Connect with us

Personaggi e interviste

Terence Hill torna su Rai 1: il pubblico sogna un cameo in “Don Matteo 15”

Terence Hill è uscito di scena con la tredicesima stagione, ma l’affetto del pubblico resta intatto. In rete si moltiplicano gli appelli per rivederlo anche solo per un saluto nella prossima edizione della storica fiction.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Certe presenze non si dimenticano. E anche quando si tratta di repliche, l’effetto nostalgia può fare miracoli. È quello che sta succedendo in queste sere su Rai 1, dove sono tornati in onda gli episodi della tredicesima stagione di Don Matteo, l’ultima con Terence Hill nei panni del parroco più amato della televisione italiana. Un’operazione apparentemente semplice — riempire la prima serata estiva con una fiction di successo — che si è trasformata in un piccolo evento. E che ha riacceso i riflettori sull’attore simbolo di una generazione, tanto che in rete è già partita una sorta di “campagna spontanea” per rivederlo nella quindicesima stagione della serie.

    Sui social, infatti, l’entusiasmo è palpabile. A ogni messa in onda, il nome di Terence Hill torna tra i più digitati. E c’è chi invoca a gran voce un cameo, un saluto, un passaggio simbolico nella nuova stagione, che la Rai ha già confermato ma di cui si sa ancora poco. “Sarebbe bello se per la 15esima stagione ci fosse una piccola partecipazione di Terence Hill”, scrive un utente su X (ex Twitter). Un altro parla di “emozione surreale” nel rivedere la sua figura discreta, gentile, con lo sguardo profondo e rassicurante che ha segnato intere stagioni della fiction italiana.

    Del resto, il rapporto tra l’attore e il personaggio di Don Matteo è stato ed è ancora indissolubile. Dalla prima puntata del 2000 fino al passaggio di testimone con Raoul Bova, Terence Hill ha incarnato un parroco capace di coniugare spiritualità e intuito investigativo, accompagnato da una bicicletta inseparabile e da una fede incrollabile nelle persone. Una figura iconica, entrata nell’immaginario collettivo, al punto da essere riconosciuta e apprezzata anche all’estero.

    La tredicesima stagione ha rappresentato l’uscita di scena di Terence Hill, avvenuta a metà serie, con il passaggio del testimone al nuovo Don Massimo. Un addio garbato, coerente con lo stile dell’attore: nessuna rottura, solo la voglia di chiudere in punta di piedi, dopo ventidue anni di successi. Ma per il pubblico, evidentemente, non è bastato. L’affetto per l’attore è rimasto immutato e le repliche hanno semplicemente riacceso una fiamma mai spenta.

    Anche perché, nel frattempo, Terence Hill si è allontanato dalla televisione e dalle scene italiane. Dopo Don Matteo, ha girato un film in solitaria — Il mio nome è Thomas — per poi dedicarsi alla vita privata. Ma non ha mai chiuso definitivamente la porta. Ecco perché l’ipotesi di una sua apparizione speciale nella quindicesima stagione sta prendendo sempre più piede, almeno nei desideri dei fan. Magari in una scena conclusiva, in un momento simbolico, come a suggellare un passaggio che è stato più che generazionale: culturale, emotivo, affettivo.

    Nel frattempo, il ritorno della fiction in replica è anche una mossa strategica per Rai 1. Dopo il boom ottenuto dalle repliche di Lolita Lobosco, i vertici di Viale Mazzini hanno scelto di puntare ancora su un prodotto sicuro, capace di garantire ascolti solidi e un pubblico fidelizzato. Un pubblico che non si stanca mai di rivedere il parroco di Spoleto e il suo inseparabile maresciallo Cecchini, interpretato da un travolgente Nino Frassica. Il loro rapporto — fatto di battibecchi, tenerezze e gag — è uno dei segreti del successo della serie.

    E mentre Raoul Bova prepara la nuova stagione nei panni del “Don Matteo 2.0”, la domanda resta: rivedremo Terence Hill anche solo per un saluto? Per ora nessuna conferma. Ma in un mondo dove i desideri dei fan spesso riescono a smuovere i piani alti della tv, tutto è possibile. E anche una piccola apparizione può trasformarsi in un momento da ricordare.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Personaggi e interviste

      Valentina Nappi contro Le Iene: “Accuse farlocche, Rocco Siffredi non si tocca”

      L’inchiesta de Le Iene su Rocco Siffredi continua ad accendere il dibattito. Dopo le nuove accuse di una ex attrice, Valentina Nappi scende in campo per difendere il collega: “Nel nostro settore il consenso è più tutelato che altrove. Basta con questo moralismo di ritorno”.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Nel mondo del porno, dove tutto sembra mostrato e nulla nascosto, la battaglia più feroce è oggi quella intorno alla parola più abusata e più necessaria: consenso. E al centro di questo nuovo terremoto mediatico c’è lui, Rocco Siffredi, icona internazionale dell’hard, finito sotto i riflettori non per un film, ma per un’inchiesta televisiva.

        Le Iene, nella puntata andata in onda martedì 27 maggio su Italia1, hanno rilanciato le accuse già mosse da alcune ex colleghe dell’attore, aggiungendo nuove testimonianze, tra cui quella di una ragazza che ha dichiarato senza mezzi termini: “Mi ha manipolata e poi stuprata”. Accuse gravi, pesantissime, che non hanno però lasciato tutti in silenzio. Valentina Nappi, una delle attrici più note del panorama pornografico italiano e internazionale, ha deciso di intervenire, pubblicamente e senza giri di parole.

        Lo ha fatto attraverso un video pubblicato su YouTube, dove non solo ha difeso apertamente Siffredi, ma ha anche rivolto pesanti accuse alla redazione del programma di Davide Parenti. “Le Iene stanno usando dei miei video in modo strumentale per accusare Rocco – ha detto –. La prima è una storia in cui prendo le sue parti, posso anche capire perché la stiano usando. Ma hanno preso anche un video dal mio canale YouTube che non c’entra nulla con questa storia né con questi temi, e lo hanno montato come se fosse una risposta alle accuse. È una forzatura intellettualmente disonesta”.

        E non è l’unica a puntare il dito contro quella che definisce una narrazione distorta. A detta di Nappi, anche Emily Minerba, un’altra professionista del settore, avrebbe lamentato un uso arbitrario di un vocale privato, inviato a un’amica e finito nel servizio in prima serata. “È stato montato come se fosse una dichiarazione ufficiale, ma non lo era affatto”, ha spiegato la pornostar, sottolineando come questo tipo di operazioni rischino di creare una macchina del fango che non distingue più tra testimonianza, opinione e verità.

        Il cuore della questione, secondo Valentina Nappi, è che la pornografia – nonostante tutto – è spesso più regolamentata e più attenta al consenso di molti altri ambienti di lavoro. “Nel nostro settore il consenso è più tutelato che in tutti gli altri. Più di così, l’unica tutela in più sarebbe installare telecamere fisse e fornire i video a fine giornata. Alcune produzioni già lo fanno”, afferma. Una provocazione? Forse. Ma anche un modo per rivendicare un’immagine diversa da quella che il mainstream ama proiettare: quella di un settore disordinato, dove gli abusi sarebbero la regola e non l’eccezione.

        Non mancano, nel video, bordate contro la figura di Tommie McDonald, ex attore hard oggi “pentito” e figura centrale dell’inchiesta de Le Iene. Nappi lo definisce “un moralista mascherato da salvatore delle donne” e mette in dubbio l’autenticità delle sue denunce: “Non si parla mai delle tutele che già esistono, solo di quello che fa sensazione. È un modo furbo, e forse ipocrita, di raccontare una realtà che si conosce poco o per nulla”.

        La questione, ovviamente, è delicata. Le accuse sono state mosse e meritano di essere indagate con attenzione, come ogni denuncia che riguarda comportamenti scorretti, soprusi o violenze. Ma nel gioco mediatico tra prime serate, video su YouTube e dichiarazioni che si rincorrono, rischia di andare persa la complessità. È il prezzo della visibilità. E lo è, ancor di più, quando la discussione si sposta su un terreno dove i confini tra il lecito e l’illecito, tra desiderio e abuso, tra libertà e coercizione, si fanno più labili e scivolosi.

        In attesa che la magistratura – se e quando sarà chiamata in causa – faccia il suo corso, resta il confronto. Tra chi accusa, chi difende, e chi semplicemente osserva. E nel mezzo, ci sono i corpi, i contratti, le scene, i limiti. Ma soprattutto, c’è la parola più importante di tutte: consenso. Da cui nessuno, né davanti né dietro la telecamera, può prescindere.

          Continua a leggere

          Personaggi e interviste

          Elon chi?!? Musk, il Doge del declino: da eroe a zavorra nell’universo trumpiano

          Neanche tanto tempo fa alleato insostituibile di Trump, oggi Elon Musk sembra un fantasma nell’Ala Ovest del castello. Tra cappellini “patriottici”, razzi per Marte e sondaggi impietosi, il miliardario sudafricano è passato da superstar della politica americana a “peso morto” per il presidente. E adesso? Torna al garage Tesla, ma con le orecchie basse e pochi applausi. Finisce malissimo l’avventura politica del Doge più famoso d’America.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            C’erano una volta Trump ed Elon Musk, due ego planetari e un solo Ufficio Ovale. Ma oggi, quella favola è finita. Dopo un inizio di mandato da protagonista – tra interviste sdolcinate, visite al Pentagono e motoseghe puntate sulla burocrazia – il miliardario delle auto elettriche ha fatto marcia indietro. Chiamato inizialmente a guidare il neonato Dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE), complice un consenso in picchiata e una stampa sempre più critica, Musk ha annunciato il suo “ridimensionamento politico”. Tradotto dal politichese: meno Doge, più Tesla.

            Sondaggi impietosi: il 58% degli americani dice “No, grazie”

            Secondo un sondaggio realizzato dalla Marquette University, quasi sei americani su dieci bocciano il lavoro di Musk come “efficienziatore supremo” del governo. E Trump? Inizia a prendere le distanze. L’ex presidente, abituato a scaricare collaboratori in base all’umore degli elettori, pare aver cancellato Musk dalle email e dai cuori repubblicani. Zero post su Truth Social da aprile. Come si dice in gergo web, praticamente “ghostato”.

            Da Mar-a-Lago a Green Bay: quando la politica va a rotoli, indossando strambi cappelli

            Nel suo disperato tentativo di restare rilevante, Musk ha investito milioni in campagne elettorali – tra cui quella disastrosa per la Corte Suprema del Wisconsin. Risultato? Una sonora sconfitta e una valanga di meme. Neanche il cappellone da fan dei Packers l’ha aiutato. Il popolo ha scelto: meno razzi, più reality.

            Efficienza o ecatombe? Il Doge lascia dietro sé un campo minato

            Mentre Musk gioca al piccolo statista, le agenzie federali crollano. Licenziamenti di massa, interi dipartimenti smantellati e la FEMA impreparata agli uragani. Un’apocalisse burocratica, senza neanche lo spettacolo dei razzi. Anche i repubblicani cominciano a storcere il naso: “Non è efficienza, è demolizione”, dicono. E non hanno tutti i torti.

            Trump fa pulizia: “Se sei un peso, sei fuori”

            Come ha spiegato la professoressa Wendy Schiller, Trump non tollera zavorre di nessun tipo nel suo entourage. E quando Musk è passato da “alleato brillante” a “scusa per i sondaggi in calo”, è stato scaricato come una batteria esaurita. L’impero del Doge vacilla e il tycoon, come da manuale, ne prende le distanze.

            Musk torna a casa. Con meno potere e meno amici

            Dopo aver flirtato con il potere, Elon Musk rientra nei ranghi. Meno visibilità, meno politica, più problemi da risolvere nelle sue aziende. Una parabola in politica durata meno di una ricarica rapida, ora persino i repubblicani sembrano chiedergli di fare quello che sa fare meglio: parlare di spazio, non di Stato.

              Continua a leggere

              Personaggi e interviste

              Bello, famoso, buddista ed elegantemente… anti-trumpiano: Richard Gere a Milano (gallery)

              Quando Richard Gere arriva in città, non è mai solo una proiezione cinematografica. Milano si è trasformata in teatro di un evento unico, che ha unito spiritualità, impegno civile e… frecciate ben assestate. L’occasione? L’anteprima del documentario “La saggezza della felicità” (Wisdom of Happiness), dedicato alla figura del Dalai Lama e prodotto proprio da Gere. Ma l’evento, al quale ha partecipato anche LaCity Mag, è diventato ben presto anche un’occasione per un attacco diretto all’ex presidente americano Donald Trump.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                L’attore hollywoodiano infiamma l’Anteo e il dibattito politico: tra la saggezza tibetana e le critiche a Donald Trump, il pubblico milanese applaude con il cuore e con la coscienza. Durante l’incontro non ha usato mezzi termini: «Sono americano, e in questo momento nel mio Paese abbiamo un leader con una bassa intelligenza emotiva… e sto scegliendo le parole più gentili». Un colpo diretto, pronunciato con il sorriso sornione di chi sa bene di star dicendo una verità scomoda ma condivisa. Le parole di Gere, come sempre, mescolano attivismo e umanità, tra compassione buddhista e pugni (verbali) ben assestati.

                Il potere della gentilezza… e dell’indignazione

                Ma non si è trattato solo di attacchi personali. L’attore ha dipinto un affresco più ampio: «Abbiamo bisogno di una cultura dell’onestà, della compassione, perché non siamo isole: siamo interconnessi». Una dichiarazione che suona come manifesto per un’umanità stanca di leader divisivi, ma ancora capace di ribellarsi con eleganza.

                Applausi per il coraggio di Gaza

                In un momento toccante dell’incontro, Gere ha chiesto al pubblico un pensiero per Gaza: «Io e mia moglie ne parliamo da ore. Facciamo un applauso per Gaza». La risposta della sala è stata calda, commossa, intensa. Come se anche il cinema, per una sera, potesse davvero cambiare qualcosa.

                “Siamo meglio di così”: un richiamo all’azione

                Il messaggio finale? Un invito a non restare immobili: «Siamo in un momento buio. Serve coraggio, serve agire con grazia e lucidità. Non accetterò il mondo così com’è. Non mi sacrificherò a questa violenza». Un invito alla resistenza etica, lontano da qualsiasi comizio ma potente come una scena madre di un film impegnato.

                Il Dalai Lama? Un gigante. Ma ora tocca a noi

                La riflessione sull’anziano leader spirituale diventa monito collettivo: «Ha 90 anni e si sveglia alle 3 per meditare. Quando non ci sarà più, dovremo diventare noi gli eroi. È il nostro turno». Un finale che sa di chiamata alle armi… morali, ovviamente.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù