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Benessere

Google è il mio medico: come diventare un esperto di malattie immaginarie!

Il facile accesso alle informazioni mediche ha dato origine a un fenomeno di ipocondria alimentata dalla consultazione compulsiva di siti web, per autodiagnosticare sintomi e malattie. È un fenomeno in crescita, è un desiderio di comprendere e controllare la nostra salute attraverso l’informazione online.

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    Cos’è la Cybercondria?

    La cybercondria è un fenomeno crescente che si verifica quando le persone, dopo aver cercato sintomi medici online, sviluppano un’ansia eccessiva riguardo alla loro salute. Questo termine combina “cyber,” relativo all’uso di Internet, e “ipocondria,” che descrive un disturbo d’ansia caratterizzato da preoccupazioni infondate sulla propria condizione fisica.

    Sebbene Internet fornisca un accesso immediato a un’enorme quantità di informazioni mediche, è fondamentale riconoscerne i limiti. La ricerca online può risultare travolgente, con risultati che spaziano da condizioni banali a malattie gravi per gli stessi sintomi. Questa abbondanza di informazioni può portare a conclusioni errate e all’aumento dell’ansia, poiché gli utenti tendono a dare maggiore peso alle informazioni che confermano le loro paure preesistenti.

    Conseguenze della Cybercondria

    La convinzione di avere una grave malattia può avere effetti devastanti sulla salute mentale e fisica. Le persone affette da cybercondria possono:
    Sottoporsi a visite mediche e test diagnostici non necessari, causando un sovraccarico del sistema sanitario.
    Evitare di cercare aiuto medico per paura di diagnosi spaventose, ritardando trattamenti essenziali.
    Influenza negativa sulle relazioni personali e professionali, poiché l’ansia può diventare opprimente.

    Come Gestire la Cybercondria

    1. Educazione e Consapevolezza: È essenziale informarsi sui pericoli dell’autodiagnosi online e comprendere l’importanza di consultare un professionista della salute per una diagnosi accurata.
    2. Utilizzare Fonti Affidabili: Scegliere solo siti web di salute con informazioni validate e sottoscritte da esperti del settore. Organizzazioni come OMS o enti sanitari governativi possono fornire risorse utili.
    3. Consultare Professionisti della Salute: Non esitare a parlare con un medico riguardo ai sintomi e alle preoccupazioni. Solo un professionista può offrire un giudizio clinico informato.
    4. Terapia Cognitivo-Comportamentale: In alcuni casi, la terapia può essere efficace nel gestire l’ansia e i comportamenti compulsivi associati alla cybercondria, aiutando a interpretare correttamente i sintomi.
    5. Limitare le Ricerche Online: Stabilire dei limiti al tempo trascorso a cercare informazioni sui sintomi può contribuire a ridurre l’ansia.

    L’uso responsabile delle risorse online è fondamentale per mantenere un buon stato di salute mentale. Riconoscere i limiti di Internet e affidarsi ai professionisti della salute è il primo passo verso un benessere duraturo. Se senti di essere colpito dalla cybercondria, non esitare a chiedere aiuto: la tua salute è importante!

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      Benessere

      Camminare sulla sabbia, respirare il mare: così il sole ci fa bene (anche senza abbronzarci)

      Esporsi al sole con moderazione – senza esagerare né inseguire la tintarella a tutti i costi – resta una delle pratiche più semplici ed efficaci per migliorare umore, metabolismo, ossa e perfino qualità del sonno. La spiaggia, insomma, è una palestra naturale per il benessere quotidiano

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        Nessuna idolatria dell’abbronzatura, nessuna gara al colorito più tostato dell’estate. Eppure, sotto il sole, il nostro corpo si rigenera. Letteralmente. E lo fa grazie a una serie di meccanismi che la scienza conferma da tempo, anche se spesso ce li dimentichiamo.

        Il primo beneficio è noto ma sottovalutato: la produzione di vitamina D. Bastano 15-20 minuti al giorno di esposizione (braccia e gambe scoperte) per stimolare la sintesi di questa vitamina fondamentale per le ossa, il sistema immunitario, il cuore e il cervello. E no, integratori e alimenti non bastano: la fonte principale resta il sole.

        Poi c’è l’effetto antidepressivo della luce solare: stimola la produzione di serotonina, l’ormone del benessere, che agisce come un naturale stabilizzatore dell’umore. Non è un caso se la spiaggia, anche solo per una passeggiata, ha un impatto quasi terapeutico su chi soffre di stress, ansia o depressione stagionale.

        E ancora: la luce solare regola il ritmo circadiano, cioè il nostro orologio interno. Esporsi alla luce naturale nelle prime ore del giorno aiuta a riequilibrare il ciclo sonno-veglia e a dormire meglio la notte. Perfino chi soffre di insonnia cronica può trarne beneficio.

        Camminare a piedi nudi sulla sabbia, magari con l’acqua che accarezza le caviglie, aiuta anche la circolazione e stimola i muscoli posturali. È una sorta di massaggio plantare naturale che migliora l’equilibrio e la sensibilità corporea.

        Il sole fa bene anche alla pelle, a piccole dosi: in alcuni casi può migliorare condizioni come la psoriasi, l’acne o la dermatite atopica. L’importante è non esagerare, usare sempre protezione e scegliere le ore giuste, evitando quelle centrali.

        Infine, c’è il beneficio meno quantificabile ma più potente: quello psicologico. Il mare, la sabbia, il calore sulla pelle creano una dimensione di benessere profondo, quasi arcaico. Non serve “cuocersi” per ore. Basta lasciarsi attraversare dalla luce. E respirare.

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          Benessere

          Stacca, respira, cammina: il potere della lentezza in un mondo che corre

          Psicologi e coach lo ripetono da mesi: serve rallentare. E per stare meglio, a volte basta fare meno, dormire di più e concedersi una passeggiata senza meta

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            Siamo entrati nell’estate con i nervi a pezzi. Dicono che sia la stagione del relax, delle pause, della leggerezza. Ma per molti – troppi – è solo un altro capitolo di un libro già faticoso: quello del burnout permanente. Lavoro da finire prima di partire, figli da gestire h24, vacanze da organizzare come un evento aziendale. E quando si arriva finalmente al mare, o in montagna, o anche solo al weekend, si è talmente stanchi da non sapere nemmeno più cosa voglia dire “rilassarsi”.

            Eppure, il nostro corpo lo sa. Il nostro cervello lo sa. Ce lo chiede da tempo, con segnali che ignoriamo finché non diventano mal di testa, insonnia, irritabilità o quella stanchezza che non se ne va neanche dopo dieci ore di sonno. Perché non è il corpo ad essere sfinito, è la mente. E l’unica vera cura – ormai lo dicono anche le neuroscienze – è rallentare. Ma sul serio.

            La buona notizia è che rallentare non significa scomparire nel deserto per settimane. Né fuggire su un’isola greca con il cellulare spento (anche se, diciamolo, sarebbe magnifico). A volte basta molto meno. Bastano micro-pause consapevoli: una passeggiata lenta senza auricolari. Un pranzo senza scrollare lo smartphone. Un bagno caldo senza interruzioni. Un pomeriggio sul divano senza sensi di colpa. O anche solo cinque minuti per chiudere gli occhi e respirare, davvero, come se ogni respiro fosse un atto di cura.

            Le chiamano “vacanze mentali”, e sono diventate un’ancora di salvezza per chi non può permettersi un mese alle Maldive ma ha urgente bisogno di recuperare lucidità e benessere. I terapeuti lo spiegano chiaramente: il cervello ha bisogno di vuoto. Di tempi morti, di riposo attivo. Di attività lente, ripetitive, prive di scopo. Una camminata in mezzo al verde. Un puzzle. Lavorare a maglia. Annaffiare le piante. Fare il pane. Piccoli riti che sembrano inutili ma nutrono la mente.

            Ecco perché sempre più persone scelgono vacanze diverse, in luoghi silenziosi, magari senza connessione. O si regalano ritiri di meditazione, soggiorni in agriturismi senza Wi-Fi, persino weekend in silenzio totale. Non per moda, ma per necessità. Per sentire di nuovo la propria voce interiore, soffocata dai mille stimoli di ogni giorno.

            Secondo uno studio dell’Università di Harvard, le persone che praticano consapevolmente la lentezza – anche solo per 30 minuti al giorno – ridimensionano l’ansia del 40%, migliorano la qualità del sonno e aumentano la capacità di concentrazione. Non serve diventare asceti o esperti di mindfulness: basta iniziare da piccoli gesti. Spegnere le notifiche. Uscire senza meta. Dire qualche “no” in più. E smettere di credere che la produttività sia l’unico metro con cui misurare il nostro valore.

            L’estate, con il suo sole impietoso e le sue aspettative altissime, può diventare una trappola. Ma può anche essere un’occasione. Un momento per fare pace con la lentezza, quella vera. Perché fermarsi non è fallire. È respirare, ricentrarsi, tornare a sé.

            E magari scoprire che non serve cambiare continente per ritrovare un po’ di serenità. A volte basta camminare piano, in una strada familiare, senza fretta. Guardare le cose che ci sono sempre state. Lasciar andare quello che ci pesa. E concedersi il lusso – raro, prezioso, rivoluzionario – di non fare nulla.

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              Benessere

              Camminare tra i boschi fa bene al corpo e alla mente: perché le passeggiate in montagna sono il rimedio estivo perfetto

              Fare trekking o anche solo camminare lentamente tra alberi e ruscelli non è solo un passatempo estivo, ma un vero alleato per il benessere psico-fisico. Ecco perché ogni passo in montagna ci fa sentire subito meglio.

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                C’è chi sogna la spiaggia, chi il silenzio delle vette. E chi ha capito che, d’estate, le passeggiate in montagna sono il modo più semplice per ritrovare se stessi. Camminare tra pini, faggi, prati fioriti e sentieri che si arrampicano dolcemente verso l’azzurro fa bene. Non solo perché si bruciano calorie, ma perché si sciolgono i pensieri, si regolarizza il sonno e si ricaricano le batterie interiori.

                I benefici di camminare in montagna sono molteplici e immediati. Primo: si abbassa la pressione, si migliora la circolazione e si tonificano gambe e glutei. Secondo: si stimola la produzione di endorfine, gli ormoni del buonumore. Terzo: ci si riconnette con la natura, quella vera, che non urla, non lampeggia e non vibra in tasca.

                Bastano 40 minuti di camminata nei boschi, secondo uno studio dell’Università di Kyoto, per ridurre i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. E chi prova l’esperienza del “forest bathing”, l’immersione consapevole tra gli alberi, racconta una sensazione di leggerezza difficile da spiegare.

                In più, camminare all’ombra degli abeti è un’ottima alternativa per chi soffre il caldo: a mille metri, la temperatura può scendere anche di dieci gradi rispetto alla città. E mentre i muscoli si muovono, la mente si quieta. Perché il sentiero non impone risultati, ma offre orizzonti. E insegna che il vero traguardo è il tragitto.

                Che sia una camminata lenta tra i larici, un’escursione con bastoncini da nordic walking o una semplice salita al rifugio per un piatto caldo e una vista mozzafiato, poco importa: la montagna fa bene. E d’estate, è l’antidoto più naturale contro stress, sedentarietà e temperature che non danno tregua.

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