Beauty
Belli abbronzati o scottati e basta? La verità su sole, melanina e abbronzatura “di ritorno”
Dal falso mito della “base” al ritorno della lampada pre-vacanza: come cambia (e peggiora) il nostro rapporto con l’abbronzatura. E cosa succede davvero alla pelle quando torni in città più scuro, sì, ma anche più segnato.
Se ci fosse un reality sull’estate italiana, lo spot direbbe: “Dodici settimane, un solo obiettivo: diventare color caramello”. Perché ogni anno, nonostante i dermatologi, le campagne di prevenzione, le pubblicità della 50+ “effetto invisibile”, noi rincorriamo ancora la tintarella perfetta. E spesso finiamo più arrostiti di una sogliola al cartoccio.
Il rito comincia già a giugno, con il più infido dei falsi miti: “Devo farmi una base”. Tradotto: esporsi senza protezione per stimolare la melanina. In realtà, il risultato è più vicino a una scottatura da griglia che a un’abbronzatura dorata. La melanina ha i suoi tempi, e il sole non è una palestra. Più lo forzi, più ti punisce.
Poi c’è il ritorno della lampada pre-vacanza. Sì, di nuovo. Come se i primi raggi UV artificiali potessero “allenare” la pelle a ricevere il sole vero. L’unico effetto reale è quello cumulativo: più raggi UV, più danni. E più rughe. Ma vuoi mettere arrivare in spiaggia già ambrati, anche se è solo Photoshop epidermico?
Il problema è che l’abbronzatura ha ancora un potere simbolico fortissimo. Segna lo status (sono stato in vacanza), la salute (guarda come sto bene!), perfino l’attrattività (con la pelle color nocciola ci sentiamo tutti un po’ più fighi). Peccato che per la pelle non sia esattamente lo stesso. Dietro ogni abbronzatura c’è un micro-trauma, un SOS invisibile. E anche se a settembre ci portiamo a casa un bel tono dorato, la pelle – sotto – è più sottile, più fragile, più stanca.
L’abbronzatura “di ritorno”, quella che sfoggi con orgoglio a Milano mentre gli altri hanno ancora la faccia da ufficio, dura poco e lascia il segno. Letteralmente. Pelle disidratata, macchie, capillari visibili, a volte anche desquamazioni. E no, lo scrub non basta. Serve costanza, idratazione, protezione anche in città. E magari un pizzico di consapevolezza in più.
Perché, diciamolo, nel 2025 l’unica vera abbronzatura cool sarebbe quella consapevole. Quella che dura un giorno in meno, ma ti evita una biopsia fra dieci anni.
E comunque, abbronzati o no, il fascino vero non è nel colore della pelle. Ma in chi riesce a tornare da due settimane al mare senza sembrare il fratello maggiore di se stesso.