Musica
“Chi non ha un blues per Gaza ha un buco nell’anima”: Zucchero compie 70 anni e si racconta tra musica, ferite e coraggio
Zucchero Sugar Fornaciari compie 70 anni e non smette di graffiare. Dal bullismo subito da bambino alla fatica dei primi Sanremo, dalle depressioni dopo la separazione al successo planetario con “Oro incenso e birra”. Oggi torna a cantare “Donne”, mostra la bandiera palestinese e dice: “Io soffro per Gaza, non puoi fare finta di nulla. Ho chiesto di fare un Live Aid, ma agli artisti consigliano di starne fuori”.
Settant’anni, e il blues ancora addosso. Zucchero ride: «Se non ho una serata in cui suonare, allora festeggio il compleanno». Domani, invece, l’appuntamento è all’Arena di Verona, uno dei dodici concerti della stagione, e forse sul palco arriverà pure una torta a sorpresa. Ma la vera festa resta sempre la musica: «Sto meglio lì che ovunque».
Nato a Roncocesi, cresciuto tra la parrocchia e la cooperativa del Pci, già da bambino aveva imparato a non farsi incasellare: «Mi definirei anarchico». A undici anni lo sradicamento, con il trasloco a Forte dei Marmi. «Magrolino, educato, con un accento diverso, ero il bersaglio perfetto. Dicevano che ero gay, mi facevano scherzi. Finì quando al capo banda recapitai una lettera con la firma falsa di mio padre: minacce di denuncia ai Carabinieri».
Gli inizi furono faticosi: prime band, serate infinite nelle balere, un mutuo pagato con le canzoni vendute a Fred Bongusto. Poi Sanremo, le bocciature, e nel 1985 la canzone “Donne”: penultimo in classifica, ma trionfo radiofonico. «Quel dududu non mi andava, per anni non l’ho cantata. Ora con organo e voce l’ho riscoperta: è poetica».
La carriera esplode a fine anni ’80 con “Blue’s” e “Oro incenso e birra”. Arrivano Clapton, Sting, Bono, Pavarotti. Ma mentre Zucchero spopolava, Adelmo Fornaciari crollava: la separazione, la depressione, gli attacchi di panico. «Piangevo, stavo come un cane. Ne sono uscito con qualche Prozac e la ristrutturazione di un vecchio mulino a Pontremoli».
Oggi Zucchero è sereno, accanto alla compagna Francesca e ai tre figli. Ma non dimentica Gaza. Sul palco mostra la bandiera palestinese con la scritta: “Chi non ha un blues per Gaza ha un buco nell’anima”. «Non puoi cantare e far finta di nulla. Io soffro. Ho chiesto a un manager americano di organizzare un Live Aid, ma mi ha detto che agli artisti conviene starne fuori».
Settant’anni e ancora la voce ruvida di chi ha vissuto molto. Un blues che non si spegne.