Tennis

«Sono innamorato, ma non ne parlo» – Sinner confessa il nuovo amore e si racconta tra Lego, rivalità con Alcaraz e critiche alle Olimpiadi

A New York, Jannik Sinner si concede alle domande dei giornalisti. Ammette la relazione con Laila Hasanovic, ex di Mick Schumacher, ma mette subito i paletti: «Non entro nei dettagli». Difende le sue scelte, ricorda i sacrifici da ragazzino, racconta le paure e l’ossessione per il miglioramento. E intanto il suo cuore batte forte, anche fuori dal campo.

Published

on

    New York, vigilia degli US Open. Jannik Sinner arriva con passo deciso, vestito Gucci e Rolex al polso, l’aria di chi è ormai un numero uno non solo sul campo, ma anche fuori. A 24 anni si trova a dover conciliare la concentrazione da campione con la curiosità morbosa che lo circonda. E stavolta un po’ si lascia andare.

    «Sono innamorato – confessa con un mezzo sorriso – ma della mia vita privata non voglio parlare». È la prima volta che ammette senza giri di parole la storia con Laila Hasanovic, modella danese ed ex fidanzata di Mick Schumacher. Una love story che il gossip inseguiva da settimane, e che adesso Sinner riconosce, pur mantenendo un alone di riservatezza: il ragazzo di Sesto Pusteria non vuole che la cronaca rosa sovrasti quella sportiva.

    Sul resto, però, non si tira indietro. Sulle critiche per la mancata partecipazione alle Olimpiadi risponde secco: «Non ho mai risposto e non voglio neanche rispondere». Punto e basta, senza polemiche. Il messaggio è chiaro: ha scelto la sua strada, chi lo accusa perda pure fiato.

    La rivalità con Carlos Alcaraz? Un classico delle nuove generazioni del tennis, che lui tratta con la freddezza del campione: «Non è detto che io e Carlos siamo quelli lì. Adesso sono due anni che giochiamo i Grandi Slam, ma le cose possono cambiare. Se uno non si migliora, altri arrivano. Tra due anni vedremo chi si è stabilito, chi è migliorato e chi è peggiorato». Una visione lucida e per certi versi disarmante: Sinner non si mette mai sul piedistallo, sa che lo sport è spietato.

    E sul gioco da perfezionare non ha dubbi: «Il servizio e il gioco a rete». Ammissioni che raccontano un ragazzo consapevole dei suoi limiti, pronto a smontarsi pezzo per pezzo per ricostruirsi ogni volta più solido. «Non essere paziente, voler fare tutto subito: questo era il mio difetto – rivela – ma ho imparato a lavorare sui dettagli. Mettere insieme i pezzi del puzzle è la strada giusta».

    Dietro questa crescita c’è anche il lavoro psicologico: «Non è nulla di naturale, c’è tanto lavoro dietro. All’inizio pensavo di essere forte, invece non lo ero. Con Riccardo Ceccarelli ci lavoriamo da anni. Mi ha aiutato ad accettare i difetti, poi la differenza la deve fare l’atleta».

    Ed è qui che Sinner sorprende: il rimedio per staccare la spina non è né yoga né meditazione, ma i Lego. «Mi sono appassionato moltissimo. Di sera costruisco, ascolto musica e penso ad altro. A New York sono andato in un negozio vicino all’hotel e ho comprato una Porsche: finita in cinque ore. Allora ho pensato: me ne serve una più grande. Forse l’ultima è troppo grande, ma mi piace. Ti tiene la mente occupata e libera allo stesso tempo».

    Il tennis, però, resta la sua ossessione. «Guardo tanto gli avversari, soprattutto la sera prima del match. La parte visuale è molto importante». Sul manicotto che indossa ancora sul braccio spiega: «A Wimbledon era per un’altra cosa, ora è solo una sensazione. Mi piace come mi fa sentire il braccio».

    Un ragazzo normale, nonostante i milioni in banca e gli sponsor da capogiro. «Non mi piace dire “sono il numero uno al mondo” – sottolinea – posso dire che sono un giocatore forte, ma numero uno lo diventi anche fuori dal campo, per come ti comporti. Il tennis è la mia vita, ma è piccolo. A 35 o 40 anni finisce, e poi devi decidere cos’altro fare».

    E qui torna il Sinner che non ti aspetti: prudente, quasi impacciato quando si parla di futuro. «Non ho idea di chi potrebbe costruire la mia casa. È troppo presto. Forse quando avrò 15 anni in più sarà già vecchia», scherza. La politica? «Le cose importanti sì, ma non entro nei dettagli, ne capisco anche poco».

    La memoria corre indietro, al ragazzino che a 13 anni lasciò casa per inseguire un sogno. «All’inizio è stato difficile, ma ho avuto fortuna. Una famiglia croata mi ha accolto, mi sono sentito come un fratello maggiore per i loro figli. Giocavo anche con il cane: a casa avevamo solo gatti». E il ricordo diventa quasi tenero, lontano dai riflettori di New York.

    Tra Lego, amore e rivalità, Jannik resta fedele a sé stesso: diretto, umile, allergico ai fronzoli. Un ragazzo che, anche con un Rolex al polso, non dimentica di essere quello che mette pezzo dopo pezzo un’auto di plastica per rilassarsi la sera. Numero uno sì, ma sempre a modo suo.

      Ultime notizie

      Exit mobile version