. Servono a misurarsi e a prendere consapevolezza di se stessi. Lo spiegherò ai ragazzi».
«Vorrei trasferire ai concorrenti un messaggio chiaro: siate voi stessi. La naturalezza arriva al pubblico: fai breccia nel cuore delle persone se sei coerente e sei soddisfatto di quello che fai».
«Io cercherò di spiegare loro che è meglio dire no alle sovrastrutture, è meglio non costruire alter ego artistici che illudono. Inutile scimmiottare artisti famosi, simulare, copiare. Un artista è tale perché è unico».
«Li aiuterò a essere consapevoli dei propri limiti, non tanto per superarli ma per sguazzarci dentro. Questo è il segreto».
«Le critiche ai talent ci stanno: bruciare subito le carriere, troppo show televisivo. Però è estendibile a tutto. Il talent è solo una modalità per riconoscere talenti. Risente della società di oggi che va veloce, segue i social, vive di estetica e immagine. Il rischio c’è, ma è relativo. Il talent è una delle poche vetrine per i ragazzi e questo canale va sfruttato con consapevolezza. L’importante è che puntino a fare musica e non a diventare famosi».
«Ho condotto Ci vuole un fiore perché aveva una connessione con la musica. Se mi avessero proposto di fare solo il conduttore, non l’avrei fatto».
«Nel 2017 ho vinto Sanremo da outsider davanti a Fiorella Mannoia e mi sono sentito quasi in colpa, mi sono inginocchiato davanti a lei e quell’immagine mi è rimasta dentro. Ma il momento cruciale è stato l’anno precedente: mi avevano eliminato per un errore di votazione elettronica, poi mi hanno ripreso e ho vinto il Festival. Il momento del ripescaggio e della rimessa in gara è stata la mia sliding doors».
«Sarà davvero un momento speciale, l’Arena di Verona è un luogo magico. Mia madre mi ha detto: “Canti all’Arena davvero? Allora vengo a vederti”».