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Tel Aviv, sotto i missili la spiaggia resiste: tra corse nei rifugi e tuffi nel mare

Mentre i cieli di Israele restano sotto tiro, a Tel Aviv la spiaggia diventa rifugio emotivo e simbolico. I corpi si muovono come se niente fosse. Ma gli occhi restano incollati al cielo, pronti a scattare.

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    Il mare è calmo. Il cielo no.

    È il quarto giorno di guerra a colpi di missili tra Israele e Iran, ma sulla spiaggia di Tel Aviv la vita – per quanto possa – prova a resistere. Tra una sirena e l’altra, c’è chi si sdraia sull’asciugamano, chi si tuffa, chi gioca a racchettoni con l’orecchio teso al rumore di fondo.

    La città vive sospesa. Ogni ombrellone è montato con la consapevolezza che potrebbe essere abbandonato in fretta. I bambini costruiscono castelli di sabbia mentre i genitori controllano il telefono, pronti a leggere l’allerta in arrivo. In lontananza, un boato sordo. Nessuno grida, ma il movimento cambia. Qualcuno si alza, qualcuno resta. Un silenzio breve, poi di nuovo le voci.

    “È come vivere in una pausa tra due frasi”, dice Yael, 42 anni, che ha portato le figlie a prendere un gelato. “Stiamo cercando un momento di normalità. Anche se dura poco, vale la pena”.

    A due metri da lei, due giovani soldati in tenuta leggera si rilassano sulla sabbia. Il fucile d’assalto è poggiato accanto allo zaino. Sembrano in licenza, ma restano vigili. Uno guarda il telefono ogni dieci secondi. L’altro si concede un tuffo.

    Il bagnino fischia. Non per una sirena, ma per richiamare dei ragazzi che si spingono troppo al largo. A Tel Aviv si continua a fare il bagno, anche quando la guerra bussa dal cielo. È una forma di resistenza sottile, quotidiana, ostinata.

    “Non ci abituiamo, ma impariamo a convivere con l’imprevisto”, dice Moshe, 29 anni, insegnante in pausa forzata. “La spiaggia è uno dei pochi posti dove riesco ancora a respirare”.

    Poco distante, un turista italiano racconta: “Ho pensato di andarmene. Ma poi ho visto questa gente al mare, tranquilla. Mi sono detto: se loro restano, posso farlo anch’io”.

    La sabbia è tiepida, l’acqua limpida. Ma sopra le teste, il cielo resta incerto. A tratti azzurro, a tratti tagliato da scie lontane. Tutti sanno che può succedere di nuovo. Eppure restano.

    La guerra è appena cominciata, ma Tel Aviv – almeno per ora – non vuole arrendersi. Nemmeno al mare.

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