Curiosità
Conclave, le regole del fumo: come funziona davvero la fumata bianca (e quella nera)
Torna il rituale delle “fumate” dal comignolo vaticano: il bianco per il Papa eletto, il nero per il nulla di fatto. Ma dietro il simbolo più noto del Conclave c’è un sistema ben più moderno e preciso di quanto si pensi, con stufe, combustioni chimiche e perfino telecamere puntate sul cielo della Sistina.
È il momento che tutti aspettano. L’unico segnale visibile al mondo intero che qualcosa – o nulla – si è mosso dentro la Cappella Sistina. Quando i cardinali si riuniranno, a partire dal 7 maggio, per scegliere il nuovo Papa, milioni di occhi saranno puntati su un oggetto ben preciso: il comignolo sistemato sul tetto della Cappella Michelangiolesca. Da lì, come da tradizione, usciranno le celebri “fumate” – nere o bianche – che scandiscono il ritmo del Conclave. Ma come funziona davvero questo rituale che affascina credenti e non?
Prima di tutto: nessuna magia. Il fumo che esce dal comignolo, oggi, è il risultato di un processo tecnico tanto simbolico quanto accuratamente orchestrato. A renderlo possibile sono due stufe sistemate all’interno della Sistina. La prima, in ghisa, è in servizio dal 1939 e serve per bruciare le schede delle votazioni. La seconda, introdotta nel 2005, è più moderna e destinata esclusivamente a produrre il colore del fumo, grazie a una miscela di sostanze chimiche che varia a seconda dell’esito delle votazioni.
Se il nuovo Papa non è ancora stato eletto, la fumata sarà nera. Se invece si è raggiunto il quorum dei due terzi e il successore di Francesco è stato individuato, il fumo che si solleverà sarà bianco. Ma attenzione: per evitare ogni possibile ambiguità – e gli equivoci non sono mancati in passato – la fumata bianca è ora accompagnata anche dal suono a distesa delle campane della Basilica di San Pietro, così da rendere inequivocabile il segnale.
E che ci sia bisogno di chiarezza è noto da tempo. Basti pensare che, fino a una ventina d’anni fa, non era raro che i fedeli – e anche i cronisti – confondessero le prime volute di fumo. A volte sembravano grigie, altre quasi marroni. Per questo, nel 2005, si è deciso di ricorrere a fumogeni artificiali: per la fumata nera si usano antracene, zolfo e perclorato di potassio; per quella bianca clorato di potassio, lattosio e colofonia. Una vera e propria alchimia contemporanea, pensata per comunicare col mondo in modo chiaro anche sotto la pioggia, di sera o in diretta streaming.
A supervisionare tutto, come sempre, ci sono i Vigili del Fuoco del Vaticano, che in questi giorni hanno già completato l’installazione del comignolo sul tetto. Una telecamera della Sala Stampa vaticana è già puntata a pochi metri dalla canna fumaria, pronta a immortalare il momento in cui il fumo si leverà nell’aria. Un tempo si usava anche una fumata gialla di prova, per testare il corretto funzionamento delle stufe, ma oggi non è più prevista.
Nel frattempo, i cardinali preparano l’ingresso nella Sistina, dove resteranno isolati fino all’elezione. Niente cellulari, niente contatti col mondo esterno. Solo schede da riempire, giuramenti in latino e votazioni quotidiane (quattro al giorno: due la mattina, due il pomeriggio). E poi, alla fine di ogni scrutinio, il momento più atteso: le schede vengono bruciate, la stufa si accende, e da quel comignolo sul tetto della Sistina si alza la risposta più antica e solenne della Chiesa cattolica. Fumo nero: tutto da rifare. Fumo bianco: habemus Papam.