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Michael J. Fox, 35 anni accanto al Parkinson: “Non c’è una linea temporale, ma continuo a guardare avanti”

L’attore canadese, indimenticabile Marty McFly di Ritorno al futuro, pubblica il memoir Future Boy, un viaggio tra cinema, ricordi e la lunga convivenza con la malattia.

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    Con il sorriso che lo ha reso una delle icone più amate del cinema anni Ottanta, Michael J. Fox torna a raccontarsi in un libro intenso e sincero. A 64 anni, l’attore canadese, volto indimenticabile di Marty McFly nella trilogia di Ritorno al futuro, convive da trentacinque anni con il morbo di Parkinson, una diagnosi arrivata nel 1991, quando aveva appena 29 anni e una carriera in piena ascesa.

    Il suo nuovo memoir, Future Boy: Back to the Future and My Journey Through the Space-Time Continuum, scritto insieme alla giornalista Nelle Fortenberry e uscito il 14 ottobre 2025, è un viaggio tra ricordi, set cinematografici e riflessioni sulla fragilità e la forza della vita.

    Il ritorno al 1985: tra Casa Keaton e “Ritorno al futuro”

    Nel libro, Fox ripercorre il 1985, anno che ha cambiato la sua esistenza. All’epoca alternava le riprese della sitcom Casa Keaton” (Family Ties) con quelle del film diretto da Robert Zemeckis, un doppio impegno che lo costringeva a lavorare anche venti ore al giorno.
    «Dormivo pochissimo, ma non mi importava. Sentivo che stava succedendo qualcosa di grande», racconta nelle pagine del memoir.

    Il volume include interviste a membri storici dei due cast, da Lea Thompson a Christopher Lloyd, fino a Zemeckis stesso, offrendo uno sguardo intimo e inedito dietro le quinte di un’epoca irripetibile del cinema americano.

    “Il Parkinson non segue regole”

    Durante un’intervista al The Times in occasione dell’uscita del libro, Fox ha parlato apertamente della malattia con la consueta lucidità:
    «Non c’è una linea temporale, non ci sono stadi definiti da attraversare, come per altre patologie. Il Parkinson è molto più misterioso ed enigmatico.»

    Un percorso lungo e difficile, ma che l’attore affronta con la sua proverbiale ironia e un realismo disarmante. «Ci sono poche persone che convivono con il Parkinson da 35 anni. Mi piacerebbe semplicemente non svegliarmi un giorno. Non voglio che sia drammatico — ha detto — solo smettere di inciampare nei mobili e sbattere la testa.»

    Parole dure, ma autentiche, che mostrano la serenità di chi ha imparato a convivere con la fragilità senza perdere dignità né senso dell’umorismo.

    “Recitare mi ha aiutato a resistere”

    Nel corso della sua carriera, Fox ha continuato a lavorare anche dopo la diagnosi, fondando nel 2000 la Michael J. Fox Foundation for Parkinson’s Research, oggi una delle principali organizzazioni mondiali nella ricerca sul morbo.
    «Un medico mi disse che recitare mi avrebbe aiutato a gestire i sintomi. È stato vero, fino a un certo punto», ha ammesso. «Poi ho iniziato a rompere le cose: mi sono fratturato il gomito, la mano, ho avuto un’infezione e ho quasi perso un dito. Ma non ho mai pensato di fermarmi.»

    Nonostante le difficoltà motorie, l’attore continua a comparire sullo schermo: attualmente è impegnato nella terza stagione della serie “Shrinking” su Apple TV+, accanto a Harrison Ford, il cui personaggio — in un curioso intreccio con la realtà — soffre anch’egli di Parkinson.

    Un’icona di coraggio

    Oggi Michael J. Fox vive tra New York e gli Stati Uniti occidentali, circondato dall’affetto della moglie Tracy Pollan, sposata nel 1988, e dei loro quattro figli.
    La sua testimonianza, raccolta in libri e documentari come Still: A Michael J. Fox Movie (2023), resta una delle più importanti sulla malattia.

    «Non ho mai voluto essere un simbolo», dice. «Ma se la mia storia può aiutare qualcuno a non sentirsi solo, allora ne è valsa la pena.»

    Con Future Boy, l’attore chiude il cerchio tra il passato e il presente, tra il ragazzo che correva con uno skateboard nel 1985 e l’uomo che oggi affronta il tempo con consapevolezza.
    «Non posso cambiare ciò che mi è successo — scrive — ma posso scegliere come raccontarlo. E continuerò a farlo, finché avrò voce.»

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