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Cronaca

Conclave, potere e nobiltà: il futuro della Chiesa si decide anche nei palazzi dell’aristocrazia romana

Tra una cena al Circolo della Caccia e i brindisi nei palazzi nobiliari, prende forma la rete (molto mondana) dei conservatori d’Oltretevere

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    Non tutto si gioca nella Cappella Sistina. Mentre i cardinali si preparano a entrare nel conclave, a Roma si muove un’altra diplomazia, più discreta ma non meno influente. È la diplomazia dei salotti, delle dimore nobiliari, dei circoli esclusivi in cui il futuro della Chiesa si intreccia con genealogie antiche, affinità ideologiche e strategie che si decidono lontano dagli sguardi indiscreti. E non è un caso che il nome che ricorre con maggiore insistenza in queste ore, quando si parla di lobby conservatrice, sia quello della principessa Gloria von Thurn und Taxis.

    La definivano la “principessa punk” negli anni Ottanta, quando frequentava i club con cresta e abiti sgargianti. Oggi, a 65 anni, è diventata una figura chiave dell’aristocrazia cattolica più intransigente, tra messe in latino, veli neri e amicizie altolocate nella gerarchia vaticana. Il suo palazzo vicino piazza di Spagna, secondo quanto riportato dal Times e confermato da diverse fonti italiane, è stato in queste settimane un crocevia silenzioso di incontri tra porporati e influenti esponenti dell’alta società romana.

    La mappa del potere

    «Queste due settimane di preconclave sono state molto intense qui a Roma», racconta al Corriere il principe Stefano Pignatelli di Cerchiara, discendente diretto di papa Innocenzo XII. «Non penso che solo la principessa Gloria abbia aperto le porte di casa ai cardinali. Andate a chiedere al Circolo della Caccia. I soci, molti dei quali vantano almeno un Papa nell’albero genealogico, hanno organizzato incontri ad altissimo livello con i porporati, anche per tener fede alla tradizione».

    Il Circolo della Caccia, salotto privatissimo in piazza di Siena, è da sempre uno dei luoghi dove la nobiltà capitolina conserva il proprio ruolo nei gangli invisibili della vita pubblica. E in tempi di conclave, torna a essere spazio di influenza e raccordo. Non è la prima volta che accade, ma forse mai come oggi le pressioni si esercitano così apertamente, nel tentativo di arginare il vento riformatore di papa Francesco con un nuovo pontificato più allineato alle posizioni dottrinali pre-Bergoglio.

    Gloria, la vestale dei conservatori

    Gloria von Thurn und Taxis, vedova del principe Johannes XI, non è solo una figura mondana. È soprattutto una devota militante cattolica, legatissima a Joseph Ratzinger – che frequentava da cardinale – e oggi sostenitrice dei cardinali più conservatori, come l’americano Raymond Burke e il tedesco Gerhard Ludwig Müller. Entrambi, secondo il Times, sono stati ospiti abituali nel suo palazzo romano, trasformato per l’occasione in una sorta di ambasciata spirituale per i porporati tradizionalisti. La principessa, fervente frequentatrice della chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini – la roccaforte della messa tridentina in centro a Roma – è diventata, insieme all’amica Alessandra Borghese, una sorta di consigliera estetica di papa Benedetto XVI: le famose babbucce rosse, il camauro, le pellicce d’ermellino portano anche la loro firma.

    I conciliaboli (quasi) segreti

    Se è vero che nei giorni precedenti al conclave i cardinali sono tenuti a mantenere il riserbo, è altrettanto vero che i momenti conviviali – pranzi, cene, ricevimenti – diventano luoghi informali dove misurare il polso delle alleanze e testare i nomi che si fanno più insistenti. Alcuni gruppi si sono aggregati secondo criteri linguistici o geografici. I cardinali africani, ad esempio, sono stati avvistati presso la sede dei Missionari d’Africa, sulla via Aurelia, mentre quelli anglofoni – americani, canadesi, australiani e asiatici – hanno tenuto incontri riservati in vari conventi e residenze religiose.

    Il cardinale Reinhard Marx, da sempre figura di spicco tra i porporati progressisti, ha ricevuto alcuni dei 54 cardinali europei nella sede della diocesi di Monaco in viale delle Medaglie d’Oro. Ma mentre alcune delegazioni appaiono coese, il fronte italiano – con i suoi 19 elettori – si conferma ancora una volta diviso, disunito, incapace di compattarsi su un nome solo, e quindi politicamente meno incisivo rispetto al peso numerico.

    Dal conclave ai salotti: il vero voto si prepara a cena

    È nei palazzi nobiliari, nelle ambasciate, nelle case generalizie e nei seminari nazionali che si consuma in queste ore la parte più umana – e più politica – dell’attesa. I cardinali residenti a Roma, che godono di appartamenti ampi e discreti nei pressi del Vaticano, sono spesso i padroni di casa. Qualcuno si è spostato già a Casa Santa Marta, altri si aggirano con passo felpato nelle trattorie e nei chiostri più riservati. C’è anche chi, per evitare pressioni, ha scelto di soggiornare in un monastero fuori città: «Nessuno mi ha invitato a uno di questi incontri», ha dichiarato un cardinale. Ma forse non è tutta la verità.

    Il prossimo Papa sarà scelto dai cardinali nella Sistina, certo. Ma il consenso che lo porterà al soglio pontificio si costruisce anche attorno a una tavola imbandita, tra un bicchiere di rosso e una benedizione sussurrata. Ed è lì, tra arazzi, stemmi di famiglia e libri rilegati in cuoio, che si decidono non solo le sorti della Chiesa, ma anche il profilo del suo futuro: conservatore o riformatore, teologo o pastore, italiano o globale.

    Di certo, a Roma, la nobiltà cattolica ha fatto sentire ancora una volta la propria voce. Magari sotto il velo nero di una principessa ex punk che oggi, tra una messa in latino e una telefonata con Müller, guarda al futuro del Vaticano con la determinazione di chi ha trasformato il salotto di casa in un conclave parallelo.

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      Benvenuto Leone XIV, il nuovo papa che dovrà portare avanti la croce della pace

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        È il primo Papa nato negli Stati Uniti. La sua elezione rappresenta un segnale di continuità con il pontificato di Francesco e un’apertura alla Chiesa globale. Ha scelto il nome di Leone XIV.

        Habemus Papam. Dopo ore di attesa e una fumata bianca arrivata nel tardo pomeriggio, il Conclave ha scelto il nuovo Pontefice. Il cardinale statunitense Robert Francis Prevost è stato eletto Vescovo di Roma e 267esimo successore di Pietro. La folla in Piazza San Pietro ha accolto con emozione l’annuncio pronunciato dal loggione della Basilica, e il nome del nuovo Papa ha già iniziato a circolare tra i fedeli e i giornalisti presenti da ore sotto le finestre vaticane.

        Nato a Chicago il 14 settembre 1955, Prevost è un religioso agostiniano, ordinato sacerdote nel 1982. Dopo una formazione accademica solida, ha vissuto per oltre un decennio in missione in Perù, dove ha ricoperto incarichi pastorali e di governo all’interno dell’Ordine. È stato superiore della delegazione agostiniana e poi priore provinciale, prima di diventare vescovo di Chiclayo nel 2015. Da lì è stato chiamato a Roma, dove Papa Francesco lo ha voluto prima come membro e poi, nel gennaio 2023, come prefetto del Dicastero per i Vescovi: una delle posizioni più delicate della Curia romana.

        Lo scorso settembre, nel Concistoro che ha visto la nomina di 21 nuovi cardinali, Prevost è stato creato cardinale da Francesco, segno della piena fiducia del Pontefice argentino nei suoi confronti. A pochi mesi di distanza, la sua elezione a Papa conferma il suo ruolo centrale nella nuova geografia della Chiesa: un uomo del dialogo, con esperienza sul campo, ampio respiro internazionale e una conoscenza profonda delle dinamiche ecclesiali.

        Con la sua elezione, la Chiesa cattolica volta una pagina importante. Per la prima volta nella storia, il Papa è un cittadino degli Stati Uniti d’America: un evento simbolicamente potente in un’epoca in cui le tensioni geopolitiche, le sfide della secolarizzazione e le trasformazioni culturali pongono nuove domande al mondo cattolico. Prevost porta con sé la doppia identità di americano del Nord e latinoamericano d’adozione, avendo passato gran parte della sua vita in Sudamerica. Un ponte tra due mondi, due sensibilità, due esperienze ecclesiali.

        In attesa di conoscere il nome pontificale scelto dal nuovo Papa, l’attenzione si sposta ora sul suo primo Angelus, sul messaggio che vorrà dare alla Chiesa universale e sui gesti che accompagneranno l’inizio di questo nuovo pontificato. Intanto, Roma si prepara alla Messa di inizio del ministero petrino, che nei prossimi giorni vedrà convergere in San Pietro migliaia di fedeli e decine di delegazioni ufficiali da tutto il mondo.

        Nel frattempo, le campane suonano a festa. La sede vacante è finita. La Chiesa ha un nuovo pastore.

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          Il Conclave non perde ulteriormente tempo ed elegge il nuovo papa

          A sorpresa, abbiamo un nuovo papa! Nessuno si aspettava la nomina alla prima votazione ed invece… habemus papam!

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            I porporati elettori hanno eletto il nuovo Papa alla terza votazione del secondo giorno. Dopo l’attesa vana di ieri nel tardo pomeriggio, finalmente pochi istanti fa una fumata bianca ha scatenato la gioia dei fedeli presenti in Piazza San Pietro e di quelli collegati in televisione nel mondo, smentendo le ipotesi di ulteriori giorni di incertezza.

            Fumata bianca alla prima votazione

            In una svolta storica, il conclave ha eletto il nuovo Papa, segnando una delle elezioni più rapide degli ultimi secoli. La fumata bianca, salita dal comignolo della Cappella Sistina, ha annunciato al mondo l’avvenuta elezione, lasciando sbalorditi esperti e fedeli.

            Smentite le previsioni di incertezza

            Alla vigilia del conclave, molti esperti parlavano di divisioni tra i cardinali, ipotizzando giorni di votazioni incerte. E invece, fin da subito è emersa una larga convergenza su un nome considerato capace di unire anime diverse della Chiesa. Le “cordate” interne hanno trovato un equilibrio, dando vita a un’elezione che rimarrà nella storia della chiesa.

            Un Papa che promette unità e rinnovamento

            Il nuovo Pontefice, il cui nome pontificale sarà annunciato a breve, si presenta come figura di continuità spirituale ma anche di possibile innovazione. Secondo fonti vicine al conclave, la scelta sarebbe caduta su un cardinale noto per la sua apertura pastorale, il dialogo interreligioso e l’attenzione ai temi sociali.

            Un nuovo inizio

            Inizia ora un nuovo capitolo per la Chiesa di Roma, sotto la guida di un Papa scelto con rapidità, in un momento storico segnato dal desiderio di stabilità e speranza. Con l’auspicio condiviso che il fondamentale lavoro iniziato da Papa Francesco – fortemente amato ma anche osteggiato per alcune posizioni fortemente progressiste – possa trovare un convinto successore e prosecutore.

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              Conclave, l’illusione del Papa: dal comignolo fumo bianco dopo il nero e per qualche secondo San Pietro ha trattenuto il respiro

              Pochi secondi sono bastati per accendere le speranze: dalla Cappella Sistina, dopo la fumata nera delle 11:55, si è sprigionata una colonna di fumo chiaro che ha fatto illudere la piazza. Ma l’assenza delle campane ha chiarito l’equivoco. Si è trattato, probabilmente, di un errore tecnico nei fumogeni.

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                Per qualche istante, piazza San Pietro ha trattenuto il fiato. Alle 11:55 di questa mattina, quando dal comignolo della Cappella Sistina è apparsa la seconda fumata del Conclave, la colonna inizialmente scura ha lasciato presto spazio a un fumo biancastro. Un cambio di tonalità che, come in un battito d’ali, ha acceso la speranza tra i fedeli e i curiosi assiepati davanti al colonnato. Un Papa? Subito? Possibile? I telefonini hanno cominciato a filmare, gli sguardi si sono alzati, le mani si sono giunte. Ma le campane della Basilica non hanno suonato. E quella, da sempre, è la vera conferma.

                Nessuna elezione, dunque. La fumata è stata dichiarata nera, inequivocabilmente. Il piccolo “inganno” visivo – che molti hanno paragonato alle ambiguità di certe fumate del passato – sarebbe stato causato da un’imperfetta combustione dei fumogeni utilizzati per generare il fumo. Nulla di insolito, spiegano i più esperti: già in altre occasioni si era verificata una simile confusione, causata da una miscela non perfettamente calibrata.

                Il meccanismo che regola le fumate è tanto simbolico quanto tecnico. Per ogni scrutinio, i fogli delle votazioni vengono bruciati con speciali composti chimici che generano fumo nero in caso di mancata elezione e bianco in caso di esito positivo. In questo caso, probabilmente, un residuo o un ritardo nella combustione ha creato il breve ma potente equivoco.

                Così, dopo il primo fumo nero di ieri sera e quello – ambiguo – di questa mattina, il mondo attende. Il comignolo è tornato silenzioso. E la piazza, ingannata ma non scoraggiata, resta con lo sguardo fisso in alto.

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