Televisione

Scontro tra Ranucci e Rai: “Punito per le mie parole”. Ma l’azienda smentisce: “Solo un richiamo”

Sigfrido Ranucci racconta sui social di aver ricevuto una sanzione ufficiale per aver partecipato a trasmissioni non Rai e per le sue dichiarazioni pubbliche. Ma la tv pubblica nega ogni atto disciplinare: “Solo un promemoria sulle regole aziendali”. E la politica insorge: “Clima di intimidazione, serve chiarezza in commissione di Vigilanza”

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    «Pensavo mi convocassero per congratularsi. Invece ho ricevuto un provvedimento disciplinare». Comincia così il lungo post pubblicato da Sigfrido Ranucci sui social, che denuncia un presunto richiamo ufficiale da parte dei vertici Rai. Il conduttore di Report, volto simbolo del giornalismo d’inchiesta del servizio pubblico, racconta di essere stato convocato dal direttore Paolo Corsini, ma non per discutere del futuro della trasmissione. «Mi aspettavo rassicurazioni sui compensi della mia squadra, e invece mi è stato notificato un provvedimento disciplinare firmato dall’AD Giampaolo Rossi e dal direttore delle Risorse Umane, Felice Ventura».

    Tra le accuse mosse a Ranucci, la partecipazione alla trasmissione Otto e mezzo su La7 senza autorizzazione formale. Ma il giornalista ribatte: «Ero stato autorizzato telefonicamente dallo stesso Corsini per promuovere la seconda parte di stagione di Report». Altri capi d’imputazione: la presentazione del suo libro a Mestre, alcune interviste in cui denunciava la scarsa libertà di stampa in Italia e una telefonata in diretta a Piazza Pulita per difendere il collega Giorgio Mottola dalle accuse di manipolazione.

    La replica della Rai è arrivata a stretto giro, con toni decisamente più smorzati. «Non è stata fatta alcuna contestazione disciplinare nei confronti di Sigfrido Ranucci», recita la nota ufficiale. «Al vicedirettore ‘ad personam’ sono state semplicemente ricordate le vigenti regole aziendali in materia di rapporti con i media». Nessuna sanzione formale, quindi, ma un invito alla prudenza, che però non ha evitato di sollevare un’ondata di reazioni.

    I parlamentari del Partito Democratico parlano apertamente di “intimidazione”. «Porteremo il caso in commissione di Vigilanza – annunciano – per chiedere chiarimenti su un episodio che si inserisce in un clima di pressione crescente contro l’informazione Rai». Dello stesso avviso anche gli esponenti del Movimento 5 Stelle: «Una lettera che sembra una ramanzina da preside più che un confronto tra professionisti. In un momento in cui si tagliano fondi a Report, tutto questo suona come un avvertimento».

    Il caso si inserisce in un contesto già teso, tra tagli di budget e incertezze sul futuro di alcune trasmissioni. Ranucci non lo dice apertamente, ma il sottotesto è chiaro: il giornalismo d’inchiesta non è più ben visto ai piani alti. E la battaglia, stavolta, si gioca tutta dentro Viale Mazzini.

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