Cinema
Sylvester Stallone boccia il cinema impegnato: «Odio i film che vogliono insegnare qualcosa, la nostra anima ha bisogno di puro intrattenimento»
Alla vigilia della terza stagione di Tulsa King, Sly si racconta: dal culto della mitologia al disprezzo per i film “a tesi”. «Non inseguo correnti, provo piacere nel portare lo spettatore a godersi gioia, dolore e mistero».
Per Sylvester Stallone il cinema non deve fare il predicozzo. A 79 anni, con alle spalle una carriera di successi epocali, l’attore torna a colpire duro: «Odio quel tipo di cinema che cerca di trasmettere un messaggio. Non dobbiamo per forza imparare qualcosa. La nostra anima ha bisogno di gioia, tristezza, mistero e, soprattutto, sperimentazione».
Una dichiarazione che riporta l’orologio indietro, agli anni in cui Rocky Balboa e John Rambo diventavano simboli planetari. «Il cinema non fa che creare nuovi eroi – dice Sly –. Se Rambo fosse esistito duemila anni fa sarebbe stato il più famoso tra gli dei greci, un Achille moderno». Stessa cosa per Rocky: «Alla fine del sesto capitolo lo spettatore capisce che non era mai esistito davvero, era frutto della sua immaginazione. È stato il mio saluto a chi mi ha seguito per una vita».
Il mito e l’azione, insomma, restano le sue coordinate. «Ho scritto Rocky in tre giorni, dopo aver visto Ali contro Wepner. Avevo cento dollari in tasca, mia moglie incinta, la fame alla porta. Non cercavo di dare lezioni, ma di raccontare una storia che facesse battere il cuore».
E così oggi, con Tulsa King in arrivo su Paramount+, Stallone continua a muoversi su quel terreno. Dwight Manfredi, il boss che interpreta, è un perdente con cui il pubblico può identificarsi: «È una liberazione, finalmente un personaggio che sono io in tutto e per tutto. Non il Rambo cupo e monosillabico, ma un uomo che sbaglia e riparte».
Niente parabole morali, quindi, ma emozioni pure. «Il messaggio non è la mia specialità – ribadisce Sly –. Io voglio che lo spettatore abbia un biglietto di sola andata per un viaggio. Guerre stellari, Indiana Jones, Rambo: quello è cinema. Il resto è bombardamento intellettuale».
Una filosofia che farà storcere il naso ai cinefili più seriosi, ma che spiega perché Stallone resti ancora oggi una leggenda: per lui il cinema è sudore, sangue e mito. E guai a trasformarlo in una predica travestita da film.