Televisione
DAZN, un pozzo senza fondo: nel 2023 ha perso 1,5 miliardi di dollari. E in Italia i conti non tornano
Il colosso dello streaming sportivo aumenta i ricavi ma continua a perdere cifre astronomiche. Solo nel 2023 il bilancio si è chiuso con un passivo di quasi 1,5 miliardi di dollari, mentre il suo azionista ha dovuto iniettare altre centinaia di milioni per tenere in piedi la baracca. In Italia la situazione resta preoccupante: i costi della Serie A pesano e gli abbonati non bastano a coprire le spese.

DAZN continua la sua corsa a perdifiato, ma il traguardo del pareggio di bilancio sembra sempre più un miraggio. I conti della piattaforma di streaming sportivo sono ancora in profondo rosso e il 2023 si è chiuso con perdite per 1,488 miliardi di dollari, un dato in peggioramento rispetto ai 1,262 miliardi del 2022. E non si tratta di un episodio isolato: dal 2018 a oggi il gruppo ha accumulato una perdita complessiva di 7,7 miliardi di dollari, con una media di 1,54 miliardi l’anno.
I numeri emergono dal bilancio consolidato 2023 di DAZN Group Limited, pubblicato sul sito ufficiale del governo britannico. Nel documento si legge che i ricavi globali della piattaforma sono saliti a 2,86 miliardi di dollari, in crescita del 30,3% rispetto ai 2,19 miliardi del 2022. Ma l’incremento delle entrate non è riuscito a tamponare il fiume di spese, soprattutto per i diritti televisivi, che rappresentano di gran lunga il costo maggiore per l’azienda. Solo nel 2023 DAZN ha speso 3,12 miliardi di dollari per i diritti tv, mentre nel complesso i costi operativi hanno superato i 4,2 miliardi di dollari.
Il problema principale resta quello di un modello di business che fatica a reggersi in piedi. DAZN sostiene di avere circa 300 milioni di utenti mensili, ma gli abbonati paganti – ovvero quelli che realmente generano ricavi – sarebbero appena 20 milioni secondo le stime di mercato. Un numero troppo basso per garantire la sostenibilità dell’intero sistema.
A tenere in piedi il colosso dello streaming sportivo è Len Blavatnik, il magnate ucraino naturalizzato britannico che controlla DAZN attraverso il suo gruppo Access Industries. Dal 2016 ad oggi, l’imprenditore ha dovuto versare quasi 7 miliardi di dollari nelle casse della società per evitarne il collasso, con un’ulteriore iniezione di 827 milioni di dollari solo negli ultimi mesi, tra cui 100 milioni a dicembre 2023.
Guardando al futuro, il management di DAZN prevede di raggiungere ricavi per 3,4 miliardi di dollari nel 2024, grazie anche all’acquisizione della società australiana Foxtel per 2,2 miliardi di dollari e ai diritti per i Mondiali per Club FIFA 2025, che da soli costeranno un miliardo di dollari. Obiettivi ambiziosi, ma che non cancellano il problema strutturale di fondo: DAZN continua a spendere più di quanto guadagni.
E in Italia? I numeri ufficiali non esistono, ma le stime parlano chiaro: la piattaforma perderebbe circa 200 milioni di euro ogni anno. Il costo principale è ovviamente rappresentato dai diritti della Serie A, per cui DAZN paga 700 milioni di euro l’anno, senza contare gli altri campionati e competizioni, dalla Liga alla Serie B. Applicando lo stesso schema del bilancio globale, si può ipotizzare che i costi operativi complessivi della piattaforma in Italia si aggirino attorno ai 930 milioni di euro annui.
Il problema è che gli abbonati italiani non bastano a coprire questa montagna di spese. DAZN può contare su circa 1,7 milioni di clienti, ma non tutti pagano la tariffa piena di 34,99 euro al mese. Anche ipotizzando che lo facessero, il fatturato si aggirerebbe sui 700 milioni di euro l’anno, a cui si aggiungono 50-60 milioni dalla pubblicità gestita da Mediaset. Più realisticamente, il giro d’affari di DAZN in Italia potrebbe essere inferiore ai 600 milioni, lasciando così un buco di almeno 200 milioni ogni 12 mesi.
Il paradosso è che DAZN, nata con l’ambizione di rivoluzionare il mercato della trasmissione sportiva, si ritrova oggi in una situazione finanziaria traballante, in cui ogni anno ha bisogno di capitali freschi per sopravvivere. Il modello basato sugli abbonamenti non si è dimostrato sufficiente e, nonostante i rincari applicati nel tempo, il problema della redditività resta enorme.
Il nodo cruciale è rappresentato dalla strategia sui diritti tv. DAZN continua a investire cifre enormi per garantirsi le esclusive, ma senza avere un ritorno economico immediato. E la sostenibilità di questo sistema è sempre più in discussione. Se da un lato gli investitori sperano in una crescita esponenziale dei ricavi nei prossimi anni, dall’altro la realtà dei numeri racconta una storia molto diversa.
Il rischio è che DAZN diventi l’ennesimo esempio di startup brucia-miliardi, sostenuta solo dall’intervento costante del suo finanziatore. Ma fino a quando Blavatnik sarà disposto a coprire le perdite? E soprattutto, quanto ancora potrà permettersi di farlo?
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Televisione
Il contorno spettacolare: perché “La ruota della fortuna” è diventata la vera prima serata della tv italiana
“La ruota della fortuna” contro “Affari tuoi” non è solo una sfida di ascolti, ma il segno di una mutazione televisiva. Quella fascia oraria, una volta considerata semplice anticamera del prime time, è diventata il suo cuore pulsante: più breve, più brillante, più redditizia. E il segreto è sempre lo stesso: il “contorno spettacolare”.

È da quando è iniziato lo scontro tra La ruota della fortuna e Affari tuoi che si ha la sensazione di assistere a una prima serata anticipata. La fascia dell’access prime time, quella mezz’ora tra telegiornale e fiction, è ormai diventata il vero campo di battaglia della tv italiana. Non solo per la durata o per gli investimenti pubblicitari, ma perché in quell’intervallo si concentrano oggi creatività, ritmo e identità di rete.
La ruota della fortuna, rilanciata da Gerry Scotti su Canale 5, ha riportato in auge il grande quiz popolare. Dopo il debutto su Odeon e il passaggio storico del 1989 con Mike Bongiorno, il format è stato aggiornato con una regia più dinamica, una scenografia luminosa e un’orchestra che accompagna i concorrenti come in un piccolo varietà. Lo chiamano “game show”, ma è ormai uno spettacolo completo, con la “ruota delle meraviglie” a fare da climax emotivo e un pubblico che partecipa come fosse in teatro.
Il parallelo con Affari tuoi, condotto da Stefano De Martino su Rai 1, è inevitabile. Entrambi i programmi non si limitano al gioco, ma raccontano piccole storie, emozioni quotidiane, personaggi da romanzo popolare. È la tv che torna a essere racconto, quella che Mike Bongiorno chiamava “il contorno spettacolare”: non la domanda o la vincita, ma tutto ciò che accade intorno.
Mike lo aveva capito prima di tutti, trasformando il format americano The $64,000 Question in Lascia o raddoppia?. Un quiz di mezz’ora divenne un evento serale, grazie alla capacità di dilatare il tempo e costruire un rituale collettivo.
Oggi la lezione è la stessa. Scotti e De Martino portano avanti quella tradizione con nuovi mezzi, in diretta quotidiana e nell’era dei social, ma la formula vincente non è cambiata: rendere ogni concorrente un personaggio e ogni domanda una storia. È lì che si gioca, oggi, la vera prima serata.
Televisione
Camila Raznovich: “C’è un’attitudine punitiva all’orgasmo. Non si parla mai degli organi sessuali come oggetto di piacere”
Tra ironia e provocazione, Camila Raznovich racconta la sessualità senza veli e senza ipocrisie. Dalle molestie subite da bambina all’esperienza di MTV, fino al successo in Rai: “La mia carriera è nata per caso, con una buona dose di bluff e fortuna. Ma la verità è che sono egocentrica, e l’ho sempre saputo”.

A più di vent’anni da Loveline, Camila Raznovich torna a parlare di sesso, ma questa volta dal palco del teatro Lirico di Milano. Con LoveLive, spettacolo-evento che debutta il 25 ottobre, la conduttrice di Kilimangiaro porta in scena un viaggio dentro i tabù più radicati della nostra cultura. “Viviamo in una società che ha un atteggiamento punitivo verso il piacere – racconta –. Si rifiuta ancora di parlare degli organi sessuali come oggetto di gioia, non di vergogna. E questo è il sintomo di una cultura che considera il sesso accettabile solo se finalizzato alla procreazione”.
Accanto a lei, sul palco, il ginecologo e sessuologo Maurizio Bini, per discutere di ciò che molti evitano anche solo di nominare. “La masturbazione femminile è ancora un tabù assoluto. Quando la madre di un ragazzo trova la porta chiusa, ne va fiera. Se lo fa una ragazza, diventa una maniaca o una poveretta da curare”, spiega. “L’omosessualità maschile non è ancora accettata pienamente, e quella femminile viene liquidata come una fase passeggera. È un modo ipocrita per non affrontare la realtà”.
Nel racconto non mancano riflessioni più dure: “Sono stata molestata quando avevo otto anni. A quei tempi era quasi normale. C’erano maniaci fuori da scuola o sul tram e nessuno diceva nulla. Oggi almeno si parla di più, ma il problema non è scomparso”.
L’educazione sentimentale, secondo Camila, è la chiave per cambiare davvero: “Le famiglie non parlano di amore, parlano solo di precauzioni. Mettere una scatola di preservativi nella valigia dei figli non è educazione sessuale. Il risultato è che aumentano i femminicidi e diminuisce l’età di chi li commette. È l’effetto di un analfabetismo emotivo”.
Nata da genitori cosmopoliti e cresciuta tra Milano, Londra e l’India, la Raznovich non ha mai avuto una vita ordinaria. “A Mtv ci arrivai per caso. Avevo diciannove anni, zero lauree e tanta cialtroneria. È stato un bluff durato trent’anni. Ma mi è andata bene”. Oggi, tra televisione, figli e meditazione, conserva la stessa franchezza di allora: “Non sono un esempio, ma non ho paura di parlare di piacere. Perché finché ci vergogneremo del corpo, non saremo mai davvero liberi”.
Televisione
Il popolo del Grande Fratello in rivolta: “Ridateci i limoni, gli slip fluo e il trash! Questo GF è un funerale televisivo”
Da nostalgici dei “lesbodrammi” a chi rimpiange le docce bollenti, l’Italia del GF si ribella. “Era leggerezza, non psicologia da discount!”. La nuova edizione di Simona Ventura divide e delude: “Il trash è la sua anima, senza è solo un salotto triste”.

C’è un’Italia che protesta non per le tasse o i treni in ritardo, ma per la scomparsa del trash dal Grande Fratello. È quella dei fan storici, i “malati di diretta”, che da vent’anni vivono a pane e nomination. Stavolta però la pazienza è finita: “Una uallera allucinante!”, “Ridateci la Ceciu con Moser nell’armadio!”, “Vogliamo i limoni veri, non le sedute dallo psicologo!”. Il coro si ripete in rete, un tam tam di nostalgia e sarcasmo contro il nuovo corso “perbene” del reality.
Da quando Pier Silvio Berlusconi ha imposto il codice morale, vietando volgarità, parolacce e slip attillati, il pubblico si sente derubato della propria colpa felice. “Ci avete tolto il divertimento – scrivono – non si può più neanche un bidet in vasca!”. L’indignazione sfiora il grottesco: “GF sei oscurantista!”, “Pier Silvio, il trash è cultura pop!”.
Sui forum del reality e nelle chat di Telegram il tono è lo stesso: rabbia, delusione e voglia di tornare indietro. “Non capiscono che il GF è leggerezza più caos, non un programma di psicoterapia”, protesta un’utente storica. “Chi segue il GF non vuole piangere, vuole spiare, ridere, giudicare!”. Il problema, dicono, è che ora non succede niente. “Nessuno litiga, nessuno provoca, nessuno bacia”.
Nemmeno Simona Ventura convince. “Lontani i tempi dell’Isola – scrivono – oggi una D’Urso la mangia a colazione”. La nostalgia corre anche per i protagonisti di ieri: “Rivogliamo il pacco di Sozio, la Fiordelisi smutandata, i personaggi veri”.
E tra un commento e l’altro arriva la sentenza che riassume tutto: “Il GF o è trash o non è niente”. Perché nel nuovo corso “puro” e senza scandali, ai telespettatori è rimasta solo una certezza: la noia non si censura, ma uccide l’audience.
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