Mistero

Leonardo e l’enigma dell’anguilla nell’Ultima Cena: politica, simboli e un messaggio al Moro

Un saggio di Luigi Ballerini indaga l’enigma gastronomico e simbolico: perché Leonardo scelse di inserire l’anguilla, prelibatezza rinascimentale, sulla tavola di Cristo? Forse un messaggio cifrato contro Ludovico il Moro, più che un vezzo culinario.

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    Non solo pane e vino. Nell’Ultima Cena di Leonardo, affrescata nel refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano, compare un piatto che non smette di intrigare studiosi e storici dell’arte: l’anguilla, alimento proibito dalle leggi ebraiche. Perché inserirla nella scena più sacra della cristianità? È questa la domanda che anima il saggio Le anguille di Leonardo (Marsilio) di Luigi Ballerini, poeta e saggista che ha insegnato letteratura italiana a Yale e alla New York University.

    Per secoli, gli artisti avevano raffigurato l’Ultima Cena con tavole austere, più simboliche che reali: pane azzimo, erbe amare, un pasto essenziale, come volevano i Vangeli e la tradizione monastica. Ma a partire dal Quattrocento, l’immaginario gastronomico entrò nei dipinti, complice il ritrovamento del De Rerum Natura di Lucrezio nel 1417. Un testo che rivalutava i piaceri della vita, costringendo la Chiesa a reinterpretare la gola non più solo come peccato, ma come fonte di energia e vitalità.

    È in questo clima che Maestro Martino, cuoco delle corti lombarde, elevò l’anguilla a regina di ricettari e banchetti, inserendola in pasticci e torte speziate. Leonardo però, vegetariano convinto, difficilmente si interessava ai fornelli. Per Ballerini, la scelta non fu gastronomica, ma politica: l’anguilla diventava il simbolo del biscione visconteo, stemma ereditato dagli Sforza. Un monito per Ludovico il Moro, suo committente, che lo pagava a singhiozzo: “Il potere è scivoloso, sfugge di mano”. Non a caso, il duca perse il trono l’anno dopo, travolto dall’invasione francese.

    Il mistero resta, ma il dettaglio parla da sé: laddove altri maestri proponevano ciliegie, melograni o pesci di lago come allegorie religiose, Leonardo infilò un piatto che diventava messaggio cifrato. E trasformò la tavola sacra in un campo di battaglia simbolico, dove l’arte smette di nutrire solo l’anima e diventa avvertimento politico.

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