Cinema
Flow, il film che ha vinto un Oscar spendendo il meno possibile
Un successo incredibile per il regista Gints Zilbalodis, che ha realizzato un capolavoro minimalista utilizzando software gratuiti e una squadra ridotta.
Con un budget di appena 3,5 milioni di euro, Flow è riuscito a vincere l’Oscar per il miglior film d’animazione, battendo colossi come Inside Out 2 e Il robot selvaggio. Un’impresa straordinaria, se si considera che l’animazione è uno dei generi più costosi del cinema. Eppure, il regista lettone Gints Zilbalodis ha saputo sfruttare ogni risorsa al massimo, dimostrando che l’innovazione non passa solo dai grandi studi.
La storia di Flow
Il film si apre senza preamboli: un gatto vaga per la campagna e viene travolto da un’ondata d’acqua che sommerge tutto. È un’allusione a un moderno diluvio universale? Presto si scopre che il mondo è sommerso e il gatto si ritrova a viaggiare su una barchetta abbandonata, insieme ad altri animali in difficoltà. Non ci sono esseri umani, e gli animali si comportano in modo realistico: non parlano, non sono antropomorfizzati, comunicano solo attraverso suoni e azioni. Un approccio minimalista che rende Flow un’opera suggestiva e ipnotica.
La strategia vincente: qualità con il minimo investimento
La produzione di Flow ha seguito un modello rivoluzionario: il film è stato realizzato con un team di sole 20 persone, utilizzando esclusivamente software open-source come Unreal Engine per la grafica e Blender per il montaggio. Zilbalodis ha spiegato la sua scelta così: “Ci sono cose in questi software che non trovo in quelli più costosi. Posso vedere il risultato finale in tempo reale, senza dover aspettare il rendering. Questo aiuta la mia creatività”.
La tecnologia ha permesso a Flow di avere un look simile ai videogiochi, con movimenti fluidi e paesaggi dettagliati, senza però cercare il realismo assoluto. “Non mi interessava l’iperrealismo della Pixar, volevo creare un’esperienza visiva astratta”, ha dichiarato il regista.
Ripensare il cinema d’animazione
Oltre alla tecnica, Flow rompe le convenzioni anche nel linguaggio cinematografico. Il film non segue la tipica alternanza di inquadrature statiche e primi piani, ma sembra girato con una macchina a mano invisibile, che accompagna i personaggi nel loro viaggio. “Mi piaceva l’idea di un’unica ripresa che seguisse sempre gli animali”, ha raccontato Zilbalodis.
L’ispirazione viene anche dal mondo dei fumetti e dei videogiochi. Il regista cita Scott McCloud, autore del saggio Capire, fare e reinventare il fumetto, come una delle sue principali influenze. Flow ricorda anche i videogame di esplorazione, con ambientazioni post-apocalittiche: resti di edifici umani invasi dalla vegetazione, templi abbandonati e una natura dominante che sembra essersi ripresa il pianeta.
Un film che resterà nel tempo
Uno degli elementi più affascinanti di Flow è la sua longevità visiva. Zilbalodis ha scelto di evitare il realismo spinto, consapevole che la tecnologia avanza rapidamente e ciò che oggi sembra avveniristico domani appare datato. “Se fai qualcosa di grafico e stilizzato, può restare attuale per decenni”, ha affermato.
Con la sua vittoria agli Oscar, Flow dimostra che un’altra animazione è possibile: più libera, più creativa e, soprattutto, accessibile a chi ha idee innovative ma budget ridotti. Una lezione che potrebbe cambiare il futuro del cinema d’animazione.