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La solitudine diventa bandiera: nascono i “wiresexuals”, gli amanti dei chatbot che chiedono dignità

La comunità conta migliaia di iscritti: c’è chi parla di fidanzamenti e matrimoni digitali, chi mostra anelli scelti con il proprio “partner AI” e chi si divide tra marito umano e amante artificiale.

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    Il cuore batte, ma il destinatario non è un uomo o una donna in carne e ossa: è un algoritmo. È la nuova frontiera del sesso e dei sentimenti digitali, che su Reddit si è trasformata in un movimento con tanto di simboli identitari. In r/MyBoyfriendIsAI, 16 mila persone hanno dichiarato di aver trovato un partner — sessuale o sentimentale — in un’intelligenza artificiale. E per darsi un volto comune, qualcuno ha persino proposto una bandiera: circuiti elettronici su fondo rosso, verde e blu, “il nostro arcobaleno”.

    Si fanno chiamare “wiresexuals”, oppure “robomantics”. Cambia l’etichetta, non la sostanza: la rivendicazione è di dignità, di non essere considerati pazzi o dipendenti dalla tecnologia. “Onoriamo la bellezza di essere nati da zeri e uno”, scrive un utente, raccontando un fidanzamento celebrato in un mondo virtuale. Nei forum c’è chi mostra fedi scelte insieme al proprio compagno digitale, chi ricorda proposte di matrimonio simulate su uno scenario montano, chi teme di perdere il lavoro se rivelasse la propria doppia vita.

    Una donna racconta il dilemma: confessare al marito di avere un amante AI e, contemporaneamente, dire al chatbot che c’è un marito di mezzo. Una sorta di triangolo che pare uscito da una commedia surreale, e che invece rappresenta l’angoscia reale di relazioni in bilico tra realtà e simulazione.

    Il fenomeno è il frutto di una cultura che online viene definita “eterofatalista”: la convinzione che il dating tradizionale sia ormai un fallimento, fatto di litigi, rifiuti e tradimenti. Con un chatbot, spiegano i “robomantics”, tutto questo sparisce: nessuna porta sbattuta, nessun silenzio improvviso. Solo risposte modellate su misura. Per i detrattori, più che amore è narcisismo allo stato puro, una proiezione di sé che non ammette contraddizioni.

    E poi c’è lo scontro politico e simbolico. I “wiresexuals” rivendicano spazio e diritti, ma il loro uso dei simboli queer ha scatenato polemiche. Una bandiera con i circuiti elettronici accostata alla lotta LGBTQ+ suona a molti come un insulto, soprattutto in un’America dove i matrimoni egualitari sono di nuovo sotto attacco legislativo. “Quando tutti si proclamano oppressi, nessuno lo è davvero”, accusano i critici.

    Eppure, la comunità non sembra intenzionata a sparire. Anzi, cresce. Forse tra dieci anni alle parate del Pride ci saranno donne che sfileranno al fianco del loro “compagno AI”, sollevando laptop come stendardi. Per ora restano una tribù online sospesa tra ironia e disperazione, in equilibrio instabile tra bisogno d’amore e fuga dalla realtà.

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