Cronaca Nera
Garlasco, il mistero si allarga: tre morti sospette e un testimone che non ha mai parlato
Il medico di famiglia trovato morto con un’iniezione letale, un anziano meccanico sgozzato senza lama, un ragazzo impiccato con un nodo “impossibile”. Tutti legati in qualche modo a chi ruotava attorno a Chiara Poggi. E ora che Andrea Sempio è indagato per omicidio, quelle morti tornano sotto la lente degli inquirenti
C’è un filo nero che attraversa la provincia pavese da quasi vent’anni. Un filo fatto di silenzi, paure, verità dette a metà. E ora, dopo la clamorosa riapertura dell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, anche di morti sospette.
Il caso Garlasco, che dal 2007 tiene l’Italia incollata al dubbio, si arricchisce di una nuova pagina inquietante. Non solo perché i carabinieri hanno appena dragato un canale alla ricerca dell’arma del delitto, né perché Andrea Sempio — amico del fratello della vittima — è ora formalmente indagato. Ma perché attorno a quella tragedia iniziano a emergere episodi oscuri che non hanno mai avuto una spiegazione convincente. E che oggi potrebbero non essere più così scollegati tra loro.
Il dottore e il meccanico: morti che non tornano
Il primo nome è quello di Corrado Cavallini, medico di famiglia a Garlasco, trovato senza vita nel 2012, cinque anni dopo l’assassinio di Chiara. Si parlò di suicidio per overdose da iniezione letale. Un gesto estremo e rarissimo per un uomo che, secondo chi lo conosceva, non aveva mai mostrato fragilità tali da farlo pensare capace di un gesto simile. Eppure, Cavallini non era solo il medico di Andrea Sempio e della sua famiglia: curava anche la moglie di Giovanni Ferri, un anziano meccanico di 88 anni, trovato morto in circostanze ancora più anomale.
Ferri venne trovato sgozzato in uno sgabuzzino stretto e disordinato. Polsi tagliati, gola recisa, sangue ovunque — ma nessuna arma nelle vicinanze. La procura archiviò il caso come suicidio. Ma la moglie dell’uomo non ci ha mai creduto. E raccontò agli amici che suo marito, il 13 agosto 2007, era davanti al bar Jolly, a due passi dalla villetta di via Pascoli dove Chiara venne uccisa. Disse che aveva visto qualcosa, e che lo aveva confidato solo a lei. Poi Ferri morì, e la moglie restò sola e malata, seguita fino all’ultimo — guarda caso — dal dottor Cavallini. Che potrebbe aver raccolto da lei confessioni mai verbalizzate.
L’amico impiccato e il testimone dimenticato
Ma c’è un terzo episodio che inquieta gli inquirenti. Nel 2016, un giovane amico d’infanzia di Andrea Sempio fu trovato impiccato in casa. Il nodo con cui fu appeso era talmente complicato che, secondo alcuni esperti, sarebbe difficile da realizzare da soli. Anche in quel caso si parlò subito di suicidio. Ma il dubbio, oggi, torna. Perché quel ragazzo conosceva bene Sempio, frequentava la stessa compagnia, sapeva forse di più di quanto ha mai detto.
In questo groviglio di segreti spunta anche un nome noto a chi ha seguito le vecchie cronache del caso: Marco Muschitta, tecnico del gas, testimone chiave nell’immediato post delitto. Disse di aver visto una ragazza su una bici nera aggirarsi nei pressi della villetta di Chiara quella mattina. Una ragazza con in mano un oggetto metallico, forse un attizzatoio. Descrizione simile a quella oggi riferita da un nuovo supertestimone intervistato da Le Iene, la cui testimonianza ha riacceso l’indagine. Muschitta poi ritrattò, venne denunciato per calunnia, e il suo rinvio a giudizio arrivò a ridosso della morte sospetta del meccanico Ferri.
Un nuovo scenario, 18 anni dopo
Tutto questo riemerge oggi perché, nel canale di Tromello, durante le perquisizioni di questa settimana, è stato trovato un martello. Non un attizzatoio, come ipotizzato in passato, ma comunque un oggetto metallico compatibile con un’arma da corpo contundente. Le analisi dei RIS diranno se si tratta davvero dell’arma del delitto. Ma il luogo in cui è stato ritrovato — proprio accanto a una vecchia casa della famiglia Cappa, le cugine di Chiara — e il racconto del testimone che parla di “una borsa pesante gettata nel canale”, aggiungono nuovi dettagli a un mosaico che, pezzo dopo pezzo, sembra riscrivere la storia.
L’ombra del dubbio su una verità già scritta
Alberto Stasi è stato condannato a 16 anni, di cui ne ha scontati quasi dodici. Ora però la procura indaga su Andrea Sempio con l’accusa di omicidio in concorso. E si torna a parlare anche di Roberto Freddi, Mattia Capra, Antonio B., e di quella festa in piscina del luglio 2007, di cui restano fotografie e messaggi criptici. Come quelli di Paola Cappa, che in un’intercettazione dell’epoca diceva: “Odio gli zii, se io e Stefania siamo ridotte così è per questo”.
Un puzzle fatto di mezze verità, vite spezzate e voci che nessuno ha voluto ascoltare. Fino ad ora.