Musica
John Lennon spiato dal governo americano: riemerge un’intervista del 1975 in cui racconta di pedinamenti e telefonate “manipolate”
«Aprivo la porta e c’erano uomini dall’altro lato della strada, salivo in macchina e mi seguivano». Il cantante era convinto che l’intelligence americana lo tenesse sotto controllo. «Non ero l’unico: anche Jagger e McCartney hanno avuto problemi».
C’è pane per i complottisti e nostalgia per i fan dei Beatles. Negli archivi polverosi di un seminterrato londinese è riemersa una intervista inedita del 1975 a John Lennon, registrata dal DJ britannico Nicky Horne, in cui il musicista raccontava di essere pedinato e sorvegliato dal governo americano.
La registrazione, ritrovata dalla moglie di Horne in una scatola di vecchie bobine, è una vera capsula del tempo. Nella conversazione, l’ex Beatle parla con voce calma ma inquieta: «So distinguere la differenza tra una telefonata normale e una con un sacco di rumori. Aprivo la porta e c’erano uomini dall’altro lato della strada. Salivo in macchina e mi seguivano senza nemmeno cercare di nascondersi. Volevano che lo vedessi».
Lennon era convinto di essere nella lista di sorveglianza della CIA sin dal 1971, anno dell’uscita di Gimme Some Truth, il brano in cui attaccava il presidente Richard Nixon e la guerra in Vietnam. Il clima politico era teso, e la sua militanza pacifista non piaceva a Washington. «Ero paranoico. Chi non lo sarebbe stato?», confessa nell’intervista.
Ma, aggiunge, non era solo. «Gente come Mick Jagger, Paul e George hanno avuto problemi a entrare e uscire dagli Stati Uniti. Mick una volta dovette infilarsi in un tombino per far entrare Keith Richards e gli altri in tour».
Il documento sonoro, presentato ora su Boom Radio, offre un ritratto intimo di un Lennon inquieto ma lucido, alle prese con la vita al Dakota Building di New York insieme a Yoko Ono, tra voglia di normalità e sospetti continui.
Non aveva prove concrete, ma il dubbio restava: «Ci sono un sacco di lavori di manutenzione nel seminterrato… magari non è un caso», dice ironico al microfono.
In uno dei passaggi più toccanti, Lennon riflette sulla sua musica: «Come fa qualcuno a dire che Imagine è il miglior disco che farò mai, e io ho solo 34 anni? A meno di atti divini, dovrei essere in giro per altri sessanta».
Poche parole, registrate cinquant’anni fa, che oggi suonano come un testamento anticipato: quello di un uomo che voleva la pace, ma sentiva l’ombra del potere alle sue spalle.