Lifestyle
Il fenomeno del “bagno muto”: spiagge dove non si può parlare
Altro che baby dance e racchettoni. Sulle spiagge del silenzio, se dici anche solo “ciao”, ti guardano come se avessi bestemmiato.

La sabbia è fine, il mare calmo. Ma il vero miracolo è che non si sente volare una mosca. Niente bimbi che urlano “mammaaaa”, niente risposte in caps lock dei papà esasperati, niente ruspe da spiaggia, venditori di cocco o radio che sparano Jovanotti. È il paradiso? No, è il nuovo “bagno muto”, una delle tendenze balneari più radical chic dell’estate 2025.
L’idea è semplice: spiagge dove è vietato parlare ad alta voce. Una specie di asilo zen per adulti stressati che non vogliono sentire neppure la propria voce. Vietati cellulari, giochi, altoparlanti, urletti, sghignazzi e persino le chiacchiere da ombrellone. Se vuoi dir qualcosa, sussurra. O meglio, non dirla.
A lanciare la moda, una manciata di lidi tra Toscana e Puglia. Poi il trend è esploso: i “bagni silenziosi” sono arrivati in Liguria, in Sicilia e perfino sul lago di Como. Unico rumore ammesso: il fruscio del vento e le onde che accarezzano gli scogli. Una specie di Spotify naturale, versione premium.
«Ho scoperto il silenzio, e non torno più indietro», dice Serena, 36 anni, manager milanese che ha fatto voto di mutismo per l’intera settimana. «Non ho neanche litigato con mio marito. Un miracolo».
Ma non tutti sono d’accordo: «A me ‘sta moda pare una roba da setta», mugugna Gigi, bagnante romagnolo. «Io vado al mare per vivere, non per fare il pesce muto».
E in effetti, i bagni del silenzio non sono per tutti. Niente discussioni, niente selfie gridati, niente “Metti l’asciugamano lì!” urlato con la vena sul collo. Una giornata intera così, per alcuni, è un incubo.
Ma per altri è quasi un’esperienza mistica. “Finalmente ho ascoltato i miei pensieri”, ha scritto qualcuno su Instagram (rigorosamente in silenzio).
Certo, il rischio che si prenda troppo sul serio c’è. Ma se il bagno muto serve almeno a liberarci da una giornata di vociare, forse ben venga.
A patto di non portarsi dietro i figli. Perché convincere un bambino a non parlare al mare… quello sì che è davvero fantascienza.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Cocktail & Wine
Aperitivi solidi, affumicati e da mangiare col cucchiaino: le nuove mode da happy hour (che fanno anche un po’ ridere)
C’è chi lo serve in forma di mousse, chi lo affumica sotto campane di vetro, chi lo trasforma in spume salate al gusto di Negroni. Il confine tra food design e baracconata è sempre più sottile. Ma tanto basta che sia Instagrammabile.

Altro che noccioline e patatine. L’aperitivo dell’estate 2025 ha cambiato forma, consistenza e perfino temperatura. Oggi si gusta con il cucchiaino, si addenta con forchettine d’argento o si scopre sollevando una campana di vetro piena di fumo aromatico. E no, non è una gag.
Il nuovo mantra dei locali di tendenza è: trasformare il drink in un’esperienza multisensoriale. Tradotto: al posto del cocktail ti arriva un cubo gelatinizzato di Campari e vermouth, servito su un piattino minimal. Lo mordi e… boh. Forse è buono. Sicuramente è strano.
A Milano c’è chi propone il “Gin Tonic destrutturato”: gin in spuma, tonic in cialda, limone in vapore. A Torino impazza il “Martini solido” servito su cucchiaini di acciaio criogenico. E a Roma, zona Pigneto, l’ultima ossessione è il “Negroni affumicato ai legni di arancia amara”, presentato sotto vetro come fosse una reliquia. L’idea è geniale. Il gusto un po’ meno.
Ovunque, l’aperitivo è diventato un ibrido tra cucina molecolare e teatro sperimentale. Meno bevi, più guardi. Meno chiacchieri, più filmi. E soprattutto: più paghi. Un cocktail solido, oggi, può costarti anche 14 euro. Ma vuoi mettere la soddisfazione di dire “me lo sono mangiato”?
Gli chef-bartender, nel frattempo, si atteggiano a stregoni del gusto, mescolando alcolici con agar-agar, aria di basilico e fumo di ginepro. I clienti si dividono tra chi finge entusiasmo e chi, segretamente, sogna un prosecchino con due olive.
Eppure la moda dilaga. Perché l’aperitivo, ormai, è un contenuto. Deve stupire, scioccare, spiazzare. Anche se poi, quando esci dal locale, l’unico pensiero è: “Mi fermo al bar sotto casa per un bianco fermo”.
Ma va bene così. L’estate è anche questo: esperimenti, sorrisi tirati, e cocktail che ti guardano mentre li guardi.
Cucina
Sushi al pesto, tartufo e bufala: le follie gastronomiche dell’estate italiana
Dai maki al pesto ai nigiri con burrata, passando per uramaki al tartufo nero e tempura di babà: l’estate 2025 è il trionfo della contaminazione gastronomica. L’obiettivo? Far impazzire turisti, influencer e algoritmi. Anche a costo di far venire il mal di pancia al buon gusto.

Il sushi non è più quello di una volta. E in fondo, forse è giusto così: chi ha detto che il riso deve stare con il pesce crudo, la soia e il wasabi? L’estate 2025 ha sdoganato la versione italica del sushi con una creatività che definire ardita è un eufemismo.
Il tour comincia a Portofino, dove lo “chef creativo” del momento serve un roll pesto e pinoli con topping di burrata. “Omaggio alla Liguria”, dicono. “Insulto alla gastronomia”, rispondono i puristi. Il colore verde acceso dell’alga nori che si fonde col verde più spento del pesto ricorda vagamente l’albero di Natale. A Ferragosto.
Spostiamoci a Positano, dove il sushi roll con alici di Cetara e mozzarella di bufala campana fa impazzire TikTok. I turisti tedeschi ci mettono sopra il ketchup, quelli americani fanno “wow”. Il sommelier abbina un prosecco con nota di ananas e il gioco è fatto. L’Asia può attendere.
Ma il premio per la più spregiudicata invenzione dell’anno va a un locale di Assisi, dove il “Sushufolo” – roll di riso con carpaccio di fassona, crema di tartufo nero e scaglie di pecorino – è l’ultimo sacrilegio in menù. Servito su pietra calda, accompagnato da una ciotolina di vin santo. Il Giappone ha chiesto l’estradizione.
A Milano, invece, il “fusion estremo” è una religione. In zona Navigli, un locale propone “sushi carbonara”, con guanciale croccante e uovo a bassa temperatura. Si mangia rigorosamente con le bacchette. E con gli occhi chiusi.
Ovviamente, i social impazziscono: reels, stories, TikTok pieni di bocche aperte, occhi stupiti e didascalie con hashtag tipo #SushItalia o #NigiriColParmigiano. Il confine tra genialità e delirio gastronomico è sempre più sottile. E spesso condito con l’olio al tartufo.
La morale? Nessuna. Se non quella, forse, che l’estate è lunga, gli stomaci forti e il like facile. Nel dubbio, tenete a portata di mano un antiacido. E magari un onigiri vero.
Auto e moto
Dua Lipa mette all’asta la sua Porsche personalizzata: il ricavato per aiutare i giovani in Kosovo
Design firmato Dua Lipa, colori fluo e prestazioni da pista: l’esclusiva Porsche GT3 RS è all’asta per finanziare la Sunny Hill Foundation, che sostiene arte e istruzione in Kosovo. Un mix di glamour, beneficenza e velocità.

Dalle passerelle ai box, dai palchi agli autodromi: Dua Lipa non si ferma mai. E ora lo fa anche a bordo di una Porsche. Ma non una qualsiasi: una 911 GT3 RS disegnata da lei in persona, con livrea verde acceso e dettagli arancio, rosso e nero. Un bolide da urlo che la popstar ha svelato al Goodwood Festival of Speed, prima di annunciare la sua messa all’asta.
L’obiettivo? Sostenere i giovani del Kosovo, il suo Paese d’origine, attraverso la Sunny Hill Foundation. Il ricavato sarà infatti destinato a borse di studio e programmi di sviluppo artistico e formativo, in particolare per le ragazze nei settori STEM.
L’auto, battuta da RM Sotheby’s fino al 31 luglio, è già un pezzo da collezione. Non solo per il design personalizzato dalla cantante, ma anche per gli optional da sogno: pacchetto “Weissach”, freni in ceramica composita, cerchi in magnesio e componenti in fibra di carbonio che la rendono 22 kg più leggera del modello standard.
“La GT3 RS l’ho guidata in due posti davvero speciali”, ha raccontato Lipa a Goodwood. “Sono felice che possa ora aiutare tanti giovani a realizzare i loro sogni, proprio come è successo a me”.
Un mix perfetto di beneficenza, musica e velocità. E un’occasione unica per aggiudicarsi una supercar… con l’autografo pop.
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