Beauty
“Depression Hair”, la tendenza dei capelli spettinati che divide il web
Nata come gesto di libertà dai canoni estetici, la tendenza dei “capelli da depressione” solleva critiche per l’uso superficiale di un termine legato a un disturbo serio come la depressione
Capelli spettinati, ciocche ribelli e un’aria “appena alzati dal letto”: ciò che un tempo veniva considerato un segno di trascuratezza è oggi una dichiarazione di stile. La nuova tendenza, ribattezzata sui social “depression hair”, nasce come reazione al culto della perfezione e alla pressione estetica imposta da social e passerelle. Tuttavia, dietro un’apparente leggerezza, il nome scelto per questo trend ha acceso un acceso dibattito.
Dalla fretta del mattino alle passerelle
Tutto parte da un look volutamente imperfetto: capelli che sembrano non aver visto una spazzola, riga disordinata, ciocche che cadono dove vogliono. Le modelle lo portano con naturalezza — Gigi Hadid e altre “it-girl” ne sono state tra le prime sostenitrici — durante le sfilate di marchi come Miu Miu e Balenciaga, dove la spontaneità è diventata sinonimo di autenticità.
L’effetto è quello del classico bad hair day trasformato in scelta estetica: un modo per dire addio alle pieghe perfette e celebrare la libertà di non dover apparire sempre impeccabili. In un mondo dove la cura dell’immagine è spesso sinonimo di controllo e rigidità, questo look volutamente spettinato è stato accolto come una piccola ribellione quotidiana.
Una moda che normalizza l’imperfezione
Il successo del “depression hair” è legato anche al suo messaggio: normalizzare il disordine. Per molte persone, abbandonare la spazzola significa scrollarsi di dosso la pressione sociale di essere sempre perfette. In questo senso, l’acconciatura disordinata diventa un simbolo di autenticità e di accettazione di sé, quasi una risposta estetica al perfezionismo digitale che domina Instagram e TikTok.
Tuttavia, la scelta del nome — “depression hair” — non è passata inosservata. Se da un lato l’intento era quello di ironizzare sul look trascurato, dall’altro ha finito per toccare un tema delicato: la depressione, una malattia che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità colpisce più di 300 milioni di persone nel mondo.
Quando la moda banalizza la sofferenza
Molti esperti di salute mentale hanno sottolineato come associare la parola “depressione” a un trend estetico rischi di banalizzare una condizione psicologica complessa. Per chi vive realmente con questo disturbo, trascurarsi non è una scelta di stile ma una conseguenza della malattia: mancanza di energie, apatia, perdita di interesse per la cura personale.
In questo senso, vedere la propria esperienza trasformata in un “look di tendenza” può risultare doloroso. “Usare il termine depressione per indicare un’acconciatura significa ridurre la sofferenza a un gesto frivolo”, hanno commentato diversi psicologi sui social. “La depressione non è una moda e non può essere rappresentata da una piega spettinata.”
Dietro la naturalezza, una regia perfetta
C’è poi un’altra contraddizione: i capelli “spettinati” delle passerelle non sono affatto casuali. Dietro quel disordine studiato c’è il lavoro preciso di hair stylist e make-up artist, che impiegano prodotti e tecniche per ottenere un effetto volutamente naturale. Quello che sembra un segno di trascuratezza è, in realtà, il risultato di una messa in scena accurata.
È una contraddizione che riflette il paradosso della moda contemporanea: celebrare la spontaneità, ma solo se perfettamente costruita.
Una riflessione necessaria
Il dibattito intorno al “depression hair” ci ricorda quanto il linguaggio e le immagini della moda possano influenzare il modo in cui la società percepisce temi sensibili. La libertà di mostrarsi autentici è un valore positivo, ma quando una tendenza prende in prestito termini legati a disturbi mentali, è importante fermarsi a riflettere.
Normalizzare l’imperfezione è un obiettivo nobile, ma farlo senza consapevolezza rischia di travisare esperienze di dolore reale. Perché, come ricordano gli esperti, la depressione non è uno stile di vita, ma una malattia che merita rispetto e ascolto.
