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Realpolitik o Politici Punk? Quando, nella fantasia, il Parlamento incontra il pogo

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    Ma ve li immaginate i nostri politici nelle vesti dei punk ribelli che negli anni ’70 rivoluzionarono la musica e il costume, sia in Inghilterra che negli Stati uniti? Altro che compromessi e coalizioni: qui si parla di anarchia nel Senato e di pogo alla Camera!

    Come sarebbe

    Giorgia Meloni che urla “God Save the Nazione”, vestita in pelle e borchie, mentre Elly Schlein si presenta in aula con una spilla dei Dead Kennedys e un megafono. Matteo Salvini? Probabilmente impegnato a tradurre i testi degli incendiari Ramones o dei Damned in dialetto padano, con la felpa dei Sex Pistols sopra la camicia di flanella. La realpolitik lascia spazio al real pogo, e la democrazia parlamentare si trasforma in un concerto in un locale sordido che puzza di birra e anche di qualcos’altro. Invece delle mozioni, si vota a colpi di chitarra distorta e urla in faccia al sistema. Altro che dibattiti moderati…

    T-shirt sdrucita o abito scuro?

    Il dilemma è attuale: meglio un governo che “scende a compromessi” o una politica che rompe tutto e riparte da zero? La realpolitik ha prodotto stabilità ma anche immobilismo. Il punk, invece, non cercava il consenso: cercava il corto circuito generale, urlando sul muso ai benpensanti No Future. E forse è per questo che oggi i politici preferiscono la giacca e la cravatta. Ma sotto sotto, un po’ di cresta qualcuno potrebbe ancora avercela…

    Immaginare non costa nulla, almeno per ora…

    Nel Paese delle infinite commissioni e delle leggi “rimandate a settembre”, forse servirebbe davvero un po’ di quella attitudine. Non per mettere a fuoco Montecitorio, ma almeno per dire le cose come stanno, urlarle se serve. Magari con una chitarra elettrica al posto del microfono istituzionale. Naturalmente è solo un gioco confezionato con l’ausilio dell’AI… ma, visto che ci volete togliere tutto, lasciateci almeno l’immaginazione.

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