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Suore in fuga nella battaglia del convento: accuse di gestione sospetta

A Vittorio Veneto, un gruppo di suore ha lasciato il monastero di San Giacomo di Veglia denunciando l’intestazione improvvisa dei conti del convento e un clima di ostilità. Il Vaticano commissaria la struttura, tra polemiche e tensioni.

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    Nel cuore del monastero di San Giacomo di Veglia, a Vittorio Veneto, si è consumata una vicenda che sembra uscita da una telenovelas. E invece è una storia reale fatta di tensioni, accuse reciproche e una fuga notturna di un gruppo di suore.Tutto ha avuto inizio con una lettera inviata due anni fa a Papa Francesco da quattro suore, che denunciavano presunti maltrattamenti e comportamenti non consoni all’interno della comunità. Dopo diverse ispezioni e indagini, il Vaticano ha deciso di commissariare il convento e di sostituire la badessa Aline Pereira Ghammachi, 41 anni, con una figura più anziana.

    Situazione degenerata

    Alcune suore hanno denunciato la sparizione di fondi, sostenendo che i nuovi incaricati avrebbero intestato a loro stessi i conti bancari e postali del monastero, per un ammontare di oltre 200mila euro, privandole di qualsiasi controllo sulle risorse della comunità. “Ci hanno esautorato completamente. Spariti i contanti che suor Aline aveva nella sua cella”, hanno dichiarato due delle undici suore fuggite di notte, raccontando di un clima sempre più ostile che le ha costrette a lasciare il convento senza soldi e senza una destinazione certa.

    Il convento e le suore fuggitive

    Le suore parlano di accanimento contro la loro comunità, che prima si autogestiva secondo lo spirito benedettino, e ora è stata stravolta dall’intervento del Vaticano. Secondo la loro versione, l’abate Lepori avrebbe spezzato l’armonia e imposto nuove regole che hanno portato alla rottura definitiva. Risultato? Una fuga organizzata come un’uscita di prigionieri. Le suore infatti hanno portato di nascosto i bagagli fuori dal convento, allontanandosi alle prime luci del giorno e passando dai carabinieri per notificare l’accaduto. “Siamo scappate senza nemmeno i soldi per la spesa”, raccontano. E aggungono che molte delle attività che facevano parte del convento—come l’orto gestito da ragazzi disabili—sono già state sospese.

    Quale futuro per il monastero?

    Secondo le suore fuggite, la comunità rimasta nel convento è composta perlopiù da anziane, che faticheranno a gestire tutte le attività senza aiuti esterni. Ritengono che la chiusura sia solo questione di tempo, visto che la nuova badessa ha deciso di allontanare i collaboratori esterni. E soprattutto di ridimensionare, se non annullare, la vita del monastero. E così mentre le gerarchie vaticane difendono la decisione del commissariamento, le suore fuggite continuano a denunciare quanto accaduto, parlando di una realtà distrutta e di un sistema di controllo imposto che ha cancellato lo spirito originale della comunità.

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