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Alessandro Piva una vita architettonica

“Ho scelto architettura ma volevo studiare filosofia”. Dice ma aveva una grande passione per il disegno e quindi scelse la facoltà che dal punto di vista professionale gli dava maggiori chances rispetto all’Accademia di Belle Arti. “Mi sono trasferito a Milano dove ho potuto lavorare nello studio di Umberto Riva specializzandomi in architettura d’interni”.

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Alessandro Piva architetto

    Nato in provincia di Vicenza, ha studiato IUAV di Venezia, istituto universitario di architettura di Venezia con Umberto Riva e si è laureato nel 1994 in progettazione architettonica. Alessandro Piva (classe 1965), architetto e designer, insegna al Polimi, Dipartimento del Design, come professore a contratto. Da qualche anno è tornato a Vicenza ma, oltre all’insegnamento alla Bovisa, ha continuato a mantenere forti legami con il capoluogo lombardo.

    Ho scelto architettura ma volevo studiare filosofia”. Dice ma aveva una grande passione per il disegno e quindi scelse la facoltà che dal punto di vista professionale gli dava maggiori chances rispetto all’Accademia di Belle Arti. “Mi sono trasferito a Milano dove ho potuto lavorare nello studio di Umberto Riva specializzandomi in architettura d’interni“.

    Dove aveva conosciuto Riva?

    “Avevo conosciuto Riva a Thiene perché lì lavorava Lino Contin, falegname specializzato e apprezzato in tutta la Milano del design, da Carlo Scarpa a Franco Albini, il progettista della Matropolitana Milanese. Quando il Contin aveva dei lavori che gli passava Riva, mi chiamava per farmeli vedere, visionare i dettagli, poter carpire quei particolari che richiedevano manualità e una artigianalità spiccata. Insomma nella sua bottega laboratorio di alta falegnameria c’era solo da imparare”.

    Entra nello studio di Riva e inizia il suo praticantato

    Affitta un appartamento da single. “Nel 1995 Milano era quella da bere. Avevo l’impressione che ci fosse molta dinamicità. Euforia nell’organizzazione di eventi e mostre. Era una città molto vivace, forse era anche più inclusiva. Oggi la vedo più efficiente e organizzata rispetto alla metà degli anni ’90. Nei servizi si percepisce una efficienza maggiore a discapito del costo della vita, delle abitazioni e delle case, schizzato alle stelle. Oggi mi sembra meno aperta dal punto di vista economico se si viene da fuori e si vuole iniziare a lavorare”.

    Nel capoluogo lombardo Alessandro c’è rimasto fino al 2004 quando nasce suo figlio. Sua moglie, laureata in storia dell’arte, allora lavorava per la Fondazione Danese che collaborava con diversi design, “oggi rilevata dalla moglie del proprietario di Artemide“. Il fatto di aver lavorato con grossi professionisti di fama internazionali ha permesso a Piva di costruirsi una immagine professionale di un certo livello. “Un passepartout importante”, dice. “Oggi come ieri i meccanismi ottenere committenze di valore a Milano sono sempre gli stessi. Se si hanno contatti con le aziende è semplice proporre dei progetti. Il percorso di un designer è assai difficile se non si hanno le giuste conoscenze”.

    Come mai avete scelto di lasciare Milano e tornare a Vicenza?

    A causa delle difficoltà incontrate tutti i giorni nella gestione di un figlio. A Vicenza la vita è più tranquilla e organizzata. Da allora ho continuato a fare avanti e indietro tra le due città”. Oggi Piva gestisce corsi semestrali organizzando laboratori per lo sviluppo della tesi di laurea. “Se pensiamo ai fenomeni urbanistici che hanno coinvolto Milano da prima dell’Expo a oggi, stravolgimenti che hanno cambiato il volto percepito di Milano dal Bosco Verticale, alla nuova Fiera Portello, alle belle cose fatte dall’architetto Zaha Adid, alla zona di viale Padova, al Garibaldi, possiamo dire che ora la città è irriconoscibile. E’ migliorata parecchio”.

    Quindi rimpiange la Milano degli archistar?

    Quello dell’archistar è un concetto legato agli anni 2000 per cercare di nobilitare il prodotto di design. Il fatto che una operazione sia seguita da un nome offre una garanzia ulteriore sulla bontà del prodotto. Ma quel messaggio oggi è tramontando. A metà degli anni ‘90 la committenza milanese era costituita principalmente da privati che avevano precise esigenze, con richieste non molto diverse da quella vicentina. La committenza milanese direi che è più ‘educata’ rispetto all’architettura d’interni. Oggi è palpabile una minore disponibilità economica, c’è una minore propensione ad affrontare certe spese e a indebitarsi. Certo chi vent’anni fa aveva disponibilità economiche ce le ha ancora oggi e può permettersi anche l’architetto famoso che viene vissuto come una garanzia. In sintesi continuo a percepire la città come un grande bacino di opportunità. A livello culturale esiste una tale concentrazione di fondazioni, organizzazioni, eventi che difficilmente si ritrovano nel resto del Paese”.

    Milano offre ancora possibilità ai giovani che la scelgono per studiare e specializzarsi?

    Penso proprio di sì. A Milano un giovane volenteroso che voglia farsi spazio in ogni campo professionale, ha diverse opportunità. La città offre potenzialità quasi illimitate. Negli ultimi decenni, inoltre, la città ha ri-svelato e rimesso in moto aspetti che aveva dimenticato ma che fanno parte della sua tradizione. Insomma il suo vero volto. Ha fatto emergere fenomeni di volontariato, welfare, assistenza, movimenti e associazione caritatevoli. E’ riemersa la sua vocazione molto attenta al sociale e alla carità. Oggi riesce a tradurre questa sua propensione in atti pratici e molto concreti. Anche se gli spazi di manovra si stanno restringendo perché l’economia nazionale e mondiale non aiuta.

    E dal punto di vista sociale e ricreativo che cambiamenti ha riscontrato?

    Milano ormai è diventato un parco giochi come Venezia, sono due facce della stessa medaglia, del turismo mordi e fuggi. Magari a Venezia museo a cielo aperto, il turismo è più inconsapevole rispetto alle cose da vedere e come vederle.

      Moda e modi

      Vuoi un look dall’effetto wow? Scopri il segreto del “top model blowout”

      Ricordi i magnifici anni ’90, quando icone come Cindy Crawford, Veronica Webb e Claudia Schiffer sfoggiavano capelli voluminosi e pieni di vita? Quel look iconico è ora tornato di moda, portando un tocco di glamour retrò al tuo stile.

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        Dopo un decennio di minimalismo, lo scoppio degli anni ’90 è tornato in voga con una potenza rinnovata. Questo stile, definito “90s fluffy hair”, sta conquistando il mondo della bellezza.

        Cos’è uno “top model blowout”?

        Ricorda i magnifici anni ’90, quando icone come Cindy Crawford, Veronica Webb e Claudia Schiffer sfoggiavano capelli voluminosi e pieni di vita. Quel look iconico è ora tornato di moda, portando un tocco di glamour retrò al tuo stile.

        Linda Evangelista, Cindy Crawford, Naomi Campbell e Christy Turlington

        Preparare i capelli per l’acconciatura anni ’90

        Prima di utilizzare qualsiasi strumento caldo, è essenziale preparare adeguatamente i tuoi capelli per ottenere il massimo effetto. Segui questi passaggi per una base perfetta:

        1. Lavaggio e condizionamento: Utilizza uno shampoo e un balsamo volumizzanti per creare una base adatta. È fondamentale che i tuoi capelli siano puliti e ben idratati prima di iniziare lo styling.
        2. Protezione termica: Applica un prodotto termoprotettore su tutta la chioma per proteggere i capelli dal calore e ridurre i danni causati dagli strumenti di styling.
        3. Styling: Usa una mousse volumizzante per capelli fini o uno spray volumizzante per capelli medi o spessi. Questi prodotti aiutano a dare sostegno e corpo ai tuoi capelli, preparandoli per lo styling.

        Come ottenere il “top model blowout”

        Segui questi passaggi per creare uno scoppio vivace e voluminoso che ti farà sentire come una top model degli anni ’90:

        1. Seziona i capelli: Dividi i capelli in sezioni da due a tre pollici, iniziando dalla nuca.
        2. Asciugatura con spazzola rotonda: Utilizza una spazzola rotonda per asciugare i capelli verso l’alto, creando volume alla radice e movimento alle punte.
        3. Fissaggio con clip: Dopo aver asciugato ogni sezione, arrotola i capelli con le dita e fissali con una clip a becco d’anatra. Questo aiuta a mantenere la forma e il volume mentre i capelli si raffreddano.
        4. Rilascia i riccioli: Una volta che i capelli sono completamente asciutti, rimuovi le clip e rastrella i riccioli con le dita per un look più naturale e morbido.
        5. Lacca a tenuta forte: Spruzza una lacca a tenuta forte su tutta la chioma per fissare lo styling e garantire che il tuo Blowout rimanga intatto tutto il giorno.

        Per una maggiore facilità e versatilità, considera l’utilizzo di una spazzola calda avanzata. Questi strumenti combinano l’asciugatura, la lisciatura e la modellatura dei capelli in un unico passaggio, risparmiando tempo e sforzi nella tua routine di styling.

        Qual è la migliore spazzola calda per te?

        Scegli una spazzola calda con setole adatte alla lunghezza e alla texture dei tuoi capelli. Opta per una temperatura più bassa per capelli fini e delicati, mentre i capelli spessi possono richiedere una temperatura più alta per uno styling ottimale.

        Ricorda sempre di proteggere i tuoi capelli con un protettore termico prima di utilizzare qualsiasi strumento caldo. Con i giusti prodotti e strumenti, puoi ottenere un blowout da top model in pochi semplici passaggi!

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          Sonar: tra suoni e visioni

          Fai buon viaggio John…

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            Mio padre me lo diceva sempre: “Non ti affezionare troppo ai tuoi idoli perchè, con buona probabilità, li vedrai morire tutti”. Ieri unn’altra leggenda della musica internazionale è venuta a mancare. John Mayall, leggendario frontman della band Bluesbreakers, noto come “il padrino del British Blues”, è scomparso all’età di 90 anni nella sua casa di Los Angeles, California. La famiglia ha annunciato la sua scomparsa con un post sui social media, citando problemi di salute che avevano già costretto Mayall a interrompere la sua lunga carriera di tournée.

            Il crocevia Bluesbreakers

            Classe 1933 di Macclesfield, vicino Manchester, Mayall è stato un vero e proprio pioniere del blues britannico. La sua carriera musicale iniziò nel 1956 con The Powerhouse Four, per poi proseguire con The Blues Syndicate. Nel 1963, fondò i Bluesbreakers, una band che ben presto si trasformò in una vera e propria scuola per numerose future superstar del rock. I Bluesbreakers hanno visto passare tra le loro fila musicisti del calibro di Eric Clapton, Jack Bruce, Mick Fleetwood, John McVie, Peter Green, Harvey Mandel, Larry Taylor, Jon Mark, John Almond e, come dicevo poc’anzi, anche Mick Taylor. Tutti artisti che hanno poi raggiunto fama mondiale con band come Cream, Fleetwood Mac, Rolling Stones, Canned Heat e Mark-Almond Band.

            Una figura fondamentale

            Mayall ha rappresentato una personalità imprescindibile nello sviluppo del rhythm and blues urbano in stile Chicago, contribuendo fattivamente alla rinascita del blues alla fine degli anni Sessanta, ispirando generazioni di musicisti e amanti del blues a venire. Nonostante i problemi di salute che hanno segnato gli ultimi anni della sua vita, ha continuato a influenzare il mondo della musica con la sua incredibile passione e dedizione assoluta.

            Ricordo personale

            Dal vivo sono riuscito a vederlo una volta sola, era il 1982. Teatro Tenda Lampugnano di Milano, un luogo infelice per la musica, praticamente una struttura da circo con un’acustica orrenda ma, ai tempi, quello passava Milano. Da qualche parte del caos che regna nel mio studio devo avere ancora il biglietto, si trattava esattamente del 26 novembre (leggete qui la scaletta dello show). In quella formazione dei Bluesbreakers che lo accompagnava spiccava come special guest della serata un certo Mick Taylor (ex Stones) alla chitarra. Io ero un ragazzino, accanto a me fra il pubblico un signore molto anziano, alto e dritto come un fuso, t-shirt e jeans, mostrava di divertirsi parecchio. Ricordo che pensai: da vecchio voglio essere esattamente così! Quel tizio sconosciuto ora, presso il Paradiso del Blues, starà facendo la fila per un tuo autografo, caro John… Riposa in pace.

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              In primo piano

              Quando la burocrazia uccide il buonsenso e la pietà

              Due bambini, tra cui il figlio dello scrivente, sono stati esclusi senza motivazione chiara da una gita organizzata dal Centro Estivo del Comune di Assago, creando in loro un profondo senso di smarrimento e delusione. Quando le regole diventano disumane.

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                Il mio impegno giornalistico per l’affermazione dei diritti umani, in particolare dei diritti dell’infanzia, mi spinge a denunciare un grave episodio di discriminazione accaduto a due bambini esclusi da una gita a Varazze, organizzata dal Centro Estivo del Comune di Assago dal 1 al 6 luglio 2024. Una denuncia di cui mi prendo ogni responsabilità in prima persona.

                Esclusione Ingiustificata

                È noto che i bambini incarnano tenerezza, sensibilità e delicatezza, qualità che impongono rispetto e amore da parte di tutti. Le leggi e le istituzioni, espressione di civiltà e cultura, sanciscono questi diritti. In Italia, come in Europa e nei paesi più avanzati, la legislazione per la tutela dell’infanzia è ampia ed efficace. Numerose organizzazioni in tutto il mondo si dedicano alla protezione dei bambini, riconoscendo il loro valore sacro e ineludibile.

                Non si comprende come il Comune di Assago abbia potuto escludere due bambini da una gita tanto attesa, creando in loro un profondo senso di smarrimento con una motivazione vaga e ambigua. Tra questi bambini, uno è il figlio dello scrivente. In risposta alla lettera inviata al Comune, non è stata fornita una motivazione chiara per l’esclusione.

                Mancanza di Chiarezza e Comunicazione

                Il regolamento della gita non specificava un limite massimo di partecipanti, ma solo il periodo di iscrizione. La decisione di limitare la partecipazione a 50 bambini non è stata comunicata per iscritto. La richiesta di spiegazioni è rimasta senza una risposta esaustiva. L’esclusione ha generato delusione e derisione nei bambini coinvolti e nei loro genitori, lesi nella loro fiducia nelle istituzioni.

                Necessità di Chiarezza e Giustizia

                Il Comune di Assago ha il dovere di rispettare la dignità delle persone, in particolare dei bambini. Lo scrivente si impegna a fare luce sulle reali motivazioni dell’esclusione, esprimendo preoccupazione per il gesto antipedagogico e disumano. La vicenda ha creato smarrimento e delusione anche nei genitori, compromettendo la loro fiducia nelle istituzioni.

                Appello alle Istituzioni e ai Media

                Lo scrivente farà appello allo Stato italiano, alla Costituzione e ai valori dell’infanzia, chiedendo giustizia per l’esclusione ingiustificata dei bambini. Si chiede anche il supporto dei colleghi giornalisti affinché condannino questo gesto e promuovano l’inclusione e il rispetto per l’infanzia.

                Conclusione

                Si chiede al Sindaco di Assago di scusarsi formalmente con i bambini esclusi e di chiarire le responsabilità dell’accaduto. Lo scrivente, in veste di genitore, continuerà a impegnarsi fino a quando non sarà fatta giustizia, per il rispetto dell’infanzia e della dignità umana del proprio figlio.

                Richiesta di Azioni Concrete

                Si attende una risposta seria e veritiera dal Sindaco del Comune di Assago. Il Comune deve prendere coscienza dell’errore commesso e risarcire i bambini umiliati. In caso di necessità, lo scrivente è pronto ad andare fino in fondo per affermare il diritto al rispetto dell’infanzia e della dignità umana del proprio figlio.

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