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Felice Maniero si confessa da Fedez: “Le evasioni le rifarei subito. Pagavamo poliziotti e carabinieri”

A 71 anni, “Faccia d’Angelo” torna a parlare e riapre le ferite del Nordest criminale. Dice di aver speso tutto il suo tesoro, 33 miliardi di lire, e di non rimpiangere nulla: “Mi manca solo l’adrenalina. Il resto è passato”.

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    Felice Maniero, il “Faccia d’Angelo” che negli anni Ottanta dominava la mala del Nordest, è tornato a raccontarsi. Lo ha fatto nel podcast Pulp di Fedez e Mr. Marra, con la calma inquietante di chi non deve più difendersi. Mascherato all’inizio, poi a volto scoperto, oggi a 71 anni l’ex boss della Mala del Brenta parla del passato come di una lunga avventura.

    «Le evasioni le rifarei subito. Il pathos che ti danno non ha eguali, soprattutto se si fugge da un carcere speciale», dice. E poi aggiunge: «Quando ho collaborato con la giustizia, nel 1994, l’ho fatto per convenienza. Amici veri? No, non mi è dispiaciuto per nessuno».

    Durante la puntata interviene anche il giornalista Maurizio Dianese, che ha seguito da vicino la parabola del boss e gli ha dedicato un libro in uscita per Feltrinelli. «Mi chiamò un anno fa, era depresso, stanco. Mi disse: voglio scrivere l’ultimo libro con te», racconta. Secondo il cronista, Maniero aveva accumulato almeno 33 miliardi di lire, “che non verranno mai trovati perché li ha spesi tutti”.

    Nel podcast, l’ex bandito ricorda la vita da criminale con toni quasi affettuosi. Racconta le rapine miliardarie, come quella al Casinò di Venezia: «Abbiamo preso otto, nove miliardi. Facilissimo, è andata liscia». Ma anche il colpo al treno che nel 1982 costò la vita a una ragazza di vent’anni, Cristina Pavesi: «Avevamo messo il tritolo. È esploso il vagone. È stata la cosa che mi ha segnato di più».

    Maniero non nega di aver avuto legami con apparati dello Stato: «Pagavamo l’ispettore capo della polizia sei milioni al mese, quello dei carabinieri pure. E avevamo anche un colonnello dei servizi segreti».

    Tra i ricordi più assurdi, i furti di forme di Parmigiano “che valevano quasi quanto una Ferrari” e le opere di Mario Schifano ricevute “in cambio della cocaina”. Un mondo di eccessi, potere e paura.

    Alla fine, “Faccia d’Angelo” non chiede perdono. Dice solo di essersi stancato. «Mi manca l’adrenalina, non il resto. Il potere, i soldi, le donne… illusioni. Ma l’adrenalina era vera».

    Dietro la maschera, resta un uomo che non ha mai smesso davvero di fuggire — forse non più dai carabinieri, ma da sé stesso.

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