Televisione
Magalli senza filtri contro la Rai: “Ci lavorano persone con la fedina televisiva da brivido. Dopo il mio linfoma, sono spariti tutti”
Dai retroscena sul divorzio Baudo-Ricciarelli alle frecciate contro la Rai di oggi, Giancarlo Magalli si racconta con la lingua affilata di sempre. Sessant’anni di carriera, cinquanta programmi all’attivo, e la sensazione di essere stato messo da parte: “Ho detto la verità, e la verità in tv non è di moda”.
Giancarlo Magalli non ha mai avuto bisogno di filtri. Né in video, né nella vita. A 77 anni suonati, con sessant’anni di carriera alle spalle, è ancora capace di far tremare le scrivanie dei dirigenti Rai con una battuta. Stavolta l’occasione è un’intervista a ruota libera, dove il conduttore si toglie più di un sassolino dalle scarpe, a partire proprio dal suo silenzioso addio alla tv pubblica: «La Rai è simpatica e caruccia – dice con sarcasmo – ma oggi fa lavorare persone con una “fedina televisiva” da brivido, tipo Teo Mammucari. Hanno insistito per anni con Cattelan, fanno scelte curiose, da interpretare».
Poi l’affondo più amaro: «Io ho fatto più di 50 programmi, ho lavorato per sessant’anni tra radio e tv. Dopo che sono guarito dal linfoma che ho avuto, sono spariti tutti. Ma soprattutto – sottolinea – sono cambiati, e quelli nuovi non li ho mai incontrati».
Non c’è rabbia nelle sue parole, piuttosto una consapevolezza disincantata, quella di chi ha visto passare generazioni di dirigenti e conduttori. «Non posso farci niente, amo dire le cose come stanno – confessa – e questo mi ha portato tanti guai. Ma è un lusso che continuo a concedermi, anche se lo pago volentieri».
Un Magalli in versione combattiva, dunque, che non risparmia nessuno. Nemmeno la collega Katia Ricciarelli, finita al centro delle polemiche dopo le sue dichiarazioni su Pippo Baudo e la storica assistente Dina Minna. «Katia si è lamentata di non essere stata avvertita della morte di Pippo – racconta – ma non ha molto senso come rimostranza. Non è ancora stato istituito un comitato per la comunicazione dei lutti alle ex mogli. E poi la morte di Baudo è una di quelle notizie che si diffondono da sole».
Quando gli chiedono del famoso ricovero di Pippo, Magalli va dritto: «Lei lo sapeva benissimo, ma era all’estero. Si presentò tre giorni dopo l’operazione e Pippo la cacciò via furioso. Da lì partì la lettera dell’avvocato per chiedere la separazione. Penso volesse solo un gesto di riconciliazione, ma lui colse la palla al balzo. Fu l’inizio della fine».
E sulla presunta carriera internazionale della soprano? Nessuna pietà: «In Croazia per dei concerti? Ma quali concerti. Sono anni che non canta più, ha avuto problemi di voce e si è data ai reality. Credo fosse là per giocare. Le piaceva il brivido dei casinò. Il guaio è che, se smetti di guadagnare ma continui a spendere come prima, il bilancio diventa preoccupante».
Il tono cambia solo quando ricorda l’amico Pippo, con cui condivideva la passione per il teatro. «Negli ultimi anni vedeva poco, faceva fatica a muoversi, ma aveva ancora quella curiosità da eterno debuttante. Andavamo insieme a teatro, sempre più vicini al palco perché non ci vedeva più bene. Quando gli amici gli fecero trovare la sedia a rotelle al compleanno di Pingitore, lui non stava male, era solo un po’ malandato. Ma le foto, pubblicate sui social, fecero pensare al peggio. Pippo non meritava quella spettacolarizzazione».
Oggi Magalli, che nella vita ha attraversato tutti i generi – dal varietà alla satira, dai quiz al talk show – si definisce “ospite professionista”: «La prossima stagione guarderò la tv. Andrò ospite qua e là, un po’ per non sparire del tutto, un po’ per guadagnare qualcosa. Ho conquistato il ruolo di ospite, che è già un traguardo».
Ma dietro la battuta si percepisce la malinconia di un uomo che ha dato tanto alla televisione e che oggi fatica a riconoscerla. «Una volta c’era più rispetto, più ironia e meno faziosità. Ora sembra tutto in mano a una Tele-Meloni, dove la fedeltà politica pesa più del talento. Non mi stupisce, ma non mi appartiene».
Eppure, quando gli chiedono se tornerebbe, risponde senza esitazione: «Se avessero bisogno di uno che sappia ancora parlare al pubblico senza urlare, io ci sarei. Ma non chiameranno. Ormai cercano solo chi si accontenta di fare rumore».
Poi sorride, con quella punta di cinismo che lo ha reso inimitabile: «Ho imparato che in Rai non serve essere bravi, serve essere alla moda. Io, per fortuna, non lo sono mai stato».