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Quel missionario diventato Leone XIV sfidò le bombe per restare accanto al popolo peruviano
Da giovane sacerdote agostiniano, Robert Prevost affrontò le minacce di Sendero Luminoso e scelse di non abbandonare la sua comunità in Perù.
Prima di diventare Papa Leone XIV, Robert Prevost era un giovane missionario con lo spirito ribelle e la determinazione di chi non abbandona la propria gente. Arrivato in Perù nel 1985, in uno dei periodi più bui della storia del Paese, affrontò direttamente le minacce del gruppo guerrigliero maoista Sendero Luminoso, che cercò di allontanarlo con intimidazioni e atti di violenza. Ma Prevost non si fece spaventare. Quando una bomba distrusse la porta della chiesa in cui celebrava messa e le autorità ecclesiastiche gli consigliarono di fuggire, decise di rimanere accanto alla sua comunità. La gente correva da lui, lo ascoltava, lo seguiva nei pellegrinaggi, nei giochi, nelle preghiere.
Un sacerdote fuori dagli schemi
Arrivato a Chulucanas, una città ai margini della giungla, Prevost non era il classico sacerdote austero e distante. Portava jeans, parlava uno spagnolo incerto e giocava a basket con i ragazzi. Hector Camacho, che all’epoca era un giovane chierichetto, lo ricorda come un prete capace di coinvolgere tutti: organizzava attività sportive, assumeva allenatori di karate e nuoto, accompagnava i giovani in spiaggia. Ma la sua vera missione era dare speranza alla comunità e guidarla tra le difficoltà. Lottò per proteggere la sua gente dalla violenza e per costruire una comunità fondata sulla solidarietà, resistendo alle pressioni esterne che volevano costringerlo a lasciare il Paese.
La minaccia e la scelta di restare
Durante la sanguinosa guerra tra Sendero Luminoso e il governo, la Chiesa era spesso bersaglio di attacchi. Molti sacerdoti nordamericani furono minacciati di morte e invitati ad abbandonare le loro parrocchie entro 24 ore, altrimenti sarebbero stati uccisi.Eppure, nessuno di loro lasciò il Perù. Prevost e i suoi compagni rimasero, convinti che il loro ruolo fosse troppo importante per abbandonare le persone che si affidavano a loro. Cristobal Mejia, oggi vescovo di Chulucanas descrive il futuro Leone XIV come un uomo studioso, profondo e determinato, sempre pronto a viaggiare nelle zone rurali per portare conforto e aiuto. Nel 2015 ottenne la cittadinanza peruviana, dimostrando ancora una volta il suo legame indissolubile con il Paese.
Un pastore che odorava di pecora
Il suo impatto sulla comunità è stato così forte che ancora oggi viene descritto come “un pastore che ha odore di pecora”. Un’espressione usata per indicare un leader spirituale che non si è mai distanziato dal suo popolo. Il sacerdote Oscar Antonio Murillo Villanueva racconta che Prevost non rimase mai in silenzio davanti alle ingiustizie. Denunciò i massacri, le inondazioni e l’inerzia dei governi, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli. Camacho, il chierichetto che ha vissuto quei momenti al suo fianco, racconta che quando sua madre morì, Prevost rimase incredibilmente calmo, accettando il dolore con fede e serenità.
Fu lo stesso Camacho a chiedere il permesso di dare a sua figlia il nome della madre di Prevost, e il futuro Papa accettò con gioia, diventandone anche il padrino. Mildred Camacho, oggi 29enne e madre di famiglia, conserva ancora le lettere ricevute da lui, dove le raccontava dei suoi viaggi e delle sue missioni. “Mi ha sempre chiesto di tenerlo nelle mie preghiere, così come lui teneva noi nelle sue”, dice mostrando le foto che le inviava.