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Autonomia differenziata, via libera al quesito referendario: la Cassazione approva l’abrogazione totale
Il quesito referendario sull’abrogazione totale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata ottiene l’ok della Cassazione. La Corte Costituzionale si esprimerà a gennaio: il dibattito su unità e sussidiarietà continua, tra polemiche politiche e il nodo delle materie trasferibili alle Regioni.
La Cassazione ha dato il via libera al quesito referendario per l’abrogazione totale della legge sull’autonomia differenziata. La decisione arriva dopo la bocciatura parziale della legge Calderoli da parte della Corte Costituzionale lo scorso novembre, che ha dichiarato “illegittime” alcune disposizioni chiave ma non l’impianto generale. Ora la palla passa nuovamente alla Consulta, che a gennaio si pronuncerà sul nuovo quesito, destinato a diventare centrale nel dibattito politico.
Due quesiti e una scelta
La Cassazione si è espressa su due quesiti referendari: uno per l’abrogazione totale e uno per l’abrogazione parziale della legge. Quest’ultimo è stato dichiarato “superato” dalle osservazioni della Corte Costituzionale. Il nuovo giudizio si concentrerà sul legame tra l’autonomia differenziata e la legge di bilancio, che i sostenitori del referendum definiscono “strumentale”.
Le reazioni politiche
La decisione ha immediatamente scatenato reazioni nel mondo politico. La segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha parlato di una “buona notizia”: “Crediamo molto in questa battaglia. La Corte Costituzionale ha letteralmente smontato l’autonomia differenziata. Bisognerebbe che il governo si fermasse e abrogasse questo testo per recuperare credibilità dopo lo strafalcione di una riforma bocciata nei suoi punti fondamentali”.
Di diverso avviso il governatore del Veneto, Luca Zaia: “Noi andiamo avanti. Ora però l’opposizione ha un problema: quello di trovare i voti”. Più possibilista il presidente del Senato, Ignazio La Russa: “Ben venga il referendum. Ho sempre ritenuto che la democrazia diretta sia la cosa migliore. Penso si potrebbe valutare di abbassare il quorum al 40% più uno”.
I punti critici secondo la Corte
La Corte Costituzionale aveva giudicato parzialmente illegittima la legge Calderoli su sette punti, tra cui i LEP (Livelli Essenziali di Prestazione) e le aliquote sui tributi. Tuttavia, aveva dichiarato l’autonomia differenziata “non incostituzionale in sé”, precisando che non contrasta con l’unità della Repubblica.
Secondo la Consulta, il principio di sussidiarietà deve guidare il trasferimento di funzioni alle Regioni, che non può riguardare intere materie ma solo specifiche funzioni legislative e amministrative. La Corte aveva anche sottolineato la necessità di colmare i “vuoti” legislativi derivanti dalla bocciatura.
Il nodo delle materie trasferibili
Un punto particolarmente delicato riguarda le materie coperte da regolamentazioni europee, come la politica commerciale comune, la tutela ambientale, la produzione e distribuzione di energia e le grandi reti di trasporto. La Consulta ha sottolineato che tali ambiti hanno una “valenza necessariamente generale ed unitaria” e che il loro trasferimento alle Regioni risulta “difficilmente giustificabile” secondo il principio di sussidiarietà.
Anche il settore dell’istruzione, la regolamentazione delle professioni e i sistemi di comunicazione rientrano tra gli ambiti che, secondo la Corte, devono mantenere una gestione centralizzata per garantire uniformità ed efficienza.
Il futuro dell’autonomia differenziata
La questione dell’autonomia differenziata resta al centro di un acceso dibattito politico e istituzionale. Mentre la Corte Costituzionale si prepara a esprimersi a gennaio, il via libera della Cassazione al quesito referendario potrebbe aprire un nuovo capitolo nella definizione del rapporto tra Stato e Regioni.
L’attesa è alta: il referendum potrebbe rappresentare un passaggio cruciale per ridisegnare i confini dell’autonomia regionale in Italia, tra chi la considera un’opportunità di sviluppo e chi teme che possa compromettere l’unità nazionale.
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In primo piano
Il club dei super ricchi: quindici miliardari con oltre 100 miliardi di dollari a zucca!
Il club dei super ricchi raggiunge un nuovo record: 15 miliardari con oltre 100 miliardi di dollari, guidati da Bernard Arnault, Jeff Bezos e Elon Musk.
Il club dei super ricchi del mondo è più affollato che mai: ci sono infatti 15 miliardari con un patrimonio di oltre 100 miliardi di dollari, il numero più alto mai registrato. Lo rivela il Bloomberg Billionaire Index, secondo cui la ricchezza combinata di questi 15 magnati è cresciuta del 13% nell’ultimo anno, raggiungendo quota 2.200 miliardi di dollari, una cifra appena superiore all’intero PIL italiano.
I leader del club dei super ricchi
A guidare il gruppo c’è Bernard Arnault, il patron di LVMH, con oltre 220 miliardi di patrimonio, seguito da Jeff Bezos e Elon Musk (ma i dati risalgono allo scorso anno. Oggi si stima che Musk guidi la classifica con circa 400 miliardi). Per la prima volta quest’anno, a debuttare nel club dei super ricchi, è comparsa Françoise Bettencourt Meyers, erede dell’impero L’Oreal. Tra gli altri nuovi ingressi c’è il miliardario messicano Carlos Slim, 84 anni, al 13° posto con 106 miliardi di dollari. La sua ricchezza è aumentata grazie al boom del peso messicano, che ha spinto le azioni delle sue aziende, dall’edilizia alla gestione di ristoranti e negozi, rendendolo la persona più ricca dell’America Latina.
I magnifici 15
L’elenco dei magnifici 15 vede dietro al re del lusso francese ben 10 americani, tutti protagonisti della corsa tecnologica: Jeff Bezos, Elon Musk, Mark Zuckerberg, Larry Page, Bill Gates, Sergey Brin, Steve Ballmer, Warren Buffett, Larry Ellison e Michael Dell. Nell’elenco statunitense, l’unico esponente della Old Economy è Buffett, il cui rendimento è stato accresciuto dagli investimenti in Apple e altre società tecnologiche attraverso la sua Berkshire Hathaway.
Il resto del mondo
Dal dodicesimo posto in poi troviamo i rappresentanti del resto del mondo: il petroliere indiano Mukesh Ambani, il messicano Carlos Slim, l’altro magnate indiano Gautam Adani (infrastrutture e logistica) e la donna più ricca del mondo, la francese Françoise Bettencourt Meyers, erede dell’impero L’Oreal.
Il club dei super ricchi si espande, mentre le loro fortune continuano a crescere a ritmi vertiginosi, ridefinendo i confini della ricchezza globale.
Animali
Come vedono i cani? Ve lo spieghiamo noi
La visione dei cani è unica e affascinante, con una maggiore sensibilità alla luminosità e ai movimenti, soprattutto nelle condizioni di scarsa luce. Comprendere come vedono i cani ci permette di apprezzare meglio il loro mondo e di fornire loro l’ambiente migliore possibile per vivere una vita felice e sana.
Sei mai rimasto affascinato dal modo in cui il tuo cane interagisce con l’ambiente circostante? Ti sei chiesto come riesca a catturare la palla al volo o a individuare un oggetto in movimento anche al buio? La visione dei cani è un argomento affascinante che solleva molte domande. In questo articolo, esploreremo le peculiarità della visione canina, fornendo risposte esaurienti su come vedono i nostri amici pelosi. Scopriremo insieme le differenze nei loro occhi rispetto ai nostri e come queste influenzano la loro percezione del mondo che li circonda. Preparati a entrare nel mondo visivo dei cani e a comprendere meglio la loro straordinaria capacità visiva.
Come vedono i cani? Le curiosità sulla loro visione
Hai mai notato come il tuo cane riesca a catturare al volo la palla che gli lanci senza alcuna difficoltà? O magari ti sei chiesto come vedono di notte i nostri amici a quattro zampe e se sono realmente daltonici. Gli occhi dei cani operano in modo leggermente diverso rispetto ai nostri, e in questo articolo esploreremo le principali differenze, rispondendo alla domanda su come vedono i cani effettivamente.
I cani riescono a vedere i colori?
I nostri occhi umani possiedono circa sei milioni di coni, le cellule sensoriali responsabili della percezione dei colori in modo tricromatico. Questo significa che percepiamo i colori di base rosso, blu e verde. Al contrario, gli occhi dei cani, dicromatici, hanno una limitata capacità di percepire il rosso e il verde. Possono distinguere solo tra blu e giallo. Poiché i cani percepiscono i colori in modo limitato, si affidano principalmente alla luminosità degli oggetti per orientarsi.
Come percepiscono i cani i movimenti?
I bastoncelli presenti nella retina dei cani sono cellule sensoriali specializzate nella percezione della luce e del buio. Grazie a queste cellule, i cani hanno una soglia di fusione dello sfarfallio significativamente più alta rispetto agli esseri umani. Questo significa che possono percepire gli oggetti in movimento, come una palla “volante”, molto meglio di noi. Tuttavia, hanno una minore capacità di vedere oggetti immobili rispetto a noi.
La visione notturna dei cani
Essendo strettamente imparentati con i lupi, i cani hanno sviluppato una visione notturna eccezionale. Questa capacità è dovuta principalmente alla presenza di un elevato numero di bastoncelli nella retina, nonché al tapetum lucidum, uno strato riflettente situato dietro la retina che ottimizza la visione crepuscolare. Il tapetum lucidum riflette la luce che penetra nell’occhio, stimolando le cellule sensoriali e consentendo ai cani di vedere bene al buio.
Struttura dell’occhio dei cani
L’occhio dei cani è fondamentalmente simile al nostro, diviso in tre sezioni: anteriore, centrale e posteriore. La cornea, la pupilla, l’iride, la retina e il nervo ottico sono alcune delle componenti chiave dell’occhio canino che contribuiscono alla sua straordinaria capacità visiva.
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Barbascura X: da topo da laboratorio a pirata dei social con un milione di followers!
Barbascura X, nato a Taranto 37 anni fa, è diventato un fenomeno del web con oltre un milione di follower. Da chimico a divulgatore scientifico, conduttore televisivo, scrittore e performer teatrale, il suo stile ironico e grottesco ha rivoluzionato il modo di spiegare la scienza
Prima di diventare un fenomeno dei social, Barbascura X era praticamente un topo da laboratorio. Nato a Taranto 37 anni fa, ha un curriculum impressionante: laurea in chimica organica, specialistica in sintesi organica, dottorato in green chemistry e una serie di lavori di ricerca e laboratorio in tutta Europa. Ma la sua carriera ha preso una svolta inaspettata, facendolo diventare uno dei primi divulgatori scientifici del web, oltre che conduttore televisivo, scrittore e performer teatrale. La sua scienza “spiegata male”, raccontata in modo ironico e grottesco, ha conquistato oltre un milione di follower, grazie a uno stile che ha superato “l’autoreferenzialità e la sacralità tradizionalmente associate al mondo scientifico”.
Le origini del fenomeno Barbascura X
Iniziamo con le presentazioni, anche se non ha mai svelato il suo vero nome.
“Penso di aver tolto davvero la maschera facendomi chiamare Barbascura. Ho l’impressione di poter fare e dire qualsiasi cosa senza dover rendere conto a nessuno.”
Del tipo?
“Quando ho iniziato a fare video lavoravo come chimico in un laboratorio ad Amsterdam e mi faceva comodo che i colleghi e le persone che leggevano i miei articoli non sapessero che nel frattempo facevo lo scemo sui social.”
Cosa temeva?
“Il mio capo non avrebbe sicuramente apprezzato, mi avrebbe messo davanti a una scelta. Per qualcuno il divertimento è inaccettabile.”
E nella quotidianità l’anonimato non le crea alcun problema?
“No anzi, la cosa più bella è che non ricevo chiamate dai call center, non riescono a rintracciarmi. E non ci è riuscito nemmeno un gruppetto di persone con idee molto bizzarre sul Covid che per mesi ha tentato invano di trovare il mio indirizzo di casa. Volevano venire a ‘redarguirmi’ perché non apprezzavano quello che dicevo sulla pandemia. Per un po’ mi sono anche infiltrato tra loro su Twitter, è stato divertente assistere agli sforzi con cui cercavano di scoprire il mio vero nome.”
L’evoluzione del personaggio
Il nome d’arte, invece, lo aveva scelto ai suoi esordi su YouTube nel 2014. “Poi con calma lo cambio”, aveva detto. Invece, ha compiuto dieci anni.
“È come quando a 14 anni crei un indirizzo mail imbarazzante e poi rimane quello per tutta la vita. Barbascura nasce in un periodo in cui i miei coinquilini di Bologna mi davano del pirata per via del mio look e perché mi ero appassionato di storia della pirateria. E ‘Barbanera’ era già stato preso.”
La vita da pirata dei social
Com’è la vita di un pirata?
“Sono un festaiolo, ho trasformato la mia casa in un parco giochi. La mia serata ideale è con una chitarra, un po’ di amici, una pizza e giochi da tavolo. E poi viaggio un sacco.”
In quale altra definizione si rivede? Online viene descritto come youtuber, scrittore, stand-up comedian, persino divulgatore punk.
“Il problema delle definizioni è che cercano di incasellarti, a me invece piace fare tante cose e in modo molto caotico. Però direi satiratore scientifico.”
Niente a che vedere con lo stile sobrio alla Piero Angela.
“No e forse ha funzionato proprio per questo. Quando ho iniziato a fare video, i divulgatori si rivolgevano solo ai propri colleghi, c’era questa necessità di darsi un tono. Non esisteva qualcuno che parlasse di scienza come se si stesse rivolgendo a un amico al pub e le persone non immaginavano di potersi divertire imparando cose nuove.”
Critiche e consensi
Alcuni nel settore non la apprezzarono. Ricordo che in uno scambio su Twitter Roberto Burioni le disse: “Non discuto con chi ha la cattedra su Youtube”. Lei in risposta lo definì un classista.
“È stato un battibecco divertente. Mi ricordo che quando uscirono i miei primi video si scatenò un dibattito all’interno della comunità dei divulgatori scientifici italiani, perché non era pensabile scherzare su determinati argomenti. Uno di loro mi disse che non avevo capito come funzionava l’evoluzione perché l’avevo rappresentata attraverso un pupazzetto verde. Ma oggi sono ben voluto nel mondo accademico.”
La transizione dalla chimica alla comunicazione
Il lavoro da chimico, però, nel frattempo l’ha lasciato.
“In parte perché nel 2019 ero tornato in Italia con la prospettiva di rimanere a Roma qualche mese, invece rimasi bloccato per la pandemia e mi innamorai della città. E poi il lavoro in laboratorio era diventato molto stressante. Erano luoghi poco umani ed ero arrivato al punto in cui entravo nel panico all’idea di tornarci. Adesso continuo a fare ricerca e scrivere articoli per l’università.”
Il successo sui social
A darle la fama sui social in ogni caso non fu la chimica, ma gli animali. Nel primo video del suo format più noto, “Scienza Brutta”, sosteneva la tesi che i panda dovrebbero estinguersi.
“È nato per caso, per dare fastidio a una mia collega di dottorato a cui i panda piacevano un sacco. Mi ero messo a studiare tutto di questi animali, cercando dei ganci per demolirli, e involontariamente era nato questo monologo che ripetevo spessissimo agli amici per farli ridere.”
Quando ha capito che l’idea funzionava?
“Quando ho pubblicato un video sui cetrioli di mare. Io stesso pensavo ‘ma a chi interessano?’ e invece è andato primo in tendenza su YouTube.”
Dalla scienza ai teatri
Poi è passato ai riti di accoppiamento e di recente li ha anche portati a teatro.
“Sono affascinanti. Soprattutto quelli dei ragni, animali che in genere sono molto sottovalutati e che invece fanno delle cose assurde. I maschi hanno un sacco di strategie di corteggiamento, dalla danza al bondage. Conquistano le femmine anche con i regali, come bozzoli pieni di prede.”
Quindi uno spettacolo in cui si parla di sesso, persino di escrementi. Il politicamente corretto allora non esiste?
“In passato ho assistito a esternazioni di cattivo gusto, fatte da comici che si sono poi lamentati della censura del politicamente corretto. In realtà si può parlare veramente di ogni cosa, dipende da come lo fai. La gente deve sapere che stai scherzando.”
La sfida dei social moderni
Ma se aprisse il suo canale oggi, avrebbe lo stesso successo?
“Oggi bisogna un po’ appiattirsi, perché i reel e l’algoritmo privilegiano contenuti brevi e sempre più semplici. La soglia dell’attenzione si è abbassata molto ed è facile diventare una ‘scrollata sul cesso’ fra mille altre.”
Lei ha paura di diventarlo?
“Io parto da una posizione avvantaggiata, perché le persone mi conoscono già e posso permettermi di non esplodere con ogni contenuto. Il terrore più grande è piuttosto di deludere chi mi segue, di tradire la loro fiducia. Questa cosa mi crea un po’ di problemi.”
In che modo?
“Sto così attento a non dire e fare cazzate che alla fine lavoro e studio anche più del dovuto. Rivedo i miei contenuti mille volte e ormai non parlo quasi più nemmeno delle cose di cui sono sicuro al cento per cento.”
La crisi climatica
La crisi climatica le fa paura invece? Nel suo “Saggio erotico sulla fine del mondo” il disastro ambientale si trasforma nel set di una commedia tragicomica.
“Nel tempo ho sviluppato un certo cinismo. Ogni volta che a livello politico si è sul punto di prendere delle decisioni che aiuterebbero a salvare il pianeta ci sono delle categorie che si oppongono perché viene toccato il loro orticello. Adesso ci troviamo tutti a bordo di un aereo che sta precipitando, circondati da persone che sorseggiano serenamente il loro cocktail mentre altre, i più giovani soprattutto, sono in piedi e urlano, com’è naturale che sia.”
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