Italia
Baby Gang a processo: istiga l’odio contro una giornalista e scatena minacce di morte
Il trapper Zaccaria Mouhib finisce ancora nei guai: accusato di diffamazione, istigazione a delinquere e violazione della privacy dopo aver incitato i fan contro l’autrice di un servizio TV. La vittima costretta a lasciare Milano per paura.
Nuovi guai giudiziari per Zaccaria Mouhib, in arte Baby Gang, già noto alla cronaca per vari episodi legati alla giustizia. Questa volta il giovane trapper, 24 anni, è a processo a Milano con accuse pesanti: diffamazione aggravata, istigazione a delinquere e trattamento illecito di dati personali. Al centro del caso c’è un episodio avvenuto tre anni fa, quando il cantante, infastidito da un servizio televisivo a lui dedicato, avrebbe pubblicamente incitato i suoi follower a colpire la giornalista autrice del servizio.
I fatti contestati
Il servizio incriminato andò in onda su “Fuori dal coro” (trasmissione di Rete 4), dal titolo “I soldi facili, il rapper sotto accusa per rapina libero di fare i concerti”. Ricostruiva alcune vicende giudiziarie di Baby Gang, evidenziando contenuti violenti nei suoi testi e intervistando anche il padre dell’artista. Dopo la messa in onda, Baby Gang avrebbe reagito furiosamente sui social. In alcune Instagram stories, ha pubblicato insulti diretti alla giornalista, accompagnati dal suo numero di cellulare personale. Ma non solo. Ha aggiunto frasi come: “Chi chiama più volte vince” e inviti a “insultarla”. In poche ore, la giornalista è stata sommersa da telefonate, messaggi, insulti e perfino minacce di morte da parte dei fan.
Quali sono le accuse a Baby Gang
Secondo l’accusa, si è trattato di una “campagna d’odio” scatenata dal trapper. La vittima, profondamente scossa, ha raccontato in aula di aver dovuto lasciare Milano per un periodo, temendo per la propria incolumità. Il materiale diffamatorio sarebbe rimasto online 24 ore, ma è bastato a innescare una reazione virale. Il pubblico ministero Rosario Ferracane contesta a Baby Gang tre reati. Si va dalla diffamazione aggravata tramite social network all’stigazione a delinquere, per aver incitato i suoi follower a perseguitare la giornalista. E in più il trattamento illecito di dati personali, per aver diffuso pubblicamente il numero privato della donna. La fase istruttoria del processo si è conclusa di recente con la testimonianza di alcuni testimoni chiave, tra cui la giornalista stessa.
Un passato (e presente) complicato
Questo processo si aggiunge a una lunga serie di problemi legali per Baby Gang. Giorni fa è stato coinvolto in un’altra inchiesta, coordinata dalla procura di Catania, per presunto favoreggiamento mafioso. In quell’occasione, durante un concerto all’One Day Music Festival di Catania, avrebbe mostrato un video con una videochiamata al nipote di un noto boss mafioso, Turi Cappello, violando la sorveglianza speciale. Attualmente, Baby Gang è detenuto in un carcere calabrese per una condanna legata allo spaccio di droga, risalente a ottobre 2024. Il processo milanese proseguirà nelle prossime settimane con le arringhe delle parti. Si attendono le richieste di pena del pubblico ministero e la decisione dei giudici su un caso che riapre il dibattito sui limiti della libertà d’espressione online, la responsabilità dei personaggi pubblici sui social, e la tutela della privacy e dell’incolumità dei giornalisti.