Cronaca
Quando la mitomania supera ogni limite: il “sosia” di Johnny Depp e la falsa testimonianza
Si definiva il “sosia di Johnny Depp” e ha raccontato una serie di bugie alle autorità per guadagnare visibilità sfruttando la tragedia di una giovane donna uccisa a coltellate. Ma la sua mitomania è stata smascherata dai carabinieri, che lo hanno denunciato per favoreggiamento personale, lasciando aperti interrogativi sul confine tra la vanità e il rispetto per le vittime di un crimine

Il caso dell’omicidio di Sharon Verzeni si è arricchito di un episodio surreale: un uomo che si è presentato come “sosia ufficiale di Johnny Depp” ha inventato una presunta conoscenza con la vittima. Fabio Delmiglio, cinquantenne di Brembate Sopra, ha ammesso di aver mentito ai carabinieri di Bergamo per ottenere un ritorno pubblicitario. Un atto di pura mitomania, sfruttando la tragedia di una ragazza brutalmente uccisa, dimostra come la ricerca di una discutibile notorietà possa prevalere su ogni forma di rispetto e dignità.
Il racconto dell’incontro e la bugia smascherata
Delmiglio aveva raccontato di aver conosciuto Sharon Verzeni il 25 luglio in un locale di Brembate, dove la giovane lavorava, affermando che lei lo aveva riconosciuto come “sosia di Depp” e gli aveva chiesto una collaborazione. Tuttavia, questa versione dei fatti non ha convinto i carabinieri che, insospettiti, lo hanno interrogato nuovamente. Sotto pressione, Delmiglio ha confessato: tutta una montatura, un’invenzione per attirare su di sé l’attenzione dei media e guadagnare visibilità. Un comportamento che si commenta da solo.
La denuncia e il ritorno di fiamma della vanità
La sua confessione ha portato a una denuncia per favoreggiamento personale, ma solleva anche una questione più profonda: come si può arrivare a sfruttare il dolore e la morte di una persona per un attimo di notorietà? Delmiglio sperava di ottenere interviste e apparizioni televisive, mostrando come la vanità e la mitomania possano superare qualsiasi limite di decenza.
L’analisi di un fenomeno preoccupante: quando la fama diventa ossessione
Questo episodio solleva domande più ampie su quanto la società sia disposta a tollerare in nome della fama. Delmiglio non è il primo a cercare attenzione sfruttando una tragedia, ma il suo caso evidenzia una deriva preoccupante: quella di chi è disposto a tutto, anche a calpestare la memoria di una giovane vittima, pur di ottenere un momento di riflettori.
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Politica
Se i 16enni potessero votare? Non cambierebbe niente (ma FdI, PD e M5S direbbero grazie)
In Gran Bretagna l’età per votare è stata abbassata a 16 anni. In Italia si parla da anni di una possibile riforma simile, ma secondo la sondaggista Alessandra Ghisleri non cambierebbe nulla: “A beneficiarne sarebbero i partiti che già hanno radicamento: Fratelli d’Italia, M5S, PD. Niente rivoluzioni, solo continuità”. Ma servirebbe una scuola più attrezzata per formarli davvero.

In Inghilterra si cambia musica: alle prossime elezioni, anche i sedicenni potranno votare. È un’apertura storica, annunciata dal neo-premier Starmer. E qui da noi? Si può sognare una mossa analoga? Tecnicamente sì, ma con una premessa chiara: “Bisognerebbe modificare l’articolo 48 della Costituzione”, dice Alessandra Ghisleri. “E prima ancora, sperimentare. Valutare. E riformare l’educazione civica, oggi praticamente inesistente”.
Numeri alla mano, in Italia si tratterebbe di circa 1,6 milioni di nuovi potenziali elettori, una fascia anagrafica che oggi vive immersa nei social, tra TikTok, YouTube e Instagram. Proprio lì dove — secondo Ghisleri — si gioca la vera battaglia del consenso: “I ragazzi si informano online. Ma sono anche esposti all’influenza di artisti, cantanti e creator. Capire chi ascoltano e perché diventa decisivo”.
Chi ci guadagnerebbe? Nessuna sorpresa: “Le forze politiche che già funzionano. FdI, M5S, PD, Lega, Avs e alcuni centristi. Non esisterebbe una frattura generazionale netta, semmai un rafforzamento dell’esistente”. Altro che voto di protesta o boom dei movimenti “green”: gli adolescenti finirebbero col premiare ciò che già conoscono — o che vedono più spesso in rete.
Ma i sedicenni sono pronti? Ghisleri è netta: “Lo sono per studiare, per lavorare, possono esserlo anche per votare. Ma bisogna aiutarli. Dargli gli strumenti per comprendere cosa significa esercitare un diritto democratico”. E poi, basta con la retorica dei giovani “manipolabili”: “Anche gli adulti lo sono. Cambiano solo i linguaggi”.
La vera sfida? “Prepararli, non usarli”. E dare un senso al loro ingresso nella politica, senza trasformarlo in marketing elettorale.
Mondo
Caviglie gonfie e lividi sulle mani: mistero Trump, la rete impazzisce di nuovo per la salute del presidente
Una foto basta. Una caviglia un po’ troppo gonfia, un livido dimenticato sul dorso della mano. E il web si incendia. L’ultimo mistero firmato Donald Trump nasce così: uno scatto rubato durante una partita di calcio e centinaia di teorie che esplodono in rete come popcorn sotto pressione. Sta bene o no? È solo il caldo o c’è sotto qualcosa di più serio?

Succede tutto in poche ore. Il presidente – 79 anni portati come può – viene fotografato sugli spalti del mondiale per club in New Jersey. Gamba destra visibilmente gonfia, andatura rigida. A quel punto la rete si divide tra diagnosti improvvisati e commentatori professionisti del sospetto. Chi grida al diabete, chi alla trombosi, chi ipotizza una circolazione da rottamare. E poi ci sono i lividi: piccoli ematomi sulle mani, già notati in passato, oggi di nuovo protagonisti.
La Casa Bianca prova a spegnere il fuoco: “Trump gode di ottima salute, lavora giorno e notte, i segni sono solo effetto di troppe strette di mano”. Niente aghi, niente flebo, solo protocollo sociale. Ma il popolo digitale non ci crede. E non dimentica. Nel 2016 il suo medico personale lo aveva definito “il presidente più sano della storia”. Frase scritta da Trump stesso, poi ammessa pubblicamente. Nel 2019, visita improvvisa al Walter Reed Medical Center e nuove illazioni. Oggi, stesso copione.

Il problema è il personaggio: Trump ha costruito la sua immagine sull’idea di forza, vitalità, invincibilità. E ogni acciacco, ogni piega nel fisico, diventa un varco nella narrazione. Certo, a 79 anni qualche cedimento è fisiologico. Ma non per lui. Non per l’uomo che si dichiara geneticamente perfetto, che snobba l’esercizio fisico, si nutre di fast food e invoca la Coca Cola col vero zucchero.
In piena campagna elettorale, ogni immagine pesa. Il confronto con Biden – più fragile ma clinicamente sorvegliato – è inevitabile. Trump si affida al carisma, ma il suo corpo è diventato terreno di scontro: simbolico, grottesco, iper-politico. Le foto restano lì, a raccontare una verità che nessun comunicato può negare. E stavolta, il gonfiore alle caviglie non è solo un dettaglio: è un indizio. O forse un pretesto. Ma in ogni caso, è già un caso.
Cronaca
Finta multa da 5000 euro per chi usa il pezzotto: la nuova truffa con il logo del Garante delle comunicazioni
Email-truffa con tanto di intestazione ufficiale, call center fasulli e richieste di pagamento “per evitare guai”: è la nuova frode che sfrutta la paura del pezzotto per spillare soldi e rubare dati bancari alle vittime.

Le truffe digitali non conoscono tregua, ma questa volta i pirati informatici hanno superato ogni limite. In questi giorni migliaia di utenti italiani stanno ricevendo una mail inquietante. Una finta multa da 5.000 euro per presunto utilizzo del cosiddetto pezzotto, ovvero i dispositivi illegali per accedere a contenuti televisivi a pagamento — partite, serie TV, film — senza abbonamento.
L’inganno è costruito nei minimi dettagli. La mail sembra provenire dal Garante per le Comunicazioni (Agcom). Con tanto di logo, intestazione ufficiale, linguaggio burocratico e riferimenti normativi che la rendono credibile a un occhio non esperto. Il contenuto è semplice quanto efficace. L’utente viene accusato di aver utilizzato sistemi di IPTV illegali e viene “invitato” a saldare subito una sanzione da 5.000 euro, per evitare conseguenze peggiori.
A rendere ancora più insidiosa la frode è l’organizzazione messa in campo. I criminali informatici hanno addirittura attivato call center pirata, pronti a rispondere al telefono per rassicurare la vittima e guidarla passo dopo passo nel pagamento. L’obiettivo? Ottenere non solo i soldi, ma anche i dati bancari, informazioni personali e coordinate utili per ulteriori raggiri.
Naturalmente, nulla di tutto ciò è reale. A livello legale, le multe per l’uso del pezzotto non vengono mai notificate via email, e soprattutto non sono di competenza dell’Agcom, ma della Guardia di Finanza o della magistratura, nell’ambito di indagini strutturate. Chi riceve queste comunicazioni farebbe bene a non rispondere, non cliccare su link contenuti nei messaggi e, se ha dubbi, rivolgersi direttamente alle autorità.
Il pezzotto resta una pratica illegale e sanzionabile, ma questa truffa usa la paura come arma per colpire chi, magari, ha solo visitato siti a rischio o ricevuto segnalazioni su piattaforme di streaming grigie. Il consiglio, in questi casi, è uno solo: non farsi prendere dal panico, e non fornire mai dati personali o bancari a presunti enti pubblici che operano via email o telefono.
Perché, come sempre, le vie dei truffatori sono infinite. Ma anche facilmente evitabili con un po’ di attenzione.
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