Televisione

Ma ‘ndo vai se i soldi non ce l’hai: solo la Rai in corsa per Sanremo, e pure soddisfatta

L’unica a presentarsi al bando del Comune è mamma Rai. Nessuno, nemmeno Mediaset, ha avuto il coraggio (o la faccia) di sfidarla per il Festival della Canzone Italiana

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    Una gara… a partecipante unico. Si è chiusa così, tra uno sbadiglio e un “vabbè tanto si sapeva”, la manifestazione d’interesse per chi avrebbe dovuto organizzare e trasmettere in chiaro il Festival di Sanremo dal 2026 al 2028, con possibile proroga per due anni. A presentarsi, come da copione, è stata soltanto la Rai. Nessun altro competitor. Nessun colpo di scena. E – colmo dell’assurdo – a quanto pare sono tutti contenti.

    Il sindaco di Sanremo Alessandro Mager ha infatti dichiarato con entusiasmo: «Possiamo dirci soddisfatti». Tradotto: meno male che c’è la Rai, che almeno il carrozzone musicale ce lo mandano in onda ancora loro, con tanto di Lucarelli che litiga con tutti e look di Achille Lauro in tutina glitterata.

    E pensare che tutto questo era partito da una decisione del Tar Liguria, che a dicembre aveva dichiarato irregolare l’affidamento diretto alla Rai, costringendo il Comune dei Fiori a pubblicare un bando pubblico. Ecco, il bando c’era, ma di pubblico interesse neanche l’ombra. A parte quello, appunto, della Rai, che ha presentato la sua busta – una sola, bella ordinata – e ora si prepara a incassare altri cinque anni di monopolio sanremese.

    Il bando non era certo tenero: corrispettivo minimo di 6,5 milioni di euro per il Comune, almeno l’1% su introiti pubblicitari e sfruttamento dei marchi, trasmissione di Sanremoinfiore, eventi aggiuntivi estivi, presenza garantita dell’Orchestra Sinfonica e dei vincitori di Area Sanremo. Insomma, un pacchetto mica da ridere. Ma nessuno ha riso. Nessuno ha partecipato. E no, nemmeno Mediaset. Forse troppo impegnata a riproporre la dodicesima replica del Segreto.

    Il sindaco Mager rivendica trasparenza e dedizione, insieme al suo team tecnico e all’assessore al Turismo Alessandro Sindoni. E rilancia: «I criteri sono congrui, ma soprattutto miravano a far crescere il Festival e la città». Tutto vero. Ma intanto resta il sospetto che la Rai abbia vinto una gara senza avversari. E che – per quanto bravi e storici siano – il Festival rischi di restare prigioniero dello stesso schema, della stessa voce narrante, delle stesse facce.

    Certo, “chi lascia la via vecchia per la nuova…” dice il proverbio. Ma almeno un tentativo, una cordata alternativa, una provocazione. Niente. Solo Rai. E ora via al prossimo totoconduttore, totovestiti, totoscandali. Perché Sanremo, si sa, non è una gara. E nemmeno una vera competizione. È un’assegnazione. E quest’anno, come da tradizione, “senza se e senza ma”.

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