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Cronaca

Esame di maturità: quanti asini tra i parlamentari

Le storie scolastiche dei leader politici offrono uno sguardo interessante sulle loro personalità e possono ispirare riflessioni su come le esperienze formative influenzino le carriere future.

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    L’esame di maturità dei nostri politici: tutti promossi a pieni voti ma con qualche problemino in condotta. Difficoltà in matematica per i vicepremier Salvini e Tajani, mentre i più secchioni sono stati Renzi e Conte.

    Bocciati in condotta

    L’esame di Maturità è una tappa da cui, a un certo punto, passano quasi tutti, politici inclusi. Gli attuali leader di partito provengono da esperienze formative diverse e hanno concluso il loro percorso di studi con risultati più o meno positivi. Se qualcuno potrebbe essere definito un secchione, ad altri studiare piaceva un po’ meno, come hanno raccontato a Skuola.net. E la condotta. Bassina un po’ per tutti.

    Massimo dei voti ma problemi in condotta per Meloni

    All’istituto tecnico professionale Amerigo Vespucci di Roma, nel 1996 una giovane Giorgia Meloni prendeva il diploma in lingue. “Un’alunna nella media”, si è definita l’attuale premier, il cui attestato di Maturità riporta, però, quello che allora era il massimo dei voti: 60/60. Non è che studiasse tanto, però andava bene, ha raccontato la presidente del Consiglio. Lei era la classica studentessa che si chiudeva in camera la notte prima dell’interrogazione, studiava mezzo programma e la mattina dopo si presentava preparata. L’arte oratoria probabilmente già non le mancava, ma ad abbassarle la media era la carenza di disciplina: “La condotta era bassa, di solito era 7 al primo quadrimestre, poi 8 al secondo, alla fine me la cavavo”.

    Disorganizzata e timida, diploma da 60/60 per Schlein

    Otto anni più tardi, in un liceo di Lugano, anche Elly Schlein prendeva il massimo dei voti al diploma, in un indirizzo equiparabile al tradizionale liceo classico. La media finale era di 6/6, secondo la votazione del cantone svizzero, ma la leader democratica fa fatica a definirsi un’alunna modello. Era una pessima studentessa, ha detto, andava bene ma si riduceva a studiare nelle ultime 48 ore, in extremis. Insomma una che si applicava quando sentiva la pressione. Il paradosso? “Andando bene, passavo anche per una secchiona”.

    Disorganizzata e anche timida, tanto che il primo approccio alla politica arriva quando viene “costretta a candidarmi per il consiglio di facoltà“, ricorda insieme alla fatica di dare i volantini. Alla fine i voti furono 71. La segretaria del Pd ha poi proseguito gli studi con una laurea in Giurisprudenza, conclusa con 110 e lode, ma iniziata solo “per fare ricorso a una multa”, ha ricordato.

    Conte lo studente modello ma senza libri

    Da sempre a suo agio nel mondo accademico, strada perseguita fino all’ingresso in politica, anche Giuseppe Conte si è diplomato al liceo classico, il Pietro Giannone di San Marco in Lamis, in provincia di Foggia. Non nasconde di essere stato uno studente che studiava, affermazione confermata dal voto finale: anche per lui 60/60. La sua notte prima degli esami è stata accompagnata da una colonna sonora inusuale: “Generale” di De Gregori.
    Non solo un maturando impeccabile, però, anche il leader dei 5 stelle confessa i suoi “difetti”. Non portava mai i libri a scuola. Era il suo compagno di banco che doveva portarli anche per lui. Insomma il suo primo portaborse…

    Salvini, problemi con la matematica e autogestioni

    Liceo classico anche per Matteo Salvini, che nel 1992 salutò il ginnasio Alessandro Manzoni di Milano con il voto di 48/60, equiparabile a circa un 80 di oggi. Per il vicepremier la causa del voto non ottimo sarebbe da rintracciare nella sua fede politica. “Diciamo che l’essere leghista in un liceo come quello probabilmente non ha aiutato”, ha raccontato, riferendosi al fatto che il Manzoni era uno dei licei milanesi più ‘rossi dell’epoca. Eppure il leader del Carroccio ricorda di aver preso parte anche a bigiate e autogestioni. Quelle a cui non si può dire di no. I voti non altissimi, forse, erano piuttosto riconducibili a un rapporto conflittuale con i numeri, che lo ha portato a essere rimandato “solo una volta, in primo liceo, in matematica”. Ad oggi la situazione non sembra migliorata perché confessa che dopo 35 anni il suo astio nei confronti delle disequazioni è altissimo.

    L’1 in greco di Tajani e l’odio per i numeri

    Stesso problema per Antonio Tajani, che come Salvini si definisce “uno studente medio” e ammette l’insofferenza verso la matematica. Con i numeri confessa che è sempre stato un problema, non a caso ha scelto il liceo classico e poi Giurisprudenza. Al liceo classico Torquato Tasso di Roma, i cavalli di battaglia erano l’italiano, la storia e la filosofia, mentre il greco qualche volta aveva dato dei problemi. Ricorda che una volta prese un 1 in un compito in classe. “Però non sono mai stato né rimandato né bocciato”, precisa.
    Alla fine anche per segretario nazionale di Forza Italia il voto finale è di 48 su 60. I problemi con la matematica, poi, sono stati risolti attraverso la carriera politica, perché “quando hai a che fare con i bilanci, i numeri li devi sapere bene “.

    Renzi rappresentante d’istituto con il massimo dei voti

    Anche per Matteo Renzi il greco è stata una materia approfondita poco, cosa di cui adesso il leader di Italia viva si pente. E non è l’unica. E’ stato anche rimandato in Scienze, al quarto anno. “Penso di essere stato l’unico al classico”. Eppure, nonostante si sia definito uno studente “mezzo e mezzo”, dal liceo “Dante” di Firenze esce con 60/60 e un’esperienza da rappresentante di istituto, primo approccio all’attività politica. Ricorda di averlo fatto per due anni, in seconda e terza liceo. “La prima volta sono passato normale, l’anno dopo invece fui il più votato”.

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      Cronaca Nera

      L’estate calda dei “casi freddi”. Dopo Garlasco, si riapre anche il mistero McCann: ritrovati frammenti di vestiti e ossa.

      Un’area di 50 ettari setacciata da investigatori portoghesi e tedeschi riaccende le speranze: i reperti saranno ora analizzati nei laboratori. L’obiettivo è trovare la prova definitiva contro Christian Brueckner

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        A diciott’anni dalla scomparsa della piccola Madeleine McCann, qualcosa finalmente si muove. Dopo l’improvvisa riapertura del caso Poggi a Garlasco, un altro cold case si riaccende sotto il sole di giugno. E stavolta siamo in Portogallo, precisamente nella regione dell’Algarve, vicino a Lagos. È lì, a circa 30 miglia dal luogo dove Madeleine svanì nel nulla nel maggio del 2007, che nei giorni scorsi una squadra mista di investigatori tedeschi e portoghesi ha concluso una nuova perquisizione. Una tre giorni di ricerche intense che, inizialmente, sembravano non aver portato a nulla. Ma ora emerge un dettaglio inquietante: sono stati trovati frammenti di vestiti e resti ossei.

        Una notizia che, se confermata dalle analisi in corso, potrebbe dare una svolta decisiva all’indagine più seguita e discussa degli ultimi decenni. Madeleine McCann, tre anni appena, era in vacanza con i genitori nel resort Praia da Luz quando sparì dal lettino in cui dormiva. Da allora, ipotesi, avvistamenti, depistaggi e teorie complottiste si sono susseguite senza tregua. Ma di prove, nessuna. E soprattutto: del corpo della bambina, mai traccia.

        Ora però qualcosa sembra cambiare. Secondo quanto riportato dalla Cnn Portugal, “durante la perquisizione sono stati sequestrati diversi oggetti che saranno ulteriormente esaminati dalla polizia tedesca”. Oggetti che comprenderebbero anche “campioni di vestiti e ossa”, come riportato anche dal quotidiano Correio da Manhã. Gli inquirenti, per il momento, mantengono il più stretto riserbo. Ma fonti vicine all’indagine confermano che “i materiali saranno ora analizzati attentamente nel laboratorio della polizia per valutarne la potenziale rilevanza ai fini delle indagini”.

        Il sospettato numero uno resta sempre lui: Christian Brueckner, cittadino tedesco già detenuto in Germania per reati sessuali, incluso l’abuso su minori. All’epoca della sparizione, Brueckner viveva non lontano dal resort della famiglia McCann. Da anni gli inquirenti tedeschi cercano di incastrarlo, ma senza mai trovare una prova inconfutabile. Potrebbero essere proprio questi frammenti a segnare il punto di svolta.

        Secondo quanto riferito dai media lusitani, l’intera area setacciata dagli investigatori la scorsa settimana — circa 50 ettari di territorio collinare attorno a una vecchia diga — era già stata indicata in passato come luogo potenzialmente interessante. Ma solo oggi, con l’ausilio di nuove tecnologie e la pressione crescente della magistratura tedesca, si è deciso di intervenire in modo più sistematico. Una fonte investigativa ha dichiarato: “Non possiamo confermare ufficialmente la correlazione con Madeleine, ma è chiaro che questa è la nostra speranza”.

        Una speranza che tiene col fiato sospeso non solo i genitori della piccola, ma milioni di persone che da anni seguono la vicenda con apprensione. Kate e Gerry McCann, che non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali dopo la notizia dei ritrovamenti, si sono detti in passato “determinati a conoscere la verità, qualunque essa sia”. Negli ultimi anni hanno più volte ribadito di voler semplicemente “sapere cosa è accaduto a Madeleine, per poter finalmente trovare pace”.

        Questa nuova fase dell’inchiesta è stata condotta in stretta collaborazione con l’autorità giudiziaria tedesca, che da tempo coordina il fascicolo contro Brueckner. Le autorità tedesche credono che Madeleine sia stata uccisa poco dopo il rapimento, e Brueckner — attualmente in carcere per altri crimini — sarebbe il responsabile. Ma finora, nessun corpo, nessuna prova. Solo indizi e testimonianze, spesso contraddittorie.

        Resta da capire se i frammenti ritrovati possano davvero parlare dopo tutto questo tempo. Gli esami in laboratorio inizieranno in settimana, ma i risultati — avvertono gli inquirenti — non saranno immediati. L’obiettivo è isolare tracce di Dna compatibile con quello della bambina, o identificare elementi riconducibili alla sua scomparsa.

        Nel frattempo, sul caso si sono riaccesi anche i riflettori mediatici. In Germania, Gran Bretagna e Portogallo i principali quotidiani hanno rilanciato la notizia con grande evidenza. E in Italia, proprio mentre la cronaca riporta in primo piano altri cold case riaperti dopo anni di silenzio, il nome di Madeleine torna a scuotere coscienze e interrogare giustizia e opinione pubblica.

        Forse, dopo diciott’anni di buio, il mistero più inquietante del nuovo millennio si prepara ad avere un epilogo. Forse.

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          Italia

          E’ arrivata la prima ondata di caldo ma non è quella definitva

          Temperature in forte aumento, città arroventate e primi temporali. Una tregua in settimana ma poi si ricomincia. L’estate bussa.

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            L’estate sembra davvero entrare nel vivo. Questo è il primo fine settimana rovente. Da ieri il caldo intenso si fa sentire con temperature che hanno raggiunto i 37°C, a cui si aggiunge un’afa che rende l’atmosfera opprimente, soprattutto nelle ore serali e notturne. Secondo il bollettino del Ministero della Salute, sei città italiane sono già da bollino rosso, ovvero a rischio massimo per la salute: Bolzano, Campobasso, Perugia, Rieti, Roma e Frosinone. Altre cinque sono in bollino arancione, con temperature elevate ma un rischio più contenuto: Bologna, Brescia, Firenze, Latina e Torino. Le previsioni indicano cielo sereno su gran parte del Paese, con temporali isolati solo sulle Alpi Occidentali. Ma a rendere la situazione ancora più difficile è l’umidità, che fa crescere il disagio percepito sia di giorno che di notte.

            Quando arriverà un po’ di refrigerio? Domani…

            Da questa sera assisteremo ai primi segnali di cambiamento. Dall’Inghilterra arriverà un vortice di aria più fresca, che provocherà forti temporali sulle Alpi, sulla parte alta della Pianura Padana e sull’Adriatico centrale. Il contrasto tra l’aria caldissima preesistente e quella più fresca in arrivo potrà generare fenomeni intensi, con raffiche di vento improvvise, rovesci e possibili grandinate. Da domani16 giugno, il peggioramento si sposterà al Nord e al Centro, con precipitazioni più diffuse, specialmente sulla Riviera Romagnola nel pomeriggio. In ogni caso, le temperature rimarranno elevate, e questa prima ondata di caldo segnerà ufficialmente l’inizio della stagione torrida.

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              Italia

              Maria Rosaria Boccia sotto inchiesta: la laurea è vera o no?

              La Guardia di Finanza ha acquisito atti e documenti per fare luce sul titolo di studio della venditrice di abiti da sposa diventata consulente. L’inchiesta è partita da una segnalazione dell’università Pegaso. Dubbi anche sulla tesi: sarebbe molto simile a quella di un’altra studentessa laureata alla Luiss

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                È partita da una segnalazione dell’Università Telematica Pegaso l’inchiesta che oggi coinvolge Maria Rosaria Boccia. La procura di Napoli ha aperto un fascicolo per truffa, falso in atto pubblico e plagio, ipotizzando irregolarità nel percorso accademico della donna, nota alle cronache come ex collaboratrice del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.

                L’indagine è condotta dai pm Ciro Capasso, Claudio Onorati e Vincenzo Piscitelli, con il supporto della Guardia di Finanza. Gli accertamenti si stanno concentrando su tre atenei: la Pegaso, dove Boccia avrebbe conseguito la laurea in Economia Aziendale; la Parthenope, presso cui risultava iscritta in precedenza; e la Luiss di Roma, che rientra nel caso per una curiosa coincidenza: una tesi molto simile a quella presentata da Boccia è stata discussa da un’altra studentessa dell’ateneo nel 2019.

                La Gdf ha chiesto agli atenei documentazione completa: file digitali, esami sostenuti con relativi voti, video delle sessioni a distanza, libretti universitari, autocertificazioni e ogni altro elemento utile a ricostruire la carriera accademica della studentessa. Particolare attenzione è rivolta al passaggio tra la Parthenope e la Pegaso: gli investigatori vogliono capire se l’autocertificazione con cui Boccia ha dichiarato gli esami già svolti fosse veritiera.

                Ma a far esplodere il caso sarebbe stata proprio la tesi finale. Un lavoro accademico su cui l’università Pegaso ha avviato già da settembre un’istruttoria interna, dopo che alcuni dubbi erano stati sollevati da un’inchiesta giornalistica. L’ateneo ha comunicato di aver agito “nel pieno rispetto della trasparenza e della legalità”, e ha confermato di essere parte lesa nel procedimento.

                Il sospetto degli inquirenti è che la tesi possa essere stata in larga parte copiata da un’altra, discussa alla Luiss sei anni fa. A confermarlo potrebbe essere un’analisi con software antiplagio già in uso in molte università italiane. Se le analogie saranno confermate, il reato di plagio si aggiungerà al quadro, aggravando ulteriormente la posizione della Boccia.

                Per ora la diretta interessata non ha rilasciato dichiarazioni. Ma il caso è destinato ad avere conseguenze anche fuori dall’aula di tribunale, soprattutto per i legami politici e istituzionali che la donna aveva coltivato negli ultimi anni. E resta aperta la domanda più semplice e più spinosa: quella laurea, c’è davvero?

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