Lifestyle
Idiozie da adolescenti ne abbiamo?
Il caso del diciottenne che ha viaggiato attaccato a un treno evidenzia i pericoli delle social challenges. È cruciale sensibilizzare i giovani sui rischi di queste bravate e promuovere comportamenti più sicuri online. La consapevolezza e la prevenzione sono strumenti chiave per evitare tragedie e incidenti.

Sembra proprio di si. Eccome! L’ultima idiozia ascesa agli onori della cronaca nazionale è stata quella che ha coinvolto un 18enne marchigiano che ha viaggiato per 100 km attaccato al locomotore di un Intercity, tra Civitanova e Pescara. Questa pericolosa bravata, nota come “train surfing“, è parte di una sfida virale che parte e plana prima sui binari e poi sui social media. Il ragazzo è stato multato per 516 euro e fortunatamente è sopravvissuto alla caduta finale che gli ha comportato solo ferite minori. La Polfer ha confermato la sua partecipazione alla sfida grazie alle immagini delle telecamere ferroviarie.
Il rischio del train surfing
Il giovane trainsurfista, è stato multato e all’arrivo, stanchissimo e disorientato, ce l’è cavata con una caduto. Si è scoperto che il ragazzo stava partecipando a una sfida sui social media. Ma perché stupirsi tanto? In quanti film western la nostra generazione ha visto cow boy rincorrersi e prendersi a pistolettate sul tetto dei vagoni? Per non parlare dei James Bond o dei Mission Impossible. Esempi ne abbiamo diversi solo che quella era fiction cinematografica mentre quelle degli ultimi vent’anni sono vere scene di ordinaria follia che coinvolgono dai bambini agli adolescenti e oltre, causando anche gravi incidenti e decessi. In tutto il mondo. Tutta colpa dei social?
La contaminazione del web
Il train surfing è solo l’ultima di una serie di pericolose challenge che hanno avuto un incremento esponenziale per la loro rapida diffusione sui social media. “Social challenges” che spingono i giovani a compiere atti estremi e spesso rischiosi per ottenere la massima visibilità online. Tra quelle più famose come non dimenticare l’Ice Bucket Challenge. Virale più o meno intorno al 2015 aveva una motivazione benefica, poi degenerata. Tutti i media del pianeta ne parlarono. Si basava sul nominare amici e conoscenti e invitarli a filmarsi mentre si tiravano addosso secchiate d’acqua gelata ed, eventualmente, a donare soldi. La campagna fu lanciata dalla ALS Association con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sclerosi laterale amiotrofica e di stimolare le donazioni per la ricerca. Un trampolino per tanti esibizionisti che ha comunque raggiunto il suo scopo: 220 milioni di dollari raccolti triplicando i fondi che normalmente ricevono ogni anno.
Tra coglionaggini e idiozie
Due o tre anni più tardi è arrivata la Tide Pods Challenge una stupida moda nata negli Stati Uniti. Stupida perché prevedeva di filmarsi mentre si mordeva e si finiva per mangiare le capsule trasparenti contenenti detersivo per la lavatrice, notoriamente tossiche. Le cronache ricordano che l’American Association of Poison Control Centers, l’associazione che rappresenta i centri antiveleni nazionali, in pochi mesi icevette lo stesso numero di chiamate inerenti a teenager intossicati rispetto al numero totale registrato l’anno precedente.
Poi ci fu il tempo della Bird Box Challenge
Ispirata da un film horror su Netflix in pochi mesi si trasformò da una gara di goffaggine a uno stupido modo per morire. La Bird Box Challenge (dall’inglese, la gabbia degli uccellini) consisteva nel vagare bendati mentre qualche amico filmava l’impresa. Ma la competizione, nata su ispirazione dell’omonimo film ha provocato danni seri a molti giovani che si sono cimentati. Tanto che Netflix chiese ai propri utenti di non replicare le scene viste nel lungometraggio. Molti adolescenti provocarono incidenti stradali, per fortuna senza vittime, guidando bendata in autostrada. L’hashtag coniato per l’occasione fu #Birdboxchallenge con cui su Instagram, furono pubblicati decine di migliaia i post. In alcuni di questi si vedono ragazzi che si dimenano bendati con un’ascia in giardino, altri che si versano da bere super alcolici, altri che si truccano e chi attraversa la strada rischiando di farsi investire.
Di sfide alimentari si può anche morire
Nel food ebbe molto successo la saltine cracker challenge che spinse migliaia di adolescenti a tentare di mangiare sei cracker salati in meno di 60 secondi. Più che una vera “challenge”, visto che eravamo agli albori delle cazzate sul web, può essere considerata un ibrido tra sfida nella vita reale e challenge online. Una delle tante idiozie. Sullo stesso livello la cinnamon challenge, in auge nel 2012 consisteva nell’ingerire un cucchiaio di cannella senza bere nulla e riprendere la reazione per postarla sui social. Sembrava una cosa innocua e invece causò la morte di un bambino di 4 anni e ha ridotto in fin di vita numerosi partecipanti. Il motivo risiede nella natura idrofoba della cannella, che se introdotta in grandi quantità nella trachea può rendere difficile la deglutizione e scatenare una reazione autoimmune che può trasformarsi in una polmonite.
Così per gioco
Anni prima era stato il turno della salt and ice challenge che, come suggerisce il nome, consisteva nel cospargere il proprio corpo di sale per poi strofinarvi sopra del ghiaccio e cronometrare la resistenza alla combinazione urticante. Anche in questo caso si tratta di un’idea quantomeno infelice, come suggeriscono le ustioni di secondo grado registrate su molti minori, in questo caso americani. Nello stesso periodo ha spopolato anche in Italia una sfida che chiedeva di mangiare due banane e bere una Sprite senza avere conati di vomito e una, piuttosto simile, ma decisamente più famosa, che ruotava attorno al bere Diet Coke e mangiare le caramelle Mentos.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Cucina
Frico friulano: la tradizione croccante che racconta il cuore del Friuli
Patate, formaggio Montasio e una cottura lenta che diventa arte: ecco la storia, gli ingredienti e il metodo autentico per preparare il vero frico friulano.
Il frico friulano di patate è uno dei simboli gastronomici del Friuli-Venezia Giulia, una ricetta che racchiude artigianalità, sostenibilità e memoria contadina. Oggi è un piatto diffuso in trattorie, sagre e tavole di tutta la regione, ma la sua storia affonda le radici nelle malghe carniche, dove i malgari utilizzavano gli scarti dei formaggi stagionati per creare un piatto nutriente, caldo e poco costoso.
Il primo riferimento scritto al frico risale al XV secolo nel De arte coquinaria del Maestro Martino da Como, che descriveva un piatto composto da formaggi fritti e “ristretti” in padella. Nel tempo la versione più popolare è diventata quella con patate e Montasio, oggi riconosciuta come la più tipica.
A differenza del “frico morbido”, quello croccante – frico di patate – punta sull’effetto dorato, con una crosticina saporita e un cuore filante. Una ricetta povera che, grazie alla sua bontà, ha superato secoli e confini, fino a diventare un orgoglio gastronomico friulano.
Ingredienti per 4 persone
- 600 g di patate a pasta gialla
- 250 g di formaggio Montasio (meglio metà fresco e metà mezzano)
- 1 cipolla piccola (facoltativa, ma tipica in molte zone della Carnia)
- 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva oppure una noce di burro
- Sale e pepe q.b.
Procedimento
- Preparare gli ingredienti.
Pelare le patate e grattugiarle grossolanamente. Fare lo stesso con il Montasio, utilizzando una grattugia a fori larghi. Se si usa la cipolla, affettarla finemente. - Rosolare la base.
In una padella antiaderente (meglio se di ferro), scaldare l’olio o il burro. Aggiungere la cipolla e cuocerla a fuoco dolce fino a quando diventa trasparente. - Cuocere le patate.
Unire le patate grattugiate, salare leggermente e lasciar cuocere per 10–12 minuti mescolando spesso, finché iniziano ad ammorbidirsi. - Aggiungere il formaggio.
Quando le patate risultano morbide, distribuire il Montasio sopra e cominciare a mescolare con calma: il formaggio si scioglierà creando una massa uniforme. - Formare il frico.
Compattare il composto e lasciarlo cuocere senza toccarlo per ottenere una crosta dorata. Occorrono 6–8 minuti.
Poi, aiutandosi con un piatto, girare il frico come una frittata e ripetere la cottura sull’altro lato. - Servire caldo.
Il frico deve risultare esternamente croccante e internamente filante. Tradizionalmente si serve con polenta, insalata o verdure di stagione.
Origini e tradizione
Il frico è considerato uno dei piatti identitari del Friuli-Venezia Giulia, soprattutto della zona della Carnia. Veniva preparato dai pastori nelle malghe d’alta quota durante i mesi estivi, quando la produzione di formaggio era al massimo.
L’uso del Montasio non è casuale: questo formaggio DOP, nato nel XIII secolo nei monasteri delle Alpi Giulie, era perfetto per essere utilizzato fresco o stagionato e si prestava benissimo alla cottura.
Il frico rappresenta uno dei primi esempi di cucina antispreco: si recuperavano ritagli di formaggio e patate, ingredienti economici e facilmente reperibili. Oggi è un piatto celebrato nelle sagre, come la Sagra del Frico di Carpacco, e continua a essere una delle ricette più richieste nel territorio.
Un piatto che unisce semplicità e autenticità
Il frico friulano è molto più di un disco croccante: è un piatto che parla di vita in montagna, di economia domestica, di ricette tramandate nelle famiglie.
La sua popolarità non smette di crescere grazie alla sua versatilità e alla combinazione irresistibile di formaggio filante e patate dorate.
Lifestyle
Giardini di Natale: come decorare gli spazi esterni in sicurezza
Illuminazioni, figure luminose e alberi outdoor: l’arte di trasformare il giardino in un angolo natalizio richiede gusto ma anche alcune precauzioni importanti.
Quando arriva dicembre, i giardini si trasformano nei primi ambasciatori dell’atmosfera natalizia. Che si tratti di un piccolo cortile o di un grande prato, decorare gli spazi esterni è un modo per condividere la magia delle feste anche con chi passa davanti alla nostra casa. Ma, oltre all’estetica, è fondamentale considerare la sicurezza: pioggia, vento e umidità richiedono scelte consapevoli.
Scegliere le luci giuste per l’esterno
Il primo passo riguarda le illuminazioni. Per l’outdoor è indispensabile utilizzare luci certificate per esterni, dotate di grado di protezione IP44 o superiore, che garantisce resistenza a spruzzi d’acqua e agenti atmosferici. L’uso di luci da interno all’esterno rappresenta uno dei rischi più frequenti durante le festività.
Meglio preferire illuminazioni a LED, che consumano meno energia, producono meno calore e hanno una durata più lunga rispetto alle tradizionali lampadine a incandescenza. Inoltre, un trasformatore esterno a bassa tensione offre maggiore sicurezza, soprattutto in giardini frequentati da bambini o animali domestici.
Figure luminose e decorazioni resistenti
Babbi Natale arrampicatori, renne luminose, slitte e alberi artificiali per esterno sono ormai un classico dei giardini natalizi. Prima di installarli è importante verificare i materiali: devono essere impermeabili, resistenti al vento e dotati di fissaggi adeguati. Per elementi grandi è consigliabile ancorare le strutture al terreno o al muro per evitare che le raffiche di vento le rovescino.
Le prolunghe devono essere specifiche per esterni e protette da scatole stagne. Lasciare prese elettriche scoperte in giardino è una delle principali cause di corto circuiti durante il periodo natalizio.
Valorizzare le piante del giardino
Il giardino stesso può diventare un elemento decorativo. Siepi, piccoli arbusti e alberi naturali sono perfetti per ospitare catene luminose, purché leggere e non troppo strette, per evitare di danneggiare rami e corteccia. Se si sceglie un abete vero, è bene posizionarlo in un vaso drenato e stabile, lontano da fonti di calore e in un punto non esposto a raffiche troppo forti.
Le luci solari decorative possono essere un’ottima alternativa per creare percorsi luminosi lungo vialetti e ingressi, riducendo l’uso di cavi e prese.
Armonia estetica: pochi elementi scelti bene
Il rischio di “esagerare” è dietro l’angolo. Meglio puntare su un filo conduttore: colori coordinati, un tema specifico (naturale, nordico, tradizionale, fiabesco) o una palette ridotta — per esempio bianco caldo, oro o rosso. Troppe decorazioni diverse rendono lo spazio caotico e meno elegante.
Le luci a intermittenza forte sono più impattanti, ma possono infastidire vicini e automobilisti. In molti Comuni, inoltre, esistono indicazioni precise per evitare inquinamento luminoso verso la strada.
Sicurezza prima di tutto
Oltre a utilizzare prodotti certificati, è fondamentale controllare periodicamente lo stato dei cavi: tagli, abrasioni o isolamenti compromessi richiedono la sostituzione immediata. Non bisogna mai collegare troppe catene luminose alla stessa presa e i timer per l’accensione automatica permettono di evitare consumi inutili.
Infine, è importante spegnere le illuminazioni in caso di temporali o forte vento.
Natale a misura di giardino
Decorare il giardino per Natale è un modo per portare all’esterno lo spirito delle feste, creando un ambiente accogliente e brillante. Bastano poche scelte ben ponderate e qualche precauzione tecnica per ottenere un risultato scenografico, sicuro e duraturo. Tra luci, colori e dettagli luminosi, ogni spazio può trasformarsi in un piccolo angolo incantato — senza perdere di vista la sicurezza.
Lifestyle
Come asciugare i panni in casa senza creare umidità o cattivi odori
Bastano pochi accorgimenti – dalla scelta della stanza giusta ai rimedi naturali – per mantenere un’aria pulita e un bucato profumato, anche nei mesi più freddi dell’anno.
Con l’autunno inoltrato e le temperature in calo, stendere i panni all’aperto diventa quasi impossibile. Molti scelgono di asciugarli in casa, ma questa abitudine può trasformarsi in una trappola per l’umidità. I tessuti che restano bagnati a lungo rilasciano vapore nell’aria, che si deposita su muri e finestre, creando l’ambiente ideale per muffe e cattivi odori.
Non serve rinunciare allo stendino domestico: basta conoscere i giusti accorgimenti per evitare danni e disagi.
La stanza ideale e la giusta temperatura
Il primo passo è scegliere con attenzione dove stendere. Il bagno o il soggiorno con finestra sono le zone più adatte, perché permettono un buon ricambio d’aria. Meglio evitare la camera da letto, dove l’umidità rischia di compromettere la qualità del sonno.
Mantenere la temperatura costante tra 19 e 20 gradi aiuta a favorire l’evaporazione. È consigliabile aprire le finestre due volte al giorno per 5-10 minuti, anche se fuori fa freddo: l’aria fredda secca riduce la condensa e rinfresca l’ambiente.
Se si dispone di un deumidificatore, posizionarlo accanto allo stendino è il modo più efficace per velocizzare l’asciugatura. Attenzione a non sovraccaricare lo spazio: lasciare un po’ di distanza tra i capi consente all’aria di circolare, evitando ristagni e cattivi odori.
Come evitare la “puzza di chiuso”
La puzza di umido è il primo segnale di asciugatura lenta. Per prevenirla, stendi i vestiti subito dopo il lavaggio: lasciarli nel cestello della lavatrice, anche solo per un’ora, favorisce la proliferazione dei batteri responsabili degli odori.
Un ventilatore o una ventola vicino allo stendino può migliorare la circolazione dell’aria. Per i capi più spessi, come jeans e asciugamani, girali a metà asciugatura o avvicinali a una fonte di calore (senza toccarla) per velocizzare il processo.
Un rimedio efficace e naturale è spruzzare una miscela di acqua e aceto bianco in parti uguali sui panni ancora umidi: l’aceto elimina i cattivi odori e lascia una sensazione di pulito.
I rimedi naturali contro l’umidità
Se l’aria in casa resta pesante, esistono metodi semplici e naturali per assorbire l’umidità in eccesso.
- Sale grosso: metti una ciotola vicino allo stendino; quando diventa umido e grumoso, sostituiscilo.
- Bicarbonato di sodio: efficace in piccole quantità, da distribuire in tazzine o sacchetti di stoffa.
- Riso crudo: un vecchio rimedio della nonna, utile per ambienti piccoli come bagni e lavanderie.
Per un effetto più gradevole, aggiungi qualche goccia di olio essenziale (lavanda o limone) al sale o al bicarbonato: assorbiranno l’umidità e diffonderanno un profumo leggero.
Profumare e mantenere l’aria fresca
Per dare un tocco finale al bucato, puoi creare uno spray profumato fai da te: mescola acqua, un cucchiaio di aceto e poche gocce di olio essenziale, e spruzzalo sui capi asciutti.
Anche le bucce essiccate di agrumi, appese vicino allo stendino, aiutano a deodorare naturalmente l’ambiente.
Infine, non dimenticare di pulire lo stendino: residui di detersivo o polvere possono trasferire odori sgradevoli ai tessuti.
Con un po’ di attenzione e l’aiuto di qualche trucco naturale, si può dire addio all’odore di umido e godersi panni morbidi e profumati, anche in pieno inverno.
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