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Mille euro e il numero di un pusher. Raoul Bova, il giallo delle chat vendute a Corona: Monzino prima accusa e poi nega tutto
La vera partita si gioca su due domande: chi ha materialmente tentato di ricattare l’attore con messaggi minacciosi? E quel numero di pusher era solo un contatto “di cortesia” o la chiave di un accordo più sporco?
Mille euro in contanti e il numero di un pusher. È questo che, secondo gli investigatori, Federico Monzino avrebbe incassato da Fabrizio Corona in cambio delle chat e degli audio privati tra Raoul Bova e la modella Martina Ceretti. Messaggi che, pochi giorni dopo, finiscono su Falsissimo, la rubrica online del “re dei paparazzi”.
Il copione è da thriller, ma i protagonisti sono veri. Monzino, imprenditore e amico della modella, agli inquirenti racconta una storia: “Ho preso i soldi e un contatto per la coca”. Poi, davanti ai giornali, cambia registro: «Mai un euro, mai un favore». Due facce, due verità. E in mezzo c’è il nome di Bova, che si ritrova le sue conversazioni intime in pasto al web.
Il contatto che scotta
Per la polizia, il dettaglio chiave è quel numero di telefono. Un semplice contatto o la prova di uno scambio sporco tra chat rubate e cocaina? Perché se il racconto di Monzino fosse vero, l’operazione non sarebbe stata solo un gioco di gossip: dietro potrebbe esserci un giro di droga, con Corona a fare da intermediario.
Le date parlano chiaro. Tra l’11 e il 12 luglio, Bova riceve minacce su WhatsApp da una sim spagnola: «Questo è materiale pesante, è nelle mani di Fabrizio. Se non collabori va online». L’attore non abbocca e corre dalla polizia. Ma dieci giorni dopo, il 21 luglio, le stesse chat e gli stessi audio appaiono online. Tentata estorsione: è il reato su cui lavora la Procura di Roma.
La volpe perde il pelo?
Il dettaglio che insospettisce gli investigatori è quasi grottesco: nei messaggi minatori la modella viene chiamata “Cerretti”, con due “r”. Difficile credere che sia stato Monzino, che conosce bene Martina. Molto più credibile l’ombra di Corona stesso, già finito nei guai in passato per ricatti mediatici. La volpe perde il pelo, ma non il vizio? Per ora è un’ipotesi investigativa, nulla di più.
L’indagine resta aperta
Oggi nessuno è formalmente indagato, ma le perquisizioni hanno già toccato Corona, Ceretti e Monzino. Sul tavolo degli inquirenti resta una domanda semplice e velenosa: quel numero di pusher era un semplice contatto o la porta d’ingresso di un affare a base di soldi e droga?
Per ora, resta il sospetto. E un attore che ha visto la sua vita privata trasformarsi nell’ennesimo reality di Corona.